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Europäisches Projekt in Gefahr.
Veranstaltungsreihe »Welches Europa wollen wir?«

Thomas Benedikter (POLITiS) begibt sich am 4. April ab 18.00 Uhr in der Bibliothek Kulturen der Welt in Bozen mit Sepp Kusstatscher (ehemaliger EU-Parlamentarier, Grüne) auf die Spuren der Seele Europas.

Das einmalige Friedensprojekt nach den zwei katastrophalen Weltkriegen war die EWG, die zur EG und schließlich zur EU wurde, sozusagen zu einer politischen Union. Allerdings verhinderten neoliberale Kräfte und die Nationalstaaten Europas, dass in diesem Reformprozess aus der Europäischen Union sich wirklich “Vereinigte Staaten” entwickeln konnten.

Die Handelsmacht EU ist Täter und Opfer einer neoliberalen Marktideologie geworden. Nur dank des breiten Widerstands in einigen EU-Ländern ist das Abkommen CETA mit Kanada vorübergehend, das TTIP mit den USA vielleicht ganz aufgehalten worden. Der Freihandel, basierend auf bi- und multilateralen Abkommen, ist der Wegbereiter der Globalisierung. Als weltstärkste Handelsmacht betreibt die EU die Liberalisierung des Welthandels und die Sicherung der Rohstoff- und Absatzmärkte als ihr Kerngeschäft. Doch immer mehr zeigen sich die Schattenseiten der neoliberalen Entgrenzung der Märkte.

Auf diesem neoliberalen Trümmerhaufen, in welchem die wenigen Reichen reicher und die vielen Armen ärmer werden, wachsen Unzufriedenheit und Ängste vor einem sozialen Abstieg. Angst ist die stärkste Emotion, die rationale Lösungen erschwert und entsolidarisiert. Diese Angst wird von populistisch agierenden Nationalisten missbraucht, die als Lösung nationalstaatliche Schrebergärten mit hohen Zäunen anpreisen. Nigel Farage, Marine Le Pen, Matteo Salvini, Viktor Orbán und Jaroslaw Kaczynski sind nur einige Namen von Politikern, die Europa als multikulturelles Friedensprojekt gefährden. Wie kann man dieser Bedrohung von rechts begegnen? Welche Werte braucht Europa als Grundlage seiner Einheit? Wo bleibt Europas Seele?

aus der Einladung

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Diskussion: Sezession/Europa?

Am kommenden Samstag, den 17. Mai, lädt die Initiative für mehr Demokratie von 9.30 bis 12.30 Uhr zu einer wichtigen politischen Diskussion ins Bozner Batzenhäusl.

Europa.

Das Thema des Vormittags lautet »Sezession oder Europa?«, Gäste sind: Thomas Benedikter, Matthias Cologna, Simon Constantini (für ), Martin Fischer, Bernd Karner, Paul Köllensperger, Sepp Kusstatscher, Markus Lobis, Michele Lonardi, Ivo Passler, Andreas Pöder, Karl Trojer, Otto von Aufschnaiter und Bernhard Zimmerhofer. Die Initiative bedauert, dass keine der geladenen Frauen zugesagt hat.

Die Unzufriedenheit der Menschen innerhalb der Nationalstaaten Europas wächst. Sie wächst auch gegenüber dem Europa der Lobbys und der Banken. Alleingänge kleinerer, überschaubarer und kulturell einheitlicherer Einheiten versprechen geringere Krisenanfälligkeit und einfachere Krisenbewältigung. Die Frage ist dann aber: Allein wohin? Doch sicher nicht wieder in die Kleinstaaterei. Wenn schon kleinere lokale Identitäten zum Tragen kommen sollen, wo die Bürgerinnen und Bürger wissen und auch tun können, was sie wollen, dann sollte das in einem Verbund der Vielgestaltigkeit stattfinden, der diese Diversität garantiert. Das ist eine Verfassung der Menschen- und Bürgerrechte, der politischen und persönlichen Freiheiten, der sozialen Rechte und Pflichten, der Selbstverantwortung und Selbstorganisation, eine Verfassung, die Demokratie als die Möglichkeit der Selbstbestimmung der Bürgerinnen und Bürger in allen für sie wichtigen Fragen, für alle verpflichtend vorgibt. Diese Garantie bietet ein politisches System der Gleichberechtigung in einer Konföderation europäischer Regionen. Diese ideelle Ordung wäre ein Europa jenseits der Nationalstaaten, wie es in seinem Ursprung gedacht war.

Ab 11.30 sind die EU-Wahl-KandidatInnen eingeladen, zu den Ergebnissen der Debatte Stellung zu nehmen.

Ich freue mich außerordentlich über (und auf) diese Veranstaltung, deren einleitende Prämisse von stammen könnte und von mir zu 100% geteilt wird. Dass die Initiative für mehr Demokratie dieses Thema derart klar umreißt und einer öffentlichen Debatte stellen möchte, stimmt zuversichtlich. Lediglich den Titel, »Sezession oder Europa?« könnte man umgestalten in »Sezession und Europa!« — da meiner Ansicht nach gerade der Zerfall klassischer Nationalstaaten durch Abspaltung von Regionen, einschließlich der zwangsläufigen Befassung der EU mit diesen Prozessen, zu einer Dynamik in die gewünschte Richtung führen wird.

In jedem Fall können Bürgerrechte wie direkte Demokratie, individuelle und kollektive Selbstbestimmung nur Hand in Hand gehen.

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Autorinnen und Gastbeiträge

Sudtirolo, «eingeklemmte» democrazia.

Un lucidissimo intervento di Valentino Liberto apparso su Salto e ripubblicato da grazie al consenso dell’autore:

Grandi aspettative, altrettanta delusione: mentre i governi di Scozia e Catalogna gettavano le basi per un 2014 referendario, nel 2013 il Sudtirolo interetnico-alternativo riponeva le proprie speranze prima nell’elezione di Palermo e Kronbichler al Parlamento italiano, poi nella «new Taube» di Brigitte Foppa e nel «rinnovamento» Volkspartei targata Kompatscher. Ma la speranza di cambiamento s’infranse ben presto, resa vana dalle resistenze etniche dell’impianto autonomista e dalla debolezza dei suoi volenti riformatori – appesi ai destini nazionali del PD. La classe politica sudtirolese è all’altezza della sua sbandierata autonomia?

Governi immaginari.

Ricapitolando: un anno fa, PD e SVP candidano a sorpresa Francesco Palermo nel collegio senatoriale di Bolzano-Unterland, sostenuto per acclamazione anche dai Verdi, i quali – sempre a sorpresa – divorziano dal partito nazionale e stringono un patto con «Sinistra Ecologia Libertà»: Florian Kronbichler è capolista alla Camera. Volkspartei, Democratici e Verdi sudtirolesi fanno campagna elettorale per la medesima coalizione di Centrosinistra, data per sicura vincente e che alle primarie aveva incoronato Pierluigi Bersani candidato premier. Palermo conquista cinquantamila voti, e grazie al premio di maggioranza Flor, Gnecchi e cinque SVP staccano il biglietto per Montecitorio. Ma a spezzare i sogni di gloria ci pensa lo tsunami di Grillo. All’indomani del voto, l’Italia precipita nel caos: di lì a un mese salta la premiership del segretario Bersani – per lasciare posto al governo Letta-Alfano di Napolitano II e al comeback del rampante sindaco di Firenze, Matteo Renzi – e salta la candidatura a Landeshauptmann dell’Obmann Theiner, che si ritira dalle primarie consegnando la vittoria al sindaco di Völs am Schlern, Arno Kompatscher. Intanto Riccardo Dello Sbarba, in prima linea sul fronte dell’inchiesta Sel, lancia le «primarie aperte» dei Verdi, ed è un successo: quasi duemila votanti e un plebiscito per Brigitte Foppa. La campagna per le provinciali è di basso profilo, ma vede una SVP rinnovata almeno nello stile, una lista verde coesa e con ambizioni di governo. Si vocifera di una maggioranza Schwarz-Grün à la sudtirolese, sulla scia delle omologhe d’Oltrebrennero. Il 27 ottobre i Verdi ottengono il miglior risultato nella loro storia trentennale, Dello Sbarba è l’italiano più votato; la Edelweiss perde la absolute Mehrheit, gli eletti sono in gran parte dell’ala più «sozial»; lo sconforto del gruppo italiano fa arrancare il PD, ma la fronda interna del renziano Roberto Bizzo ne esce rafforzata, contrariamente al già onnipotente Christian Tommasini. L’ingresso in giunta dei Grünen diventa così quantomeno verosimile.

Tutte le strade portano a Roma!

Il resto è storia recente, il modesto risultato sotto gli occhi di tutti: la SVP opta per una kleine Koalition col PD altoatesino, non in quanto tale, ma nella veste di «commissariato del governo» nazionale: perché la partita decisiva non si gioca a Palais Widmann, bensì tra Palazzo Chigi, Palazzo Madama – e Palazzo Vecchio. Sullo sfondo del patto elettorale Theiner-Bersani come dell’accordo Durnwalder-Letta, ci sono infatti tre incontri tra Bizzo, Kompatscher e Renzi (due a Bolzano, uno a Firenze) a siglare l’asse blindato tra Arno e PD nazionale. Il senatore Palermo è tenuto a debita distanza dalle trattative (e tagliato fuori dalla Commissione dei Sei). Ancora più all’oscuro è Kronbichler, già controvoglia (e spesso goffamente) all’opposizione con SEL – mentre il partito di Vendola guarda con interesse a Renzi. Il neo-segretario democrat, attraverso un portavoce e il ministro degli affari regionali Graziano Delrio, fa pressioni su Kompatscher per il secondo assessore, o più realisticamente per dare un contentino ai democratici altoatesini; i rapporti bilaterali Stato-Provincia si esauriscono nel monopolio accentratore PD-SVP, dove vocazione maggioritaria sta per partito unico. Questo schema incide sulla composizione della giunta più di qualunque accordo in sede locale: in democrazie «normali» – si pensi ai Länder oltreconfine – il primo partito avrebbe aperto il governo del Land al primo o secondo miglior «perdente», prima di rivolgersi al quinto arrivato. Ma nella logica autonomista, i Verdi-Grüne-Vërc sono terzi incomodi, orfani d’un interlocutore politico nazionale. Ne risulta un programma di coalizione con dichiarazioni di principio, e senza particolari ambizioni.

Demokratiedefizit europeo.

S’è parlato negli scorsi anni di un ipotetico «nation-building» per il Sudtirolo, proteso verso una sovranità indipendente: questa volontà non si rispecchia nel panorama politico e tantomeno nel suo «potere estero», profondamente «etno-regionale», caratterizzato da un blando autonomismo e storicamente privo di agganci alla dialettica democratica (progressisti-conservatori, sinistra-destra, ecologisti-sviluppisti etc.). Se nel 2013 l’intelligenza di elettrici ed elettori sudtirolesi sembrava consegnarci uno spazio politico inedito, le manovre intestine ai partiti plasmano uno scenario apparentemente immutabile. Guardando al prossimo appuntamento elettorale, il risultato sembra scontato: salvo sorprese, alle europee la meritata riconferma di Herbert Dorfmann non sarà affiancata dall’elezione di un’altra/o eurodeputata/o della nostra provincia. Il PD altoatesino non ha potere per imporre candidature nel collegio Nord-Orientale. Qualora a livello nazionale SEL non superasse lo sbarramento del 4%, i 25mila voti dei Verdi andrebbero perduti come nel 2009 (con l’11% per il diligente Sepp Kusstatscher, ma niente seggio a Strasburgo). In mancanza di un Wahlsystem comune a tutti gli Stati membri, che preveda l’apparentamento delle liste «nazionali», alle omologhe «europee», finirà nel cestino ogni voto attributo alle forze che appartengono a «famiglie» europee: Verdi (European Greens), Die Freiheitlichen (European Alliance for Freedom, EAF) e Süd-Tiroler Freiheit (European Free Alliance, EFA). Brennerbasisdemokratie suggerì un collegio elettorale euroregionale, sebbene solamente a uno Stato membro indipendente spetterebbe una quota überproportional di europarlamentari (con 400mila abitanti, l’isola di Malta ne ha sei).

Cercasi expertise.

La democrazia sudtirolese è rimasta senza prospettive, ripiegata sul proprio provincialismo? E la «classe politica» nostrana – opposizioni comprese – è capace di esprimere una forte rappresentanza al di fuori dei confini regionali, che si formi effettivamente nel contesto internazionale, in grado perciò di affrontare le sfide della contemporaneità? Oppure, come sembra, è legata a doppio filo alla Repubblica italiana (se non alle decisioni del PD)? A parte qualche esponente «europeo» della SVP (o dei Verdi in passato) nessuna politico del Sudtirolo può vantare un curriculum internazionale d’un certo rilievo. Per dire: al Gruppo Bilderberg invitano Lilli Gruber, mica Thomas Widmann. Al contrario dei tirolesi austriaci, è evidente che la minoranza sudtirolese non esprima propri dirigenti all’interno del governo italiano – e neppure gli altoatesini di lingua italiana hanno peso nella politica nazionale, tanto meno nelle compagini governative (salvo la brevissima parentesi di Michaela Biancofiore…). Né il sindaco della Landeshauptstadt diventerà mai Landeshauptmann: la carriera di Gigi Spagnolli è destinata a rimanere circoscritta nelle vesti di primo cittadino, o al massimo di parlamentare. Un cortocircuito di norme e consuetudini etniche impediscono al sistema politico non solo di rigenerarsi, ma di formare un expertise politico con ampi spazi di manovra. Bel problema, per una quasi-Vollautonomie: sullo scacchiere mondiale, il Sudtirolo politicamente non conta nulla, meno dei Länder, molto meno di Scozia e Catalogna, e in termini di autonomia è di gran lunga superata da Groenlandia e Färöer, che messe assieme superano a mala pena i centomila abitanti.

Comunità indipendente?

Anche ai più convinti detrattori dell’autodeterminazione, i casi catalano e scozzese (e di altre regioni d’Europa: la scrittrice Michela Murgia, candidata Presidente della Regione Sardegna, è una assertrice della Selbstbestimmung) insegnano che a prescindere dall’esito finale, chi prende in mano il proprio futuro possa liberare energie positive tra la popolazione, e politicamente un tale esercizio di partecipazione rappresenti un volano per l’intera democrazia. Assumendo per fallito il modello dello Stato-Nazione, troppo grande per governare la crisi dell’economia di mercato e i cambiamenti climatici, diventerebbe auspicabile che le comunità regionali organizzino i propri territori in piena autonomia, delegando a vaste entità sovranazionali (nel nostro caso l’Unione Europea) i parametri legislativi entro i quali muoversi, avanzando magari un modello alternativo di progresso, solidale nei confronti delle realtà globali che lottano per maggiore libertà e autosufficienza: un sanfter Weg più rispettoso dell’ecosistema e «socialmente desiderabile», che privilegi i prodotti delle comunità locali e un ritorno più o meno importante «alla terra», dallo sguardo lungo e dall’energia uguale e contraria allo sviluppo roboante dello Stato-Nazione. Manca al Sudtirolo indipendentista, prigioniero di rivendicazioni monoetniche, quest’ottica più democratica e glocal, che però non troviamo neppure nell’autonomismo poco coraggioso (se non arrendevole) degli altri movimenti.

Verso l’Autonomie-Konvent.

Non c’è realismo nel credere di andare lontano, con quest’andazzo. Al Südtirol regaliamo un’utopia possibile, qualcosa di entusiasmante, che risvegli il desiderio di evoluzione, anziché puntare sulla conservazione dell’esistente. E non sarà un’operazione di facciata come l’apertura a elementi della cd. «società civile» – per ammantare d’un velo di democraticità un organismo magari freddo e distaccato, condizionato dalle logore dinamiche della dialettica etnica e partitica – a far sì che tutte/i le/i sudtirolesi si riconoscano nella «Convenzione per l’Autonomia», proposta da Francesco Palermo e ora richiamata dall’accordo di giunta. All’orizzonte non sembrano emergere figure di madri e padri costituenti; senza un «patto solidale» dalla portata quasi rifondativa, che accenda l’interesse verso la partecipazione all’autogoverno, le mediazioni nel Konvent per aggiornare lo Statuto saranno esposte, più che al fallimento, allo scetticismo e alla scarsa identificazione. Infine, per uscire dall’isolamento e scardinare il duopolio PD-SVP tra Roma e Bolzano, il pragmatismo dell’opposizione verde dovrà ispirarsi alla radicalità del pensiero ecologista e al contempo allacciare e coltivare maggiori relazioni «ad alto livello», interpersonali e internazionali: alzare lo sguardo, puntare sulle risorse migliori, comunicare, viaggiare. Altrimenti il Sudtirolo non perderà soltanto l’occasione di diventare «Capitale Europea della Cultura» (fallimento clamoroso della passata legislatura) bensì ogni fondamentale appuntamento con la nostra storia.

Ad amiche e amici di salto.bz, l’augurio di un felice anno nuovo!

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Entscheidungshilfe Parlamentswahl.

Was ist in letzter Zeit vorgefallen, woran sollten wir uns mit Blick auf die Wahlen erinnern? Eine Zusammenschau, ohne Anspruch auf Vollständigkeit:

Die Südtiroler Volkspartei lehnte im Landtag — gemeinsam mit Grünen und Demokratendas Menschenrecht auf Selbstbestimmung ab, und zwar grundsätzlich. Sie stimmte im Regionalrat mit dem Argument für die Beibehaltung der sinnentleerten Region Südtirol-Trentino, dass man doch blöd wäre, Rom zu einer Abänderung des Autonomiestatuts aufzufordern. Genau dies tut die SVP jedoch in ihrem Koalitionsabkommen mit den Demokraten, mittels dessen sie uns Südtiroler sogar zur anteilsmäßigen Übernahme der Zinsen auf die Staatsschulden verpflichtet. Die Causa SEL, die auch einen großen Teil der unbeteiligten Politiker im Lande »bindet«, braucht gar nicht gesondert erwähnt zu werden. In zahlreichen Gemeinden regierte die Sammelpartei nach wie vor mit Selbstherrlichkeit, während sie nach außen hin kaum imstande war, die Interessen des Landes zu wahren. So gelang es nicht, die Gleichstellung der deutschen Sprache, etwa bei der Integration von Zuwanderern, zu erreichen; letzteres ist ein Thema, das für die Überlebensfähigkeit einer Minderheit nicht hoch genug eingeschätzt werden kann. Die großmundig angekündigte Entfernung oder Historisierung der Monumente aus faschistischer Epoche scheiterte und wurde vom staatlichen Verhandlungspartner boykottiert. Selbst die Einrichtung einer Dokumentationsstätte unter dem Bozner Siegesdenkmal wurde kürzlich sang- und klanglos auf bessere Zeiten verschoben (einen SVP-Bürgermeister wird es womöglich freuen).
Der Plünderung des Landeshaushalts durch Mario Monti musste man weitgehend tatenlos zusehen, obwohl das Mailänder Abkommen zuvor in höchsten Tönen (Durnwalder: »sichere Finanzierung«, »Einnahmenplus«) gelobt wurde. Auch sonst mochte sich die Volkspartei nicht an alte Versprechungen erinnern, etwa hinsichtlich der Selbstbestimmung im Falle eines Vertragsbruches. Vielmehr wurden Unabhängigkeitsbefürworter — während in Europa mehrere Sezessionsprozesse fortschritten — von LH Durnwalder noch Anfang 2011 pauschal als Kriegstreiber diffamiert.

Bezeichnend auch, dass die SVP mit Mauro Minniti einen verkappten Neofaschisten mit gefährlichen Ansichten in das demokratisch wichtige Amt des Landtagspräsidenten hievte — und jetzt mit Vezzali einen Nachfolger wählte, der nicht davor zurückschreckte, die Entscheidungen des Hauses zu hintertreiben.

Die Demokraten unterstützten das Ansinnen der Regierung Mario Monti, das Prinzip des nationalen Interesses wiedereinzuführen und sogar noch zu verstärken. Überhaupt trug der PD im Laufe der letzten Monate die Politik von Mario Monti, einschließlich sämtlicher Autonomieverletzungen, bewusst mit: In dubio pro natione. Die Verabschiedung eines Gesetzes, das auch an Südtirols Schulen die anachronistische italienische Nationalhymne einführt, während der Minderheitenschutz unterminiert wird, macht die Demokraten nicht gerade zu glaubhaften Autonomisten. In der Gemeinde Brixen taten sie sich außerdem durch die anachronistische Forderung hervor, einer Militäreinheit eine Straße zu widmen — der Buchstabe »k« in der Bezeichnung einer Kletterhalle wurde hingegen als Affront dargestellt.

Der gemeinsame Kandidat von Volkspartei und Demokraten im Senatswahlkreis Bozen-Unterland, Francesco Palermo, der auch von den Grünen unterstützt wird, sprach sich mehrfach gegen die Wiedervereinigung der ladinischen Minderheit aus. In den Gemeinden Anpezo, Col und Fodom, die nach der Annexion Südtirols zum Zwecke der Assimilierung an die Region Venetien geschlagen wurden, hatte sich bei einem Referendum eine breite Bevölkerungsmehrheit für die Wiedervereinigung ausgesprochen. Palermo bezeichnete diesen Wunsch als wirtschaftlichen Opportunismus einer bereits assimilierten Minderheit — obschon etwa in Fodom Erhebungen zufolge nach wie vor mehr Ladinisch gesprochen wird, als in Ghërdeina und Badia.

Palermo sprach sich für einen dezidierten Autonomieausbau aus, stellte in einem Leitartikel für die Tageszeitung A. Adige aber auch die These auf, Südtirol müsse sich seine Autonomie verdienen. Diese abwegige Ansicht vertrat — indirekt — auch der grüne Kandidat Florian Kronbichler, der auch sonst allerlei vielsagende Abstrusitäten von sich gab. So stellte er zum Beispiel Parallelen zwischen Selbstbestimmung und Judenfeindlichkeit (wer lacht, macht sich mitschuldig) her und warnte die Grünen, man würde sie mit den Rechten identifizieren, wenn sie über die Selbstbestimmung auch nur diskutierten. Dies käme einem Bündnis mit dem »Falken« Karl Zeller gleich. Ironie des Schicksals: Nicht nur, dass Kronbichler selbst für die Grünen in die Wahl geht, nachdem diese einen Unabhängigkeitsbefürworter zu ihrer Ideenwerkstatt geladen hatten — sondern: er tritt in der Koalition aus PD, SVP und SEL auch noch als Verbündeter von Karl Zeller an.
Darüberhinaus verglich Kronbichler die Verlängerung der Landebahn am Bozner Flughafen mit der Enteignung von Obstwiesen durch den faschistischen Unrechtsstaat, bezeichnete die Deutschen pauschal als »spacconi, smaniosi di viaggiare, arricchiti e di discutibili gusti« und tat seine Sympathie für die Alpini kund. Im Falle seiner Wahl möchte er — als Vertreter Südtirols — wichtige Schutzmechanismen ersatzlos zur Disposition stellen.

Die Grünen nahmen weder in der Ortsnamenfrage, noch im Zusammenhang mit den faschistischen Relikten eine überzeugende Rolle ein. Während die Ungereimtheiten bei der Toponomastik inhaltlicher Natur waren — die Partei machte sich im öffentlichen Bereich für die Beibehaltung sämtlicher im Faschismus eingeführter Erfindungen stark und erfand dafür einen neuen, faschistisch anmutenden Slogan (ubi nomen, ibi patria) — schienen die Grünen bei den Denkmälern aus faschistischer Zeit auf Reaktion beschränkt: Konstruktive, durchaus gute Vorschläge waren nur zu hören, als eine Entfernung der Bauwerke im Raum stand.

Grüne und parteinahe Vertreter ließen durch sonderbare Auffassungen aufhorchen: Renate Holzeisen bezeichnete die Südtirolfrage als inexistent. So weit waren selbst italienische Rechtspolitiker nur selten gegangen. Die Aussage erinnert an eine ähnlich gelagerte Diagnose von Sepp Kusstatscher: Eine deutsche Minderheit könne es in Europa per Definition nicht geben, da Deutsch die meistgesprochene Muttersprache der EU sei. Damit wischte er nicht nur die Südtiroler, sondern auch die Ansprüche von Siebenbürgern, Elsässern, Schlesiern und Nordschleswigern vom Tisch. Unabhängigkeitswünsche bezeichnete er als »ewiggestrig« und »rassistisch«.

Im Zusammenhang mit dem Aufmarsch der Alpini 2012 in Bozen ist sowohl der Volkspartei, als auch PD und Grünen Verharmlosung vorzuwerfen. Sie verordneten sich — und gleich der gesamten Bevölkerung mit — Nachsicht gegenüber alten Kriegsverbrechen und nationalistischem Gehabe, wenn sie es nicht sogar befeuerten. Hauptsache Feierlaune, Ordnung, Sauberkeit und: Zusammenleben um wirklich jeden Preis.

Die Freiheitlichen legten einen Verfassungsentwurf für ein unabhängiges Südtirol vor, mittels dessen sie vorschlagen, alles zu ändern, damit alles beim Alten bleibt. Im Zusammenhang mit dem feigen Anschlag auf ein Asylantenheim in Vintl machten freiheitliche Gemeindepolitiker Aussagen, die als völlig deplaziert und menschenverachtend zu beurteilen sind. Wes Geistes Kinder sie sind, bewiesen die Blauen — falls dies denn nötig gewesen wäre — auch durch die Erhebung von Michael Demanega zum Generalsekretär: Dieser hatte erst 2011 in einem Anflug von Deutschnationalismus erklärt, er fühle sich zuerst als Deutscher und dann erst als (Süd-)Tiroler. Anstatt dringend nötige Arbeit zur vorurteilsfreien, positiven Integration von Zuwanderern zu leisten, setzten die Blauen wie gehabt auf Angst und Panikmache, womit sie dem Ziel sogar noch schadeten. Ihre nunmehr fünf Landtagsabgeordneten konnten sie indes nicht für spürbar konstruktivere Oppositionsarbeit nutzen.

Die Fünfsternbewegung (5SB) von Beppe Grillo machte in Südtirol auch damit auf sich aufmerksam, dass sie im Bozner Gemeinderat die Neofaschisten von CasaPound und CasaItalia unterstützte. Ihre Vertreter waren dagegen, die rechtsextremistischen Vereine von der Liste förderungswürdiger Organisationen zu streichen. Dass dies kein Versehen war, zeigt die Tatsache, dass 5SB CasaPound auch in der Gemeinde Bologna unterstützt hat und dass Beppe Grillo selbst keine Berührungsängste zu den Faschisten hat. Der Respekt von 5SB für öffentliches und fremdes privates Gut äußert sich unter anderem dadurch, dass sie ihre Bürgerinformationen in Bozen einfach an fremde Hauswände pappen. Im Gegensatz zu den Piraten, mit denen sie oft verglichen wird, ist die Partei von Beppe Grillo keine Bottom-Up-, sondern eine Top-Down-Bewegung mit einem starken Mann an ihrer Spitze, der ohne Angabe von Gründen und ohne Einspruchsmöglichkeit Mitglieder hinauswirft, wenn sie ihm persönlich nicht in den Kram passen. Weniger bekannt ist auch, dass 5SB für den Euroaustritt und gegen die Vergabe der Staatsbürgerschaft an Kinder von Zuwanderern eintritt.

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Wenig Demokratie.
Quotation

Es gibt nie zu viel Demokratie, sondern immer zu wenig.

Sepp Kusstatscher, Tagesschau, Rai Sender Bozen, 17.09.2009

Warum dann kein Referendum zur Unabhängigkeit?

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Vereinfacht.
Quotation

[…] Italien ist nicht Berlusconi, die Italiener werden diesen Mann abschütteln. Die Reiche, von denen man geglaubt hat, sie würden ewig währen, sind auch schnell zusammengebrochen.

Sepp Kusstatscher im ff-Interview. (ff Nr. 30, 23.07.2009)

So einfach ist das also.

Siehe auch 1›

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Zusammenhänge durchbrechen.

Wenn Sepp Kusstatscher davon spricht, ein unabhängiges Südtirol schaffe automatisch »neue Minderheiten«, so hat er wie die meisten anderen Südtiroler nicht verstanden, dass ein nicht national definiertes Land keine »nationale« Minderheit hervorbringen muss. Was freilich nicht bedeutet, dass nicht auch dort besondere Maßnahmen und Schutzmechanismen erforderlich sein können.
Umgekehrt erklärt sich jedoch die Besonderheit Südtirols im Nationalstaat Italien — und somit unser Anspruch auf Autonomie — gerade durch »nationale Andersartigkeit«. Wir genießen also eine Sonderbehandlung, die zu ihrer Rechtfertigung die konstante Unterstreichung der »Besonderheit« einfordert. Je deutscher (und ladinischer…) wir sind, desto besser ist unsere Eigenregierung legitimiert.
Somit wird samt und sonders klar, warum die Schaffung einer ungeteilten, »postethnischen« Gesellschaft gegen das Selbstverständnis, ja gegen die ureigensten Interessen dieser Autonomie läuft. Erst wenn wir den oben beschriebenen Zusammenhang durchbrechen, können wir den Weg in ein neues Südtirol ebnen. Schon viele vor Herrn Kusstatscher haben davon geträumt, »die Grenzzäune auch innerhalb Südtirols nieder[zu]reißen« — ohne Erfolg.
Denken wir die Kette logisch zurück, müssen wir zum Schluss kommen, dass es für dieses Ansinnen nur zwei Lösungswege gibt: Den durchaus legitimen Verzicht auf unsere Autonomie, oder die Abkoppelung vom Nationalstaat zur Schaffung einer drei- und mehrsprachigen Willensgemeinschaft, in der die Sprachen keine politische Bedeutung mehr haben.

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Neue Minderheiten.

Staatsgrenzen spielen doch immer weniger ein[e] Rolle, 70 Prozent der relevanten Entscheidungen werden auf EU-Ebene getroffen und ein Teil Südtirol (sic) drängt zurück in die Kleinstaaterei, zur Selbstbestimmung, die wieder neues Unrecht — neue Minderheiten — schaffen würde. Ich will keine neue Option, keine neuen Schlagbäume, ich will die Grenzzäune auch innerhalb Südtirols niederreißen. Alles andere ist ewiggestriges, rassistisches, egozentrisches Verhalten, eine ganz und gar uneuropäische Idee, die, zu Ende gedacht, wieder zu Konflikten und Kriegen führt.

Sepp Kusstatscher im ff-Interview.

Die Grünen »schaffen« es nicht, den kausalen Zusammenhang zu entflechten, den sie [mehrheitlich] zwischen Selbstbestimmung auf der einen und Kleinstaaterei, neuen Minderheiten oder Option (!) auf der anderen Seite herstellen. Diese Weigerungshaltung ist — abgesehen von den sonstigen, unfassbaren Übertreibungen in Kusstatschers Aussagen — fast schon pathologisch. Und wir schauen zu, wie die Rechten Überhand nehmen.

Siehe auch 1›

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