Come ormai arcinoto, la neo sindaca di Merano ha rifiutato di farsi indossare la fascia tricolore.
Da ciò è scaturito l’ennesimo «caso nazionale», alimentato soprattutto dalle destre — con la «sinistra» a rincorrerle (e sorpassarle) sul loro proprio terreno.
Si dice che Katharina Zeller (SVP) abbia rifiutato e quindi vilipeso un «simbolo della repubblica». Non è però un simbolo neutro, specialmente per una minoranza nazionale. Cioè: non si tratta di una fascia di un colore qualsiasi, come potrebbe esistere ed effettivamente esiste in altri paesi1Post scriptum: anche in Italia esiste la fascia azzurra per i presidenti di Provincia, ma una fascia nei colori nazionali di una sola parte.
Nel caso specifico, e le destre non ne fanno un mistero, la fascia non simboleggia tanto la repubblica, ma la nazione e la sua (presunta) indivisibilità. In senso lato la sottomissione degli uni ad opera degli altri.
(E come potrebbe essere diversamente, visto che le destre, in larga misura, dei valori fondamentali della repubblica se ne fanno un baffo?)
Esercizio
Ammettiamo pure per un attimo che la fascia sia un simbolo per così dire «neutro», che rappresenti dunque solamente la repubblica in quanto tale e non al contempo la nazione. Ammettiamo quindi, senza però concedere, che in uno stato nazionale non sia di fatto impossibile astrarre, separandole nettamente, «repubblica» da «nazione».
Ma di che cosa stiamo parlando? Di che repubblica?
Perché nessuno ha il coraggio di dire che il re è nudo, che la repubblica da tempo è stata denudata dei suoi valori?
Repubblica antifascista, si dice. Lo era probabilmente nella visione dei padri fondatori, delle madri fondatrici. Ma, alla prova dei fatti, se lo è mai stata, antifascista questa repubblica non lo è da decenni. Non c’è mai stata una rielaborazione storica degna di questo nome. La festa della liberazione è un rito cui una parte politica, quella maggioritaria da anni e ormai egemone culturalmente, partecipa con riluttanza quando lo fa.
Nel tempo le sono state affiancate ricorrenze per nulla antifasciste come quella delle foibe o, più recentemente, degli Alpini eroi al fianco dei nazisti.
Non esiste una legislazione antifascista degna di questo nome, di conseguenza movimenti e partiti neofascisti dilagano. Agiscono indisturbati, governano e hanno pervaso il dibattito politico come anche quello pubblico. Neofascisti e neonazisti operano senza dover temere lo stato — le istituzioni della repubblica — e anzi vi trovano sponde.
Le sinistre al governo hanno fatto sgomberare CasaPound? È stata dissolta Forza Nuova dopo l’assalto alla sede della CGIL? Ha avuto conseguenze la marcetta su Bolzano di pochi anni fa?
Il fatto che un sindaco, come quello neo eletto di Bolzano, sia sostenuto da fascisti dichiarati, non fa più nemmeno scalpore. Men che meno scatena reazioni indignate come quelle da cui è stata sommersa Katharina Zeller. Claudio Corrarati la fascia l’ha indossata, ed è ciò che conta anche se i valori repubblicani li ha traditi.
Non basta. La repubblica non garantisce nemmeno i diritti fondamentali. Fa peggio dell’Ungheria per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA e arriva dopo la Polonia nella libertà di stampa. Persegue le coppie dello stesso sesso e i loro figli. Non è stata capace di darsi, oltre a una legislazione antifascista, nemmeno una seria legge contro le discriminazioni. Non rispetta le sentenze della Corte europea dei diritti umani.
La repubblica tutela le minoranze linguistiche, si dice. Ma — quando va bene — fa il minimo sindacale facendolo tardi e male. Oltre a quelle che possono contare sul sostegno di potenze tutrici estere sono ormai quasi tutte largamente assimilate o a rischio scomparse. L’Italia è sostanzialmente un paese monolingue. Da decenni governi di colore politico diverso si rifiutano di ratificare la pur blanda Carta delle lingue regionali o minoritarie. Anche in questo senso la visione dei padri fondatori e delle madri fondatrici è stata disattesa.
Nello stesso Sudtirolo l’equiparazione delle lingue minoritarie a quella nazionale è negata sistematicamente, anche laddove sarebbe prevista. Le imposizioni, la sottomissione simbolica e fattuale sono costanti.
Tanto per fare un esempio: le frecce tricolori fino a prova contraria non rientrano tra i simboli della repubblica. Eppure non c’è verso di invocare la sensibilità nei confronti di quella parte di popolazione di lingua tedesca e ladina che non vuole essere costretta a «respirare il sacro tricolore».
Mi fermo qui.
Questa repubblica insomma, come accennato, è stata denudata dei suoi valori fondamentali. Non è certo una repubblica della convivenza. Il paese che ha inventato il fascismo è nuovamente tra i precursori di uno sviluppo illiberale e autoritario in Europa e nel mondo.
A questa repubblica — ma anche alla nazione — ci si chiede di aderire senza indugi, senza (possibilità di) dissentire?
Indossare il tricolore può essere più di un rito nazionalista?
Non ultimo: l’imposizione stessa non è un tradimento dei valori repubblicani?
- 1Post scriptum: anche in Italia esiste la fascia azzurra per i presidenti di Provincia
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