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Monumento fascista illegale a Palma.

Pochi giorni fa il portale online Ultima Hora ha svelato che il Consolato italiano di Palma pagherebbe a tutt’oggi una quota di 450 euro annui per il mantenimento di un mausoleo fascista illegale presso il cimitero della capitale delle Isole Baleari, e che ogni 4 novembre vi omaggerebbe i suoi «martiri». La notizia è poi stata ripresa da altri media, tra cui le radio e televisioni pubbliche delle isole e della Catalogna.

Secondo le ricerche della giornalista che si è occupata del caso, anche se alcune fonti parlerebbero di 66 sepolti, i documenti ufficiali del cimitero ne riporterebbero 18, di cui 17 tumulati tra il 1937 e il 1940 e uno nel 1962, quando l’Italia era già una repubblica.

Il monumento comprende una stele, tanto alta da essere visibile anche dall’esterno del cimitero, e una grande aquila fascista in bronzo. Mentre i cosiddetti «martiri» sono in realtà aggressori fascisti che diedero un fondamentale contributo all’ascesa del franchismo in Spagna, e dalla loro base maiorchina portavano a termine i loro bombardamenti su Barcellona e altre città.

Intervistato da Ultima Hora, il Segretario alla Memoria democratica del Governo delle Baleari, Jesús Jurado (Podem), afferma che la statua — che è in contrasto con la Legge sulla Memoria democratica delle Isole Baleari — dovrà venire smontata. Il monumento sarebbe già stato incluso in un elenco della simbologia che secondo la legge dovrà essere eliminata, mentre la Vicepresidenza del Governo baleare avrebbe già chiesto alla delegazione del Governo spagnolo delle baleari di prendere ufficialmente contatto con l’Italia perché faccia eliminare la simbologia fascista, illegale, e particolarmente l’aquila. Oltretutto, il manufatto realizzato in Italia e portato a Palma in epoca mussoliniana, sarebbe in contrasto anche con le norme emanate da Madrid.

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Valtonyc wird nicht ausgeliefert.

Nach drei Jahren Gerichtsverfahren, einem Umweg zum Europäischen Gerichtshof (EuGH) und einem weiteren zum belgischen Verfassungsgericht, hat heute das Appellationsgericht von Gent endgültig in der Causa Valtonyc geurteilt: Der mallorquinische Rapper, der von Spanien gesucht wird, weil seine Texte als Majestätsbeleidigung, Terrorismus und Drohung eingestuft wurden, darf nicht ausgeliefert werden.

Zunächst hatte der EuGH einem von Spanien mithilfe von Trickserei beantragten beschleunigten Verfahren den Garaus gemacht, dann das belgische Verfassungsgericht die Majestätsbeleidigung als nicht mit der Europäischen Menschenrechtskonvention vereinbar bewertet und den Tatbestand gänzlich abgeschafft.

Schlussendlich ging es nur noch um den Vorwurf der Drohung, doch das Appellationsgericht urteilte nun, dass Valtonycs Texte vom Recht auf freie Meinungsäußerung gedeckt seien. Die Auslieferung war auch schon in der ersten Instanz abgelehnt worden.

Theoretisch steht der Staatsanwaltschaft noch der Gang vor das Kassationsgericht offen, doch dort geht es nur um die Beurteilung allfälliger Verfahrensfehler.

Valtonyc lebt seit dreieinhalb Jahren in Brüssel und wird wohl nicht so schnell auf spanisches Staatsgebiet zurückkehren.


Nachtrag vom 30. Dezember 2021: Die belgische Staatsanwaltschaft hat beschlossen, die Kassation anzurufen.

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Valtònyc, Belgien schafft Majestätsbeleidigung ab.

Wie mehrere katalanische Politikerinnen lebt auch der mallorquinische Rapper Valtònyc seit 2018 in Brüssel, von wo ihn der rechtsaffine Richter Pablo Llarena nach Spanien ausliefern lassen möchte. Sein Fall hat nichts mit Separatismus zu tun, sondern mit Majestätsbeleidigung, da er in seinen Texten schärfste Kritik am ehemaligen spanischen König Juan Carlos und an der Monarchie übt.

Seit 1847 war Majestätsbeleidigung auch in Belgien ein Straftatbestand, worauf Llarenas Hoffnungen beruhten, da die Strafbarkeit in beiden Ländern eine Voraussetzung für die Auslieferung darstellt. Doch das mit dem Fall betraute belgische Gericht war skeptisch, ob der Artikel noch Relevanz besitzt — und befragte das Verfassungsgericht.

Dieses beschied kürzlich, dass der Tatbestand der Majestätsbeleidigung sowohl gegen die belgische Verfassung als auch gegen die Europäische Menschenrechtskonvention verstoße, da er nicht mit dem Recht auf Meinungsfreiheit vereinbar sei. Fortan sei der König in Belgien diesbezüglich wie jede andere Person zu behandeln.

Ohnehin war der Artikel schon seit vielen Jahren nicht mehr zur Anwendung gekommen. Im Gegensatz zu Spanien, wo Ministerpräsident Mariano Rajoy (PP) — derselbe, der die Polizei mit Gewalt gegen das Referendum vom 1. Oktober 2017 vorgehen ließ — erst vor wenigen Jahren eine Verschärfung der einschlägigen Gesetzgebung beschloss. Ihr fiel zum Beispiel Pablo Hasél zum Opfer.

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Regionen fordern wichtigere Rolle in Zukunftskonferenz.
Europäische Union

In einer Konferenz zur Zukunft Europas (CoFoE) werden Bürgerinnen demnächst aufgerufen sein, über die weitere Entwicklung der EU zu beraten. Sie ist Teil des Regierungsprogramms von Kommissionspräsidentin Ursula von der Leyen (EVP) und soll am morgigen Europatag lanciert werden. Die entsprechende Plattform ist bereits online.

Doch bis zuletzt hatten Europaparlamentarierinnen damit gedroht, dem Prozess ihre Zustimmung zu versagen, da sie der Meinung sind, dass ihn die Nationalstaaten verwaschen und abwerten wollen, um einschneidende Reformen zu verhindern.

Eine wichtigere Rolle für die Regionen haben nun in einem Brief siebzehn Regionen aus zehn Mitgliedsstaaten gefordert: Åland, Balearen, Bayern, Region Bratislava/Pressburg, Flandern, Helsinki-Uusimaa/Nyland, Hessen, Kärnten/Koroška, Katalonien, Lombardei, Niederösterreich, Nord-/Osttirol, Nòva Aquitània/Akitania Berria, Provença-Aups-Còsta d’Azur, Südtirol, Varadzin und Wielkopolska/Großpolen.

Sie weisen in ihrem Schreiben unter anderem auf eine »besorgniserregende Tendenz« in der EU hin, zentralisierte Planungen oder die Umsetzung von Projekten auf gesamtstaatlicher Ebene zu verlangen, ohne die Rolle der Regionen zu berücksichtigen. Der Abstand zwischen Entscheidungsfindung und Bürgerinnen vergrößere sich so. Es sei Zeit für eine erneute Diskussion über das Europa der Regionen.

Nachdem die Regionen für die Implementierung eines erheblichen Teils der EU-Politik verantwortlich seien, fordern sie ferner eine direkte Beteiligungsmöglichkeit für sich an allen Foren der Konferenz sowie die Abhaltung einer Plenarsitzung zur Rolle der Regionen und zur Multilevel-Governance bzw. Subsidiarität.

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Minorca, il capoluogo corregge il toponimo.

Nella sua sessione di ieri il Consiglio comunale di Maó (30.000 abitanti), capoluogo dell’isola di Minorca, ha deciso la modifica del nome della città: una volta conclusa la procedura prevista dalle leggi delle Isole Baleari, il toponimo castiglianizzato di Mahón non sarà più ufficiale, e rimarrà valido solamente quello catalano di Maó.

Nella delibera, approvata con i voti di Ara Maó e socialisti (PSIB) contro quelli delle destre (PP e Cs), si fa riferimento esplicito alle raccomandazioni dell’ONU (UNGEGN) in materia di nomi geografici.

Maó era rimasta, da alcuni anni, l’ultimo Comune delle Isole Baleari ad avere, oltre a quello catalano, anche un toponimo ufficiale castiglianizzato. Ma ora si cambia.

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Modello linguistico e scolastico in crisi.
Catalogna

Da anni su questa piattaforma scriviamo che la scuola plurilingue, specie se il modello è «paritetico» rischia, suo malgrado, di diventare uno strumento di assimilazione. Dopo l’era franchista, sin dall’inizio, in Catalogna si è invece deciso di puntare tutto sull’inclusione, su una scuola plurilingue asimmetrica con forte prevalenza della lingua catalana. In teoria, il peso della lingua minoritaria nelle scuole sarebbe dovuto essere maggiore proprio nelle zone in cui il suo uso sociale era più flebile.

Già da anni giravano voci secondo cui molte scuole, e molti maestri, non sarebbero in grado (o non avrebbero la volontà) di garantire l’assimetria prevista e che anzi in realtà il rapporto tra castigliano e catalano sarebbe capovolto. In un numero di cortili scolastici crescente, inoltre, la lingua franca tra gli alunni sarebbe ormai il castigliano. Non proprio quello che la politica catalana aveva immaginato quando con la rinuncia alla cosiddetta «segregazione» degli alunni per lingua aveva anche dichiarato di voler fare del catalano la lingua di coesione comune.

Fin qui le chiacchiere. A far molto discutere però è la recente elaborazione del quotidiano El Punt Avui (del 13 dicembre) sulla base di dati ufficiali e certificati: tra il 2005 e il 2020 la quota di chi dichiara che il catalano è la sua «lingua abituale» sarebbe sceso dal 46,0% al 36,1%. Un calo oltre ogni aspettativa, quando anzi la speranza era che le cifre fossero in aumento.

Certo, la situazione non cambia osservando le altre realtà di lingua catalana, dove i modelli linguistici e scolastici sono molto differenti: nel País Valencià il catalano era «lingua abituale» del 32,8% della popolazione nel 2005, del 28,1% oggi. Stessa storia per Isole Baleari (45,0% → 36,8%), Alguer/Alghero (13,9% → 9,1%) o Catalogna del Nord (3,5% → 1,3%).

Se è vero che le ragioni di questa débâcle non vanno ricercate solamente nella scuola, sembra anche certo che il sistema istruzione non sia comunque riuscito a fermare un declino che ormai ha assunto dimensioni allarmanti. E ne è conferma il fatto che tutte le statistiche dimostrano come l’uso sociale della lingua minoritaria è maggiormente in calo nei giovani.

Per decenni la scuola unica plurilingue ed assimetrica catalana sembrava un modello vincente, in grado di promuovere la coesione sociale, di formare persone plurilingui e di salvaguardare la lingua catalana, facendola diventare una sorta di bene comune.

E invece. Invece, se per ora non ci sono voci ufficiali che mettono in forse il modello scolastico, è anche vero che per la prima volta — da quando seguo media e politica catalani — la rivendicazione di scuole separate per lingua sta assumendo connotazioni più che aneddotiche. Altrimenti, dicono alcuni, la lingua potrebbe sparire definitivamente.

Non è detto (e anzi sembra improbabile) che queste voci possano prendere il sopravvento. Il modello attuale sta però attraversando una forte crisi.

E se la scuola è certamente un tassello fondamentale della politica linguistica, urge interrogarsi se non sia prima di tutto il modello di stato, quello nazionale, a mal conciliarsi con la pluralità linguistica. A lungo andare infatti, a prescindere dal tipo di tutela linguistica, sembra che tutte le minoranze tendano verso zero.

Quel che cambia è solo la velocità con cui avanza l’assimilazione.

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Staats­bürger­schaft für Nach­kommen Verfolgter.
Österreich

Am 1. September ist die ergänzte Fassung von § 58c. des österreichischen Staatsbürgerschaftsgesetzes in Kraft getreten. Damit wurde die Möglichkeit, die Staatsbürgerschaft durch Meldung (Anzeige) zu erlangen, deutlich erweitert: nicht nur diejenigen, die das Land vor dem 15. Mai 1955 (früher: 9. Mai 1945) aus rassischen oder politischen Gründen verlassen mussten, haben Anspruch, sondern ab sofort auch alle ihre Nachfahren in direkter Linie. Gründe für das erzwungene Verlassen Österreichs können etwa Verfolgungen durch Organe der NSDAP bzw. Behörden des sogenannten Dritten Reichs und/oder aufgrund des Eintretens für ein demokratisches Österreich sein.

Die in Eivissa (Ibiza) versunkene schwarzblaue Regierung hatte ursprünglich geplant, parallel zu diesem Ausbau des Rechts auf Erwerb der Staatsbürgerschaft auch die sogenannte Doppelstaatsbürgerschaft für Südtirolerinnen einzuführen. Dazu kam es schlussendlich nicht.

Übereinstimmenden Medienberichten zufolge soll die Republik Österreich aufgrund der nun in Kraft getretenen Änderungen mit mehreren Zehntausend Anträgen auf (Wieder-)Erlangung der Staatsbürgerschaft rechnen.

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Minderheiten: Fernand de Varennes in Spanien.
UN-Sonder­berichterstatter bemängelt zahlreiche Defizite

Der UN-Sonderberichterstatter betreffend Minderheiten führt jährlich im Normalfall zwei Landesbesuche durch. Dabei trifft er sich mit Räpresentantinnen von Exekutive, Legislative und Judikative, spricht mit Vertreterinnen UN-Büros und anderen internationalen Organisationen sowie von Zivilgesellschaft und NROs. Ziel ist es, dem UN-Menschenrechtsrat Bericht zu erstatten und Verbesserungen beim Minderheitenschutz herbeizuführen.

Solche Besuche finden allerdings auf Einladung des betreffenden Staates statt. Italien war bislang nicht darunter.

Im Jahr 2019 besuchte der amtierende Sonderberichterstatter, Dr. Fernand de Varennes, Spanien. Der daraus hervorgegangene Bericht enthält Bemerkenswertes, und zwar unter anderem:

  • Punkt 58: Die abermalige Anerkennung des katalanischen Schulsystems, dessen Grundlage eine stark asymmetrische Immersion zugunsten der katalanischen Sprache ist.
  • Punkt 65: Die Empfehlung, dieses hoch erfolgreiche und von der UNESCO ausgezeichnete Schulsystem nicht durch Maßnahmen zu gefährden, die den Anteil an Unterricht in katalanischer Sprache einschränken. Im Jahr 2015 hatte das spanische Höchstgericht (Tribunal Supremo) geurteilt, dass mindestens 25% des Unterrichts in spanischer Sprache (Kastilisch) durchzuführen sei (vgl. Punkt 57).
  • Punkt 66: Die Kritik am dreisprachigen Schulmodell (Kastilisch, Katalanisch und Englisch), für das sich einige Schulen auf den Balearen entschieden haben, weil es den Unterricht in der Minderheitensprache (Katalanisch) einschränke (vgl. Punkt 86).
  • Punkte 67-70: Die Sorge über das drastische Vorgehen gegen die katalanische Unabhängigkeitsbewegung und die (Höhe der) verhängten Haftstrafen — sowie über das Signal, das dadurch an andere Minderheiten ausgesandt werde.

Autonome Gemeinschaften in Spanien üben deutlich mehr Zuständigkeiten aus, als Südtirol. Dennoch ortete der Sonderberichterstatter — auch aufgrund der Beschwerden, die von zivilgesellschaftlichen Organisationen vorgebracht wurden — teils massive Defizite beim Minderheitenschutz. Unter anderem ist dies darauf zurückzuführen, dass einschlägige Gesetze nicht umgesetzt wurden, wovon wir auch hierzulande ein Lied singen können.

Über das hier zusammenfassend Erwähnte hinaus beinhaltet der Bericht auch interessante Erkenntnisse zu anderen Minderheiten wie Roma, Gehörlose, Zugewanderte oder Musliminnen. Ein Besuch des Sonderberichterstatters würde sich auch bei uns durchaus lohnen.

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