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Cent’anni di menzogne.

Autor:a

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di Fabio Rigali

Il testo che segue è tratto da un opuscolo, allegato a Il notiziario del FAI, 136 (settembre, ottobre, novembre 2015):

100 ANNI DI RICORDI,

150 ETTARI DI NATURA

La Grande Guerra, la suggestiva bellezza delle Alpi:

Monte Fontana Secca e Col de Spadaròt, il nuovo Bene del FAI.

[…] Su questi monti si combatté la Grande Guerra, un’occasione di scontro, ma anche di incontro. Fu infatti la prima guerra veramente italiana, combattuta da giovani soldati veneti, siciliani, liguri, campani, lombardi, calabresi che, nelle fredde e anguste trincee, hanno imparato a dialogare in una lingua comune, hanno compreso il concetto di patria, si sono sentiti per la prima volta italiani e hanno sacrificato la loro giovinezza per il nostro futuro.

Se ormai possiamo dirci abituati alla visione romantica della guerra, come elemento di fraternizzazione (che poi fu solamente un effetto collaterale più che un elemento strutturale della guerra); se possiamo dirci abituati al mito della Grande Guerra come fondatrice dell’identità nazionale italiana; se anche possiamo dirci abituati, per quieto vivere, agli sproloqui nazionalisti sul binomio Guerra-patria, quello che proprio non riusciamo a comprendere è in che modo i soldati si siano sacrificati per il nostro futuro, visto che dalla Grande Guerra, in fondo, non ci ha guadagnato nessuno in Europa.

Più che i vuoti discorsi sulla patria, che lasciano il tempo che trovano, è rischioso il genere di revisionismo che attribuisce un’utilità a questo genere di guerra, che fu, da parte italiana, sostanzialmente di aggressione. Il vero insulto alla memoria dei caduti è dire che ne sia valsa la pena! La diffusione di un po’ di italiano standard nelle trincee e l’annessione controvoglia di alcuni territori scarsamente popolati è valsa oltre un milione di morti tra civili e militari? Evidentemente solo chi dà un prezzo molto basso alla vita di queste persone può rispondere affermativamente.


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Comentârs

One response to “Cent’anni di menzogne.”

  1. Hartmuth Staffler avatar
    Hartmuth Staffler

    Danke Fabio für diese gute Analyse. Es ist schlimm, dass die nationalistische Rhethorik des Ersten Weltkrieges und der Faschisten heute noch unbesehen übernommen wird. Dass der Erste Weltkrieg es erreicht hätte, die Italiener zu schaffen, die es nach der Einigung des Staates noch nicht gab (“Fatta l’Italia …”) ist ein nationalistisches Märchen. Wenn schon, dann ist Italien nach dem Zweiten Weltkrieg durch das Fernsehen zusammengewachsen. Im Ersten Weltkrieg haben sich die Unterschiede zwischen Nord und Süd eher noch verschärft, weil die hauptsächlich aus dem Norden – vor allem Piemont – stammenden Offiziere, die großteils die Militärakademie in Turin besucht hatten, die Süditaliener verachteten und sie an der Front bedenkenlos verheizten.

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