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A Bolzano nessuna necessità di parlare in tedesco.
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«A noi dispiace moltissimo – hanno detto le presidi – che in città non ci sia più nessuna necessità di parlare in tedesco. Tutti parlano italiano, sanno l’italiano molto bene. Quasi più nessuno si impegna, forse non c’è neanche più la voglia».

dal quotidiano A. Adige di oggi

La citazione è riferita a un incontro tra le presidi delle scuole in lingua tedesca di Bolzano e l’assessora Johanna Ramoser (SVP), organizzato per discutere delle difficoltà didattiche legate al «travaso» di alunni dalle scuole in lingua italiana a quelle in lingua tedesca (‹1).

Purtroppo è vero che l’inesistenza di una seria politica linguistica (cfr. ‹1 ‹2 ‹3) ha fatto prevalere il laissez faire che, soprattutto laddove ad essere in netta maggioranza numerica è la lingua franca nazionale, presto o tardi porta all’egemonia linguistica. Sarebbe strano se così non fosse.

Nel capoluogo in particolare non solo non sono state attuate strategie per la promozione e il mantenimento del tedesco — con le necessarie misure asimmetriche di tutela — ma addirittura i rappresentanti politici dell’SVP (che potrebbero dare il buon esempio) si piegano all’imperante monolinguismo italiano (‹1 ‹2), dandolo ormai per scontato e relegando il tedesco a un ruolo sempre più marginale, del tutto irrilevante e di mera testimonianza.

In molti casi il problema non è più quello che non vi sia nessuna necessità di parlare il tedesco1necessità ormai inesistente in quasi tutto il Sudtirolo, ma che non vi sia nemmeno la possibilità (cfr. ‹1 ‹2). E quindi anche a chi volesse imparare la lingua manca il contesto linguistico per farlo.

Vedi anche ‹1 ‹2 ‹3 ‹4 ‹5 ‹6 | 1›

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    necessità ormai inesistente in quasi tutto il Sudtirolo
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Ulteriori milioni a beneficio del monumento.

Nel maggio del 2019 una lastra marmorea si era staccata dal Monumento alla «vittoria» di Bozen, sfracellandosi per terra. In seguito il Ministero della cultura italiano ha fatto eseguire approfonditi studi sullo stato di conservazione del manufatto di epoca fascista, a cura dell’Università degli Studi di Padova, i cui esiti sono stati recentemente illustrati nella Landeshauptstadt.

A presentare le novità sono convenute l’assessora alla Cultura del Comune di Bozen, Chiara Rabini (Verdi), il vice Landeshauptmann, Giuliano Vettorato (Lega), il direttore dei Musei del Veneto, Daniele Ferrara, per il ministero, insieme all’architetta della Direzione regionale Musei del Veneto, Chiara Matteazzi, e infine il professore emerito Claudio Modena (SM Ingegneria) e l’experience designer Adele Magnelli.

Cotanta intelligenza per spiegare che la struttura portante del monumento, i cui pilastri sono degli enormi fasci littori, è in buono stato, mentre le verifiche statiche e sismiche avrebbero evidenziato problemi soprattutto riguardanti i rivestimenti. Saranno dunque necessari ulteriori approfondimenti per individuare le idonee modalità di messa in sicurezza, e dunque probabilmente di ulteriori costosi interventi per il mantenimento del relitto. Chi avesse sperato che potesse essere arrivata l’ora di lasciar decadere, seppur in maniera controllata, la più imponente testimonianza fisica della colonizzazione del Sudtirolo nel secolo scorso, come sempre ha altissime probabilità di venire delusa.

Altri sforzi (e ulteriori denari) sono stati inoltre profusi (e spesi) in questi ultimi anni anche per la creazione di due video (uno lineare e uno in virtual reality) ad altissima definizione con l’ausilio di droni, a creare una simulazione tridimensionale realistica del manufatto.

Insomma, lo stato italiano non sta certo con le mani in mano o col portafogli in tasca, e non perde occasione per valorizzare e tirare a lucido il suo bel monumento alla civiltà universale dell’arte. Nel mondo reale e nella realtà virtuale.

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1O2017: Rinvio a giudizio per 45 poliziotti.

Sono passati oltre cinque anni dal referendum sull’indipendenza della Catalogna, svoltosi il 1° ottobre 2017 e caratterizzato da un violentissimo intervento repressivo di Policia Nacional e Guardia Civil spagnole. In seguito a un lungo percorso investigativo, un tribunale di Barcellona ha ora deciso di rinviare a giudizio 45 membri della Polizia nazionale spagnola per i reati di lesioni, tortura e violazione dell’integrità morale. I casi di altri 20 agenti sono invece stati archiviati.

Chiaramente, dimostrare le responsabilità individuali di singoli membri dei corpi di polizia è impresa molto difficile, anche per la protezione di cui godono.

Nelle sue considerazioni preliminari il giudice catalano ha già avuto modo di affermare che l’azione della polizia è stata «eccessiva» e la violenza usata nei confronti dei manifestanti, quasi tutti pacifici, «chiaramente innecessaria». Alcuni degli agenti che verranno sottoposti a processo hanno procurato lesioni, anche in testa, ai manifestanti o hanno usato violenza nei confronti di persone anziane.

Durante la giornata del referendum la Polizia nazionale si era recata in 27 scuole della capitale catalana adibite a locale di voto, e alle autorità giudiziarie sono pervenute denunce per ciascuna di loro. Le pesanti cariche e l’atteggiamento violento della polizia avevano immediatamente sollevato forti critiche (cfr. ‹1 ‹2 ‹3 ‹4 ‹5) da parte di numerose organizzazioni internazionali.

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Spagna: magistrata della Corte costituzionale apre all’autodeterminazione.

María Luisa Segoviano, nuova magistrata del Tribunal Constitucional spagnolo, di area progressista, si è espressa in modo sorprendente circa la possibilità che un territorio dello Stato possa in futuro esercitare il diritto all’autodeterminazione.

Alla relativa domanda dei giornalisti ha infatti risposto che si tratta di «un tema sommamente complesso, con molti spigoli» e che «converrà studiare» in tutti i suoi dettagli «con calma e in modo spassionato: tecnicamente». Ha aggiunto di essere convinta «che non bisogna aver paura di nessuna questione, di nessuna posizione né di nessun suggerimento che ci venga sottoposta». Che la giurisprudenza costituzionale abbia già sbattuto la porta in faccia a chi in passato avesse provato a esercitare il diritto all’autodeterminazione, per Segoviano non significa che anche in futuro si debba giungere alle medesime conclusioni, perché «i temi, nonostante possa esistere un precedente, non sempre si pongono nella stessa maniera». «Sono dell’avviso che non si debba respingere nulla» per principio e che, trattandosi di un argomento delicato, la cosa giusta sia «trattarlo con delicatezza».

Queste parole hanno scatenato le aspre quanto prevedibili critiche delle destre, imprimis PP e Cs, che non ammettono che a riguardo ci sia qualche cosa da valutare o da studiare, in quanto la costituzione spagnola (in modo simile a quella italiana) afferma esplicitamente l’indivisibilità del territorio nazionale.

Tuttavia, per la prima volta da molti anni, la maggioranza dei membri della Corte costituzionale spagnola non appartiene più alla destra ma, come María Luisa Segoviano, è ascrivibile all’area progressista. Le condizioni perché possa effettivamente farsi strada una nuova interpretazione di alcuni punti della costituzione sono dunque più favorevoli che in passato.

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Monumento fascista illegale a Palma.

Pochi giorni fa il portale online Ultima Hora ha svelato che il Consolato italiano di Palma pagherebbe a tutt’oggi una quota di 450 euro annui per il mantenimento di un mausoleo fascista illegale presso il cimitero della capitale delle Isole Baleari, e che ogni 4 novembre vi omaggerebbe i suoi «martiri». La notizia è poi stata ripresa da altri media, tra cui le radio e televisioni pubbliche delle isole e della Catalogna.

Secondo le ricerche della giornalista che si è occupata del caso, anche se alcune fonti parlerebbero di 66 sepolti, i documenti ufficiali del cimitero ne riporterebbero 18, di cui 17 tumulati tra il 1937 e il 1940 e uno nel 1962, quando l’Italia era già una repubblica.

Il monumento comprende una stele, tanto alta da essere visibile anche dall’esterno del cimitero, e una grande aquila fascista in bronzo. Mentre i cosiddetti «martiri» sono in realtà aggressori fascisti che diedero un fondamentale contributo all’ascesa del franchismo in Spagna, e dalla loro base maiorchina portavano a termine i loro bombardamenti su Barcellona e altre città.

Intervistato da Ultima Hora, il Segretario alla Memoria democratica del Governo delle Baleari, Jesús Jurado (Podem), afferma che la statua — che è in contrasto con la Legge sulla Memoria democratica delle Isole Baleari — dovrà venire smontata. Il monumento sarebbe già stato incluso in un elenco della simbologia che secondo la legge dovrà essere eliminata, mentre la Vicepresidenza del Governo baleare avrebbe già chiesto alla delegazione del Governo spagnolo delle baleari di prendere ufficialmente contatto con l’Italia perché faccia eliminare la simbologia fascista, illegale, e particolarmente l’aquila. Oltretutto, il manufatto realizzato in Italia e portato a Palma in epoca mussoliniana, sarebbe in contrasto anche con le norme emanate da Madrid.

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Oltre 2.500 proposte per la lingua.

A fine settembre si è conclusa la fase partecipativa del Pacte Nacional per la Llengua, processo nato su specifica richiesta del Parlamento catalano per individuare, discutere e implementare soluzioni per la tutela e il sostegno alla lingua catalana.

Come si evince da una prima analisi già pubblicata dal Departament de Cultura (v. sotto), nei mesi scorsi sono stati raccolti 333 contributi, presentati da singoli cittadini o entità, contenenti in tutto ben 2.597 proposte concrete su come rafforzare la lingua.

Sono state organizzate 12 sessioni deliberative tematiche online, 19 sessioni di prossimità autogestite da parte di diverse organizzazioni, 16 sessioni territoriali in presenza del Segretario di politica linguistica o di un rappresentante istituzionale, oltre a due giornate «centrali» (Il catalano, sfide e proposte e la IX Giornata della Lingua e della Società nei territori di lingua catalana).

Quali idee

Sempre secondo l’analisi preliminare, il maggior numero di proposte pervenute riguarda i seguenti ambiti:

  • Educazione e ricerca (22,4%);
  • Amministrazioni pubbliche (14,2%);
  • Audiovisuale e mezzi di comunicazione (14,0%);
  • Coesione sociale e accoglienza (10,7%);
  • Ambito socioeconomico e lavorativo (10,1%);
  • Cultura (7,9%);

e incide sulle seguenti dimensioni linguistiche:

  • Usi e ambienti linguistici (47,7%);
  • Comportamenti linguistici (26,5%);
  • Conoscenze linguistiche (23,5%);
  • Corpus (2,3%).
Quali azioni

Quasi un terzo delle 2.597 proposte (30,5%) prevedrebbe azioni di sensibilizzazione linguistica, mentre il 18,2% punta a un incremento e miglioramento della formazione. Un ulteriore 14,1% delle proposte richiede azioni di dinamizzazione linguistica, l’11,5% renderebbe necessari interventi normativi e poco meno (10,3%) un miglior finanziamento e maggiori sovvenzioni. Il 9,1% propone che vengano fatte rispettare meglio le leggi vigenti in materia linguistica.

Una gran parte delle proposte pervenute (53,5%) richiederebbe l’uso di denaro pubblico, pochissime l’impiego di soldi privati con supporto pubblico (3,4%) o solo finanziamenti privati (1,2%). Per il restante 41,9% delle soluzioni suggerite non è immediatamente deducibile a chi spetterebbe il finanziamento.

Chi ha partecipato

Chi ha fatto proposte ha partecipato alle iniziative a titolo individuale per il 40,4% e in forma collettiva per il 59,7%, di cui

  • come associazione costituita legalmente (6,2% entità linguistiche e 20,5% altre per un totale di 26,7%);
  • come associazione non costituita legalmente (22,4%) e
  • istituzioni e organismi pubblici (10,6%).

Gli obiettivi del Pacte Nacional per la Llengua sono l’incremento del livello collettivo di conoscenza della lingua; facilitare al massimo il suo utilizzo in tutti i settori, con particolare attenzione agli ambiti più rilevanti in cui è meno presente, e potenziare l’adozione del catalano tra le persone per le quali non rappresenta la lingua di partenza.

— dalla pubblicazione

traduzione mia

Sul sito dedicato al processo partecipativo attualmente è possibile visionare, filtrandole, tutti i contributi originali e le singole proposte in essi contenute, che ora verranno discusse nell’ambito di un apposito tavolo prima di confluire in un accordo politico.

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Ti spacco la democrazia.

Il capogruppo della Lega in Consiglio comunale a Bolzano, Kurt Pancheri, pochi giorni fa ha urlato «ti spacco la faccia» alla presidente del consesso, Monica Franch (PD), rea di aver chiuso la seduta nonostante lui, Pancheri, volesse ancora prendere la parola.

Sinceramente mi stupisco soprattutto di chi si stupisce, visto che il leghista fa appunto il leghista: le offese, l’odio, la misoginia fanno parte del suo, del loro DNA, non si tratta certo di uno scivolone. Altrimenti com’è possibile che uno che usa la parola froci per riferirsi agli omosessuali non solo sieda ancora in quell’aula ma che facesse anche il capogruppo?

Almeno questa volta si è dovuto dimettere da tale carica — ma non certo da quella di consigliere comunale. E, anzi, come al solito è finito tutto a tarallucci e vino: con delle scuse che sembrano una giustificazione e la presidente Franch che si fa offrire un caffè dal cafone.

Basta che poi però nessuno si meravigli se i post/neo/fascisti tornano al potere.

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In Spagna Bonus culturale plurilingue.
Buone pratiche

Negli ultimi mesi e anni a più riprese abbiamo criticato che le web statali (Cashback di stato, Lotteria degli scontrini e quant’altro) non tengono conto delle lingue minoritarie e quando lo fanno, avviene in misura insufficiente.

Faccio qui l’esempio della Spagna, dove il Governo ha recentemente istituito un Bonus culturale per i giovani, il cui sito specifico si presenta in questo modo:

Sito internet del Bonus culturale per i giovani (nella versione basca)

In alto a sinistra ben cinque icone per quattro lingue parlate sul territorio statale (castigliano, catalano nelle varianti catalana e valenciana, galiziano e basco). Anche scorrendo le sottopagine risultano tutte completamente tradotte nelle lingue minoritarie.

Quando di riflesso si definiscono il Sudtirolo e i diritti linguistici delle minoranze qui residenti come «esemplari» o perfino i «migliori al mondo» (se non si arriva all’aberrazione di definire minoritaria la lingua dominante), spesso vale la pena volgere lo sguardo altrove per rendersi conto che così non è e che c’è ancora molto da fare.

Vedi anche ‹1 ‹2 ‹3 ‹4

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