Categories
BBD

Englischkenntnisse im internationalen Vergleich.

Laut dem letzten English Proficiency Index (EPI – 2021) von Education First (EF), liegt Österreich bezüglich Englischkenntnissen unter den 112 berücksichtigten Ländern weltweit an zweiter Stelle nach den Niederlanden. Für den Bericht wurden die Ergebnisse von zwei Millionen Erwachsenen untersucht, die 2020 an Englischtests von EF teilgenommen haben. Im Städteranking erreichte Wien den vierten Platz nach Amsterdam, Kopenhagen und Helsinki.

Vorwiegend englischsprachige Länder wie Vereinigtes Königreich, USA, Kanada oder Australien blieben in der Untersuchung freilich unberücksichtigt.

Unter den 13 Staaten, deren Punktezahl als »sehr gut« eingestuft wurde, befindet sich mit Singapur (Rang 4) nur ein einziges Land, das nicht zur EU gehört.

Unter allen berücksichtigten EU-Ländern, und das sind fast alle, erreicht dagegen Italien (»mittlere Kenntnisse«) den letzten Platz. Europaweit schneiden nur Moldau, Belarus, Albanien, Ukraine, Georgien, Russland, Armenien, Türkei und Aserbaidschan noch schlechter ab. Da trifft es sich gut, dass die angehende Regierungspartei FdI den sprachlichen Isolationismus weiter vorantreiben möchte. Ohnehin hat Italien im Vergleich zur vorherigen Ausgabe der Studie bereits Punkte verloren.

Ich weiß nicht, ob es Daten zur Lage in Südtirol gibt. Jedenfalls schneiden die italienischsprachigen Schülerinnen des Landes laut Invalsi deutlich besser ab als ihre italienischen Altersgenossinnen.

Unter den Städten liegt Mailand vor Rom (beide mit »guten Kenntnissen«), während alle berücksichtigten Städte des deutschen Sprachraums (neben Wien sind das Berlin, Hamburg und Zürich) in der Kategorie »sehr gute Kenntnisse« liegen.

Weltweit liegen Deutschland auf Rang 11, Luxemburg auf 13 (beide »sehr gut«) und die Schweiz auf 25 (»gut«).

Unter den Weltregionen führt Europa nach Durchnittswerten relativ deutlich vor Asien, Afrika, Lateinamerika und Nahem Osten.

Siehe auch ‹1

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
BBD

Gli scarsi risultati della scuola bilingue.

Oggi su Salto è apparso un editoriale in cui il caporedattore Fabio Gobbato cerca di riassumere e analizzare le ragioni del fallimento della scuola bilingue — ovvero della bilinguizzazione della scuola italiana — in Sudtirolo negli ultimi anni. Lo fa, anche lui, dati Invalsi alla mano, che certificano risultati scarsi in italiano e matematica.

[È] un dato di fatto che da oltre un decennio in Alto Adige-Südtirol, per rispondere alla fame di bilinguismo dei centri urbani, la scuola italiana abbia nobilmente reagito cercando una soluzione, prima con Luisa Gnecchi, l’iniziatrice, poi con Christian Tommasini, l’attuatore, e ora con Giuliano Vettorato, che sta proseguendo praticamente nella stessa direzione dei predecessori del PD.

— Fabio Gobbato

Reagire per soddisfare le richieste della popolazione a volte può non bastare. Dalla sua prima introduzione in Québec negli anni ’70 del secolo scorso, l’inventore dell’immersione linguistica, il professor Wallace Lambert della rinomata università McGill, aveva sempre sottolineato l’importanza fondamentale di un continuo accompagnamento scientifico di ogni singolo progetto, con una preparazione meticolosa delle insegnanti e valutazioni puntuali e regolari lungo tutto il percorso.

Allertava, inoltre, del pericolo di un bilinguismo sottrattivo, che nuoce alla prima lingua, in luogo del bilinguismo additivo, che funge da moltiplicatore.

In Sudtirolo invece l’immersione (o CLIL, che dir si voglia) è quasi sempre stata un’improvvisazione, sia nelle scuole italiane che in quelle tedesche.

Infatti anche Gobbato fa notare che

i genitori che in quegli anni avevano figli in età pre-scolare sono andati in ansia sommergendo di richieste le scuole e la Soprintendenza, la domanda è decuplicata, gli insegnanti CLIL, però, non c’erano e ci si è inventati l’insegnamento in compresenza (che raddoppia semplicemente i costi di un’ora tenuta da un insegnante linguisticamente preparato/a), si sono aperte le sezioni bilingui anche ai bimbi non provenienti dal Kindergarten, l’ansia “sociale” è aumentata ancora a dismisura, si sono create le sezioni potenziate, gli insegnanti a quel punto erano ancora meno e si è reagito come si poteva, prendendo giovanissimi neo laureati o anche non laureati

— Fabio Gobbato

Insomma, si è continuato a correre dietro alle richieste dei genitori a scapito del rigore e di una programmazione seria, per pura volontà di accontentare tutti.

A un certo punto però anche Gobbato si rende conto che a Bolzano quel che manca, rispetto alla Scuola Da Vinci di Monaco (la cui direttrice ha recentemente intervistato), è imprimis il contesto linguistico (1›):

In Baviera fra le mura domestiche parlano sì tutti in italiano, ma poi i ragazzi sono in qualche modo costretti a frequentare associazioni sportive tedesche, vanno agli scout con coetanei tedeschi, in cortile hanno amici tedeschi, guardano la Tv germanica, vanno al cinema a vedere film in tedesco, ascoltano musica germanica. In un concetto: assorbono gradualmente la lingua e la cultura germaniche, mentre i ragazzini altoatesini si fermano generalmente alle 9-12 ore in tedesco e per il resto vivono in un ambito integralmente italiano.

— Fabio Gobbato

E questo è un bel passo avanti, perché mentre qui su — modestamente — da molti anni facciamo notare che l’immersione ha una componente individuale e una sociale, questo fatto in Sudtirolo normalmente è sempre stato «dimenticato».

Tra l’altro serve anche a far comprendere perché possiamo certamente fare paragoni con le scuole bilingui di Innsbruck e Monaco, ma in realtà con la situazione del Sudtirolo c’entrano poco.

Tuttavia le conseguenze che Gobbato trae dalle sue constatazioni sono a mio avviso almeno parzialmente sbagliate: in più di un’occasione accenna alla reciprocità con le scuole tedesche. Certo, se le scuole italiane potessero semplicemente attingere al personale delle scuole tedesche, alcuni problemi delle prime si potrebbero risolvere — ma a che prezzo? Il rischio sarebbe quello di un semplice travaso di insegnanti, che già mancano da tutte le parti, finendo per danneggiare anche le scuole tedesche senza peraltro risolvere i problemi degli istituti italiani.

Ancora una volta allora sarebbe una scorciatoia che non porta al risultato auspicato.

Sulla base delle esperienze che si osservano in altre zone plurilingui con presenza di minoranze nazionali (Québec, Catalogna o Finlandia), invece, se davvero si volesse dar forza alla lingua tedesca specialmente a Bolzano, si dovrebbe investire prima di tutto sul contesto linguistico, cosa che invece in Sudtirolo viene puntualmente ignorata e derisa o addirittura osteggiata. Vi rientrano banalità come etichette o bugiardini dei medicinali bilingui, diritto dei consumatori a venir serviti nella lingua che preferiscono o misure vere e proprie di affirmative action.

Ma soprattutto penso che le varie sperimentazioni CLIL andrebbero sostituite con una full immersion tedesca con poche ore di italiano, simile alla french immersion in Canada o alle scuole pubbliche catalane. In soldoni: per compensare ciò che a Bolzano manca, rispetto a Innsbruck e Monaco, chi vuole davvero imparare il tedesco dovrebbe frequentare una scuola tedesca o, forse, una sezione tedesca per non madrelingua. Penso che per fare una politica linguistica seria si dovrebbero eliminare almeno alcune scuole italiane a Bolzano, sostituendole con scuole tedesche.

L’odierna «pioggia» (o «tempesta tropicale») serve a poco o nulla se, come scrive Gobbato, i ragazzi stanno seduti in classe e non capiscono niente.

Chi ne ha la possibilità provi a parlare informalmente con i ragazzi delle medie e scoprirà che molti di loro se la ridono dicendo che capiscono pochissimo durante le lezioni veicolari, ancora in terza!

— Fabio Gobbato

Mi verrebbe da dire che sono troppe per lo scarso risultato e troppo poche per imparare davvero la lingua in un contesto ormai largamente monolingue italiano come quello di Bolzano.

E’ davvero poco consolatorio scoprire nella vita reale che ormai gli studenti italiani arrivano in quinta superiore con un tedesco migliore rispetto all’italiano della gran parte dei ragazzi di lingua tedesca che non vivono nelle città (per quelli delle città resta in gran parte valido il luogo comune degli Anni Ottanta che “i tedeschi sanno molto meglio l’italiano di quanto gli italiani sappiano il tedesco”).

— Fabio Gobbato

Non so se sia vero, non conosco i dati, ma anche se così fosse il «problema» è che per chi è di lingua tedesca, lingua minorizzata, spesso il percorso di bilinguizzazione alla fine della scuola è appena agli inizi, sul posto di lavoro, a contatto con i colleghi, i clienti e le migliaia di turisti italofoni. Tutte le statistiche paiono confermarlo, anche se il risultato non sarà certo perfetto.

Mentre invece per molti sudtirolesi di lingua italiana quello scolastico è il punto d’arrivo, ché nella vita reale non saranno quasi mai costretti a esprimersi nell’altra lingua.

Quindi, lo ribadisco, non penso che la soluzione possa essere la reciprocità ma, anzi, modelli differenziati per esigenze e contesti linguistici diversi. Certo, rimane il grande problema del personale, che bisognerebbe risolvere gradualmente facendo: formazione. Le formule magiche non esistono.

Vedi anche ‹1 ‹2 ‹3 ‹4 ‹5 ‹6 ‹7 ‹8

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
Autorinnen und Gastbeiträge

Zum Schaden der NATO.
Der Deal mit der Türkei wird sich rächen

Der türkische Putin hat sich durchgesetzt. Er zog sein Veto gegen eine NATO-Mitgliedschaft von Finnland und Schweden zurück, nachdem beide Staaten ankündigten, kurdische Flüchtlinge — wie von Erdoğan gewünscht — der Türkei zu übergeben. Auch Anhänger der islamischen Gülen-Bewegung sollen ausgeliefert werden. Allesamt Terroristen, begründet der türkische Islamist Erdoğan seine Forderungen.

Besonders im Visier von Erdoğan sind aber Mitglieder der verbotenen kurdischen Arbeiterpartei PKK und der kurdischen YPG-Milizen in Syrien. PKK und YPG verhinderten 2014 den restlosen Völkermord an den Jesiden, ausgeführt von den Anhängern des Islamischen Staates. Als Bodentruppen der USA, Großbritanniens und Frankreichs bekämpften die YPG-Milizen erfolgreich den IS, der vor einigen Jahr als Hauptfeind der freien Welt zählte. Stichwort Bataclan. Alles vergessen in Brüssel, in Berlin, in Washington?

Vergessen auch, dass der Erdoğan-Staat Pate islamistischer Terrorgruppen ist, auch des Islamischen Staates, wie türkische Ermittler recherchieren konnten? Die PKK und die YPG sind keine lupenreinen Demokraten, möglicherweise sind sie sogar Terroristen — ist aber Erdoğan ein Demokrat? Er führt Krieg im Nordirak sowie in Nordsyrien und unterstützte die aserbaidschanischen Regierungstruppen im Krieg gegen das armenische Arzach.

Das Erdoğan-Regime säuberte nach dem scheinbaren Militärputsch 2016 den Staatsapparat, Militär, Sicherheitskräfte und Bildungseinrichtungen von angeblichen Putschisten. Tausende wurde entlassen und verhaftet, auch türkischstämmige Ausländer kamen in türkische Gefängnisse.

Ist die Türkei ein lupenreiner demokratischer Staat, der westliche Werte wie Rechtsstaatlichkeit verteidigt? Steht die Türkei für Freiheit, Gleichheit und Brüderlichkeit? Wohl kaum.

Trotzdem ging die NATO vor Erdoğan in die Knie. »Politisch Verfolgte, die vor der Erdoğan-Diktatur in vermeintlich sichere Länder geflüchtet sind, müssen nun ihre Abschiebung befürchten«, schreibt GfbV-Experte Kamal Sido. Die NATO erkaufte sich die schwedische und finnische Mitgliedschaft auf Kosten der Menschenrechte verfolgter Minderheiten, kritisiert er.

Kamal Sido erinnert daran, dass die Türkei völkerrechtswidrig die kurdischen Regionen im Irak und in Syrien angreift, mit Drohnen und Raketen die Bevölkerung terrorisiert und entlang der türkisch-syrischen Grenze das Land ethnisch säubert. Die Türkei führt im Vergleich zu Russland in der Ukraine einen Krieg niedrigerer Intensität, aber deshalb nicht weniger effektiv. In den türkisch besetzten Gebieten in Syrien lässt Erdoğan, wahrscheinlich mit finanzieller Hilfe aus Brüssel, syrische Flüchtlinge aus der Türkei ansiedeln. Ehemals kurdisch geprägte Gebiete werden demografisch grundlegend verändert.

Russland scheint dieses türkische Vorgehen in der Ostukraine zu kopieren. Ein Großteil der Bevölkerung wird vertrieben. Tausende wurden bereits gegen ihren Willen nach Russland deportiert, also entführt.

Die lasche bis verständnisvolle Haltung der NATO gegenüber der Türkei wird sich rächen: Die Kurden gehen als westliche Verbündete verloren, das von der NATO vertretene Prinzip der Rechtssicherheit genauso. Kamal Sido warnt, die von der NATO akzeptierten türkischen Rechtsbrüche untergraben das Völkerrecht und zerstören das internationale Rechtssystem. Letztendlich auch zum Schaden der NATO.

Hat Erdoğan auch freie Hand, wenn er — wie letzthin öfters angekündigt — seine Armee abermals in Nordsyrien einmarschieren lässt, um das Autonomiegebiet zu zerschlagen?  Ist das im Sinne der NATO, will das Westen? Die Erdoğan-Türkei zielt auf die Zerstörung dieses kurdischen Gebildes in Syrien ab, das für den Westen die IS-Faschisten stoppte. Warum müssen die syrischen Kurden diesen Preis zahlen?

Aus Sorge und Angst vor einer türkischen Invasion fordern 34 Parteien und Institutionen aus Nord- und Ostsyrien die Schließung des Luftraums über ihre Region. Eine Flugverbotszone, um ein doch — im Vergleich zum Rest — friedliches Autonomiegebiet vor der Zerstörung zu schützen. Russland ist zweifelsohne ein kontinentenumspannender Terrorstaat, die Türkei aber ebenso. Mit seinen Drohnen verübte das türkische Militär Attentate und Massaker in Städten, Gemeinden und Dörfern. Die türkische Armee setzt auch recht unbekümmert in der autonomen Region Kurdistan im Irak chemische Waffen gegen Jesiden ein.

Die PKK-Schwesterpartei PYD und ihre YP-Milizen befürchten, dass mit einem weiteren türkischen Angriff auf ihre Region die islamistischen Terrororganisationen IS und al-Nusra gestärkt werden. Im Schatten des russischen Krieges gegen die Ukraine breiten sich im Nahen Osten die Islamisten wieder aus. Waren also die vielen Opfer, die besonders von den Kurden gebracht wurden, umsonst, fragt man aus Nordsyrien.

Die kurdischen Parteien Nordsyriens appellieren an die NATO, auch die nichttürkischen Völker vor der türkischen Aggression zu verteidigen wie die UkrainerInnen vor der russischen Kriegsmaschinerie.

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
BBD

Freunde Putins.

Kürzlich veröffentlichte die Denkfabrik European Council on Foreign Relations (ECFR) eine Studie über die Einstellung der Menschen in Europa zum Krieg in der Ukraine.

Dabei wird unter anderem deutlich, wie stark sich die Meinungen von Land zu Land unterscheiden.

Bei der Benennung des Hauptverantwortlichen für den völkerrechtswidrigen Überfall auf die Ukraine — Russland — sind sich noch die meisten Menschen in den zehn berücksichtigten Ländern relativ einig:

Die Werte reichen jedoch von 90% in Finnland bis 56% in Italien. Immerhin über ein Viertel der Italienerinnen denken, dass die Ukraine selbst, die EU oder die USA für den Krieg verantwortlich sind. In Finnland und Großbritannien denken dies nur 5% der Bevölkerung.

Wesentlich weiter auseinander liegen die Meinungen zwischen den Ländern bei der Frage, wer einem Frieden zwischen Russland und der Ukraine im Weg steht:

Auch diesbezüglich machten die Befragten in Finnland großmehrheitlich Russland verantwortlich (85%), während nur sehr wenige die Ukraine, die EU oder die USA nannten (5%). In Italien liegen diejenigen, die Russland (39%) als größtes Hindernis für den Frieden betrachten fast gleichauf mit denen (35%), die die Schuld beim überfallenen Land selbst oder beim Westen sehen.

Siehe auch ‹1

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
BBD

Auch online keine Packungsbeilagen auf Deutsch.
Medikamente

Muss man eine sehr große Region oder ein unabhängiger Staat sein, um von Pharmakonzernen so weit ernstgenommen zu werden, dass die eigene Sprache auf den Packungsbeilagen berücksichtigt wird? Zu diesem Schluss könnte man gelangen, wenn man die Antwort von Gesundheitslandesrat Thomas Widmann (SVP) auf eine Anfrage der STF liest.

Demnach habe zwar Unifarm eine App entwickelt, über die sich deutschsprachige Arzneimittelinformationen abrufen lassen — doch die Inhaber und rechtlich Verantwortlichen, Farmaindustria und Assogenerici, geben die Inhalte der Beipackzettel für eine solche App nicht frei.

Natürlich bräuchte es die Zustimmung und Freigabe aller und nicht nur einzelner Pharmakonzerne.

Da es sich hierbei vor allem um multinationale amerikanische Großkonzerne handelt, ist es schwierig, diese für eine kleine Realität wie unsere zu interessieren bzw. zu motivieren, ihr Einverständnis zu geben.

– Landesrat Thomas Widmann

Sind wir also wirklich zu klein? Der Blick ins Ausland zeigt uns etwas anderes: In Finnland sind die Packungsbeilagen für rund 250.000 Schwedischsprachige auf Schwedisch, in Belgien für knapp 80.000 Deutschsprachige auf Deutsch und in der Schweiz für 350.000 Einwohnerinnen der Svizzera italiana auf Italienisch.

Kleinstaaten wie Island oder Luxemburg haben garantiert auch keine Schwierigkeiten, ihre Rechte durchzusetzen.

Nein, um die Größe geht es also definitiv nicht. Es geht darum, dass Italien nie ernsthaft an der Umsetzung dieses Grundrechts für die deutschsprachigen Südtirolerinnen interessiert war, weshalb wir nunmehr seit Jahrzehnten an der Nase herumgeführt werden. Deshalb brauchen wir womöglich doch einen eigenen Staat, um von den Pharma- und anderen Konzernen ernstgenommen zu werden.

Siehe auch ‹1 ‹2 ‹3 ‹4 | 1›

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
BBD

Demokratische Standards in der Pandemie.

Ein Forschungsteam des Varieties of Democracy Institute der Universität Göteborg hat ein Projekt gestartet, um Verletzungen demokratischer Standards (PanDem) während der Corona-Pandemie zu messen und das Risiko einzuschätzen, das diese Verletzungen für die Gesamtqualität der Demokratie darstellen (PanBack).

Kartenausschnitt PanDem-Index

  • Keinerlei Verletzungen demokratischer Standards (PanDem) im Zeitraum zwischen März 2020 und Juni 2021 konnten die Forschenden dabei in sieben europäischen Staaten (Dänemark, Deutschland, Finnland, Irland, Österreich, Portugal, Schweiz) feststellen.
  • In fünf Staaten (Frankreich, Litauen, Niederlanden, Norwegen, Rumänien) wurden geringfügige Verletzungen konstatiert.
  • Zu mäßigen Problemen kam es in 14 Staaten (Belgien, Bulgarien, Italien, Moldawien, Nordmazedonien, Russland, Schweden, Slowakei, Slowenien, Spanien, Tschechien, Ukraine, Ungarn und Vereinigtem Königreich).
  • Größere Verletzungen gab es den Erkenntnissen von PanDem zufolge nur in sieben Ländern (Albanien, Belarus, Bosnien-Herzegowina, Griechenland, Kroatien, Polen, Serbien).

Analysiert wurden die folgenden sieben Dimensionen: Diskriminierende Maßnahmen, Aussetzung unveräußerlicher Rechte, missbräuchliche Maßnahmendurchsetzung, fehlende zeitliche Begrenzung, Einschränkung der Legislative, offizielle Desinformationskampagnen sowie Einschränkung der Pressefreiheit.

Was das Risiko eines generellen Rückschlags auf die Qualität der Demokratie (PanBack) betrifft, wird dieses für den weitaus größten Teil der europäischen Staaten als sehr gering eingeschätzt.

Etwas höher liegt die Gefahr demnach nur in sechs osteuropäischen Ländern (Albanien, Belarus, Bosnien-Herzegowina, Russland, Slowenien, Ukraine), in fünf weiteren Staaten (Griechenland, Kroatien, Polen, Serbien, Ungarn) wird sie als relativ hoch eingeschätzt.

Dieser Index sagt natürlich nichts über die Wirksamkeit der gewählten Maßnahmen aus.

Siehe auch ‹1 ‹2 ‹3 ‹4

Edgell, Amanda B., Jean Lachapelle, Anna Lührmann, Seraphine F. Maerz, Sandra Grahn, Palina Kolvani, Ana Flavia Good God, Martin Lundstedt, Natalia Natsika, Shreeya Pillai, Paul Bederke, Milene Bruhn, Stefanie Kaiser, Cristina Schaver, Abdalhadi Alijla, Tiago Fernandes, Hans Tung, Matthew Wilson, and Staffan I. Lindberg. 2020. Pandemic Backsliding: Democracy During Covid-19 (PanDem), Version 6. Varieties of Democracy (V-Dem) Institute

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
BBD

eGovernment: Kleine Staaten vorn.

Im November hat die EU-Kommission das eGovernment Benchmark 2021 veröffentlicht, das von Capgemini, dessen Schwesterunternehmen sogeti, der International Data Corporation und dem Mailänder Polytechnikum in ihrem Auftrag erarbeitet wurde.

Das Gesamtergebnis sieht Malta (Performance: 96%) vor Estland und Dänemark an der Spitze, Österreich schafft einen beachtlichen sechsten Platz, während Italien (21.) und Deutschland (24.) weit abgeschlagen sind.

Wie in vielen anderen Bereichen sind es auch bei der Digitalisierung der öffentlichen Verwaltung offenbar vor allem kleine Staaten, die die Entwicklung prägen und Maßstäbe setzen: In den Top Ten gibt es keinen Staat mit mehr als 20 Millionen, dafür aber acht mit unter zehn Millionen Einwohnerinnen. Malta, Luxemburg und Island zählen sogar — wie Südtirol — nur wenige Hunderttausend.

Untersucht wurden die vier Dimensionen Benutzerzentrierung, Transparenz, Schlüsseltechnologien (wie eID oder digitale Post) und grenzüberschreitende Dienste sowie konkrete Dienstleistungen in acht Lebensbereichen (wie Familie, Studium oder Firmengründung).

Siehe auch ‹1 ‹2 ‹3 / ‹4 ‹5 ‹6

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.
Categories
BBD

Sezessionswunsch kriminalisieren.

Das International Institute für Democracy and Electoral Assistance (International IDEA) mit Sitz in Stockholm hat im Rahmen seines Constitution-Building-Programms ein mehrseitiges Infoblatt (8/2018) zum Thema Sezession veröffentlicht. Dort wird zunächst ausgeführt, dass bestehende Verfassungen weltweit Sezessionen entweder unter bestimmten Voraussetzungen gestatten, sie ausdrücklich verbieten oder keine Aussage dazu machen.

Erstaunlich ist jedenfalls das Fazit, wonach die Hauptentscheidung für die meisten Länder sei, ob sie Sezessionen grundsätzlich verbieten oder dazu schweigen sollten. Der beste Ansatz könne vom jeweiligen historischen und geographischen Kontext abhängen. Für Länder ohne eine Geschichte territorialer Spannungen gebe es kaum die Notwendigkeit, in ihren Verfassungen überhaupt Bezug auf Sezessionen zu nehmen, daher sei es eine angemessene Entscheidung, darüber zu schweigen. In anderen Ländern könne die Bezugnahme auf die territoriale Integrität, vielleicht mit einer Pflicht für die Bürgerinnen, dieselbe hochzuhalten, dazu beitragen, die Unteilbarkeit des Landes zu sichern.

Ein Passus im Abschnitt »Sezessionsverbot« zeigt, was damit konkret gemeint sein könnte: Bürgerinnen zur territorialen Integrität des Landes zu verpflichten könne bedeuten, dass alle, die für Sezession eintreten, gegen die Verfassung verstoßen. Dies würde eine explizite Ausnahme von den Rechten auf freie Meinungsäußerung und Versammlungsfreiheit erfordern. Selbstverständlich — so im Text — sollten solche Einschränkungen eng gefasst sein, damit das Eintreten für mehr Autonomie (oder der kulturelle Ausdruck einer Minderheit) innerhalb des Staates nicht als Verstoß betrachtet wird.

In diesem Lichte kann die indirekte Empfehlung aus dem Fazit, Bürgerinnen unter Umständen zur territorialen Integrität zu verpflichten, als eine Einladung verstanden werden, die Meinungs- und Versammlungsfreiheit einzuschränken.

Unter solchen Umständen wäre das, was etwa macht, illegal. Staaten könnten sich auf die Empfehlung von International IDEA stützen, um die demokratische Forderung nach Sezession zu kriminalisieren.

Das Constitution-Building-Programm versteht sich als Projekt zur Unterstützung von Gesetzgeberinnen, Verfassungsrechtlerinnen und anderen Verfassungsexpertinnen und will eine Community of Best Pratices aufbauen.

International IDEA gehören 33 Staaten als Vollmitglieder (darunter Australien, Deutschland, Finnland, Kanada, Luxemburg, Norwegen, Spanien oder die Schweiz) sowie Japan als Beobachter an. Allerdings enthält das von Professor Tom Ginsburg (University of Chicago Law School) verfasste Papier auch den Hinweis, dass die darin vertretenen Ansichten nicht notwendigerweise jene von International IDEA (sowie jene der Außenministerien von Norwegen und Luxemburg) widerspiegeln.

Siehe auch ‹1 ‹2 ‹3 ‹4 ‹5 ‹6 ‹7 ‹8 | 1›

Einen Fehler gefunden? Teilen Sie es uns mit. | Hai trovato un errore? Comunicacelo.

You are now leaving BBD

BBD provides links to web sites of other organizations in order to provide visitors with certain information. A link does not constitute an endorsement of content, viewpoint, policies, products or services of that web site. Once you link to another web site not maintained by BBD, you are subject to the terms and conditions of that web site, including but not limited to its privacy policy.

You will be redirected to

Click the link above to continue or CANCEL