di fabivS
Qualche tempo fa mi è stato chiesto di scrivere un articolo sulla questione della Selbstbestimmung nella sua visione tradizionale. Questo mi ha dato lo spunto, dopo qualche anno che mi interesso al tema, per fare un personalissimo punto della situazione, stimando sforzi, risultati e suggerendo cambiamenti. Come prima cosa devo dire che, se ci accordiamo sul fatto che raggiungere un obbiettivo è il 100% e l’inizio del cammino corrispondente è lo 0%, dobbiamo purtroppo riconoscere che con la Selbstbestimmung noi siamo addirittura sotto lo 0%. Non è uno scherzo: non solo non abbiamo, infatti, idea della strada da prendere, ma non abbiamo stabilito nemmeno l’obbiettivo. A volte capita che la stessa Selbstbestimmung, intesa come possibilità di scelta, venga ritenuta un fine; ma in verità non può essere considerata tale, perché ogni scelta si fa in vista del futuro e non per il gusto di farla. E’ invece proprio l’obbiettivo finale il punto dolente.
Oggi, infatti, come parlando di “veicoli” si può intendere moto, auto o camion, parlando di “Selbstbestimmung” si intendono le cose più diverse: ad esempio un nuovo Bundesland Suedtirol o l’unificazione al Tirolo del Nord in Austria, un Freistaat Suedtirol indipendente, la ricostituzione del Tirolo storico, l’annessione alla Germania o, ultimamente, addirittura alla Svizzera. E se queste ipotesi sembrano ancora poche, si consideri che finora abbiamo parlato solo dei confini: mettendo sul piatto anche le altre questioni spinose e vitali sul futuro assetto del Sudtirolo e sui rapporti tra gruppi linguistici (proporzionale, divisione linguistica, scuola mista…), allora ognuno ha oggi una propria idea. Come sia stato possibile che in mezzo a questo caos non siano ancora mai nati grossi litigi tra i sostenitori tradizionali dell’autodeterminazione è presto detto: finora la politica si è sempre preoccupata di spiegare i motivi per cui si vuole la Selbstbestimmung, ma quasi mai ha affrontato seriamente le modalità e la questione del dopo. Per questo oggi, a parte quella di e quella di restare dove siamo, sul tappeto non esistono delle proposte articolate sul futuro su cui confrontarsi e attorno alle quali creare consenso; eppure, senza proposte concrete, senza sapere di preciso di che cosa si parla, come si pretende di poter imboccare una nuova strada? Per questo dico che siamo sotto lo 0%.
In passato era diverso: spesso è bastato essere d’accordo sul “andarsene da Roma” ed il resto non era così importante. Oggi nessuno, grazie al cielo, se la passa male come 50 anni fa e a chiunque abbia buonsenso e qualcosa da perdere non basta “andarsene da Roma” senza risposte credibili sul futuro. Non è tanto una questione di perdita d’identità , come si sente: è che nessuno, a parte i teenagers esaltati e chi abbia motivi di risentimento verso l’Italia, affronterebbe volentieri un salto nel buio. In Sudtirolo non siamo tutti “eroi del 1809”, ci sono anche mamme preoccupate per il futuro dei loro figli e piccoli artigiani o imprenditori, che chiedono certezze dal punto di vista economico. Ma senza una proposta autorevole, anche i voti di quelli che se ne andrebbero in ogni caso finirebbero dispersi qua e là .
D’altra parte in passato era in parte accettabile l’impronta “etnica” dell’autodeterminazione; oggi invece è un grande ostacolo, perché su questo nodo dovranno necessariamente confrontarsi le proposte future credibili, se ce ne saranno. Appare chiaro che la situazione sociale è profondamente migliorata rispetto agli anni ’60: oggi la salvaguardia della cultura tedesca in Sudtirolo non può perciò più essere l’unica molla dell’autodeterminazione, anche perché escluderebbe dal dibattito, nello stato di cose presente, gli altri 3 gruppi linguistici. Chi a Bolzano potrebbe, infatti, interessarsi alla salvaguardia di una cultura che (quasi) nessuno gli ha mai portato vicino? E chi potrebbe volere l’autodeterminazione se questa è presentata come l’arma migliore per limitare la diffusione della propria cultura? E’ lodevole che gli Schuetzen, ad esempio, come associazione privata siano favorevoli alla Selbstbestimmung per la salvaguardia della cultura tirolese. Ma la politica non può limitarsi a questo, pronunciando nel Landtag discorsi che avrebbe potuto tenere un Hauptmann ad una Gedenkfeier; non finché chiederà un cambiamento che interessi l’INTERA popolazione. Così facendo i politici si sottraggono al loro compito, che è quello della mediazione e della ricerca di quei compromessi, che costano ad un partito sempre grande dibattito e sacrificio. Quando oggi si sostiene che non si ha un modello perché si vuole lasciare al popolo l’incombenza della scelta tra le molte proposte per il futuro significa, in sostanza, che non si è stati capaci di compiere questo lavoro di sintesi; non si è, cioè, stati in grado di formulare una proposta sul futuro che potesse mettere d’accordo sia lo “Schildhoefler aus Sonk Liard” che il “Bolzanino di via Resia”, o forse non ci si è nemmeno provato. Si tratta di un fallimento, che riceve un suo fascino solo grazie a belle parole come “Volk”, “Heimat”, “Freiheit”, che sottolineano la presunta libertà di scelta. Nel contempo, però, sappiamo anche che una scelta è davvero libera quando c’è sufficiente informazione. Invece ancora oggi capita troppo spesso di sentire qualche “Bierbudl-Patriot” che vuole tornare in Austria perchè vorrebbe guidare la sua Golf modificata con 2,5 promille senza che i Carabinieri lo fermino, oppure perchè non vuole più studiare italiano a scuola. In città , invece, ci sono persone che dicono di non volere assolutamente la Selbstbestimmung, perché poi i “tedeschi” li costringerebbero a tornarsene in Italia o cose del genere. Sono tutte opinioni molto fantasiose, ma purtroppo ancora diffuse ed indicano che c’è ancora molto lavoro da fare anche da questo punto di vista.
Per cominciare non c’è che l’imbarazzo della scelta: ricerca, informazione, creazione del dibattito, coinvolgimento dei media e di tutti i gruppi linguistici, chiarimento dei dubbi e delle paure. Tutto questo però deve prima affrontare uno scoglio: la formulazione di una proposta concreta, articolata e condivisibile dalla maggior gente possibile; altrimenti tutti gli sforzi saranno vani: non esistono, infatti, strade giuste per chi non sa dove andare
Scrì na resposta