Sì, è vero gli italiani stanno per sparire dalle valli, vivono solo nelle città, in pratica in una piccola frazione di territorio. È un deflusso inevitabile, basta volerlo vedere.
Dice questo il professor Luca Fazzi, «ordinario di Sociologia a Trento», nell’intervista ad opera di Paolo Campostrini pubblicata sull’A. Adige di oggi. Prima di dire che «lo Statuto [di autonomia] non va riformato. Va superato.»
Eppure, secondo i dati ufficiali dell’Astat, la percentuale degli italiani dal 2001 al 2011 è aumentata ad Aldein, Andrian, Algund, Altrei, Appiano, Badia, Bolzano, Bressanone, Bronzolo, Brunico, Cortina s.s.d.v., Corvara, S. Crestina, Dobbiaco, Feldthurns, Freienfeld, Glurns, Graun, Gsies, Hafling, Jenesien, Kaltern, Kastelbell-Tschars, Kastelruth, Kuens, Laives, Lauregno, St. Lorenzen, Lüsen, Mareo, Marling, S. Martin de Tor, Merano, Mölten, Montan, Mühlwald, Nals, Naturns, Natz-Schabs, Niederdorf, Olang, St. Pankraz, Partschins, Percha, Pfalzen, Plaus, Prettau, Proveis, Ratschings, Riffian, Ritten, Rodeneck, Sarntal, Sexten, Sterzing, Terenten, Terlan, Tisens, Tirol, Tramin a.d.W., Truden, Tscherms, Urtijëi, Vadena, Vahrn, La Val, Villnöß, Völs, Vöran, Waidbruck, Welsberg-Taisten, Welschnofen. Ovvero in 72 comuni su 116 (il 62%) e in 6 comunità comprensoriali su 8.
Ma questi sono «solo» i fatti… e quelli oggigiorno sembrano non interessare più nemmeno ai professori.
11 replies on “Disagio 2.0, stop ai fatti!
Quotation”
I fatti dicono anche che in 10 anni il totale della popolazione di lingua italiana è ulteriormente calato, anche se solo di qualche decimale. Uno sguardo alla cartina di pagina 14 dello studio Astat basta poi a confermare quanto sostiene Fazzi: la presenza italiana è limitata ai centri urbani e alla Bassa Atesina. La domanda è se mai un’altra: è una novità ? A me pare di no. La presenza italiana più cospicua 20 o 30 anni fa era ‘drogata’ dal maggior numero di soldati e funzionari nei posti di confine
Peccato che Fazzi parli di «deflusso» dalle valli, quando è vero il contrario.
Naturalmente si potrebbe anche rispondere al sig. Fazzi che nella nostra società e all’interno dello Stato italiano ognuno ha il diritto di muoversi liberamente, di scegliere la propria residenza secondo le proprie preferenze, di vivere dove gli pare. In altre parole: di nuovo si drammatizza uno sviluppo che in fondo deriva dalle decisioni libere degli individui. Perché dovrebbe preoccupare qualcuno se ad un bavarese piace la Toscana e quindi si trasferisce in qualche bel posto per godersi la vita (ce ne sono decine di migliaia)? Perché dovrebbe preoccupare qualcuno se un altoatesino al posto di vivere a Moso in Passiria preferisce trasferirsi a Merano e Bolzano o anche viceversa? Sono problemi artificiali. Potremmo aspettarci dai sociologi approcci scientifici meditati, non speculazioni infondate.
Dal punto di vista sociologico, invece, sono quesiti (non necessariamente problemi) interessanti che varrebbe la pena approfondire. Vederli nella loro dimensione meramente individuale è perlomeno riduttivo ed un’approccio sociologico (non solo statistico!) al fenomeno potrebbe far emergere nuove conoscenze.
Quella di Fazzi sull’Alto Adige, invece, è un’analisi politica che avrà un suo fondamento , una sua motivazione ed un suo obiettivo, ma mi sembra abbastanza lontana da una vera analisi sociologica.
Bist nicht du der erste der Wissenschaft ablehnt?
Ehrlich gesagt bin ich vor allem dagegen, dass Wissenschaft ohne demokratischen Filter in politische Entscheidungen mündet. Und ich warne davor, Wissenschaft als etwas Objektives, Neutrales zu verstehen. Aber wenn man wissenschaftlichen Erkenntnissen widerspricht, sollte man dies aufgrund alternativer Erkenntnisse tun — und nicht auf der Grundlage von Bauchgefühlen.
Du merkst aber schon dass sich das Widerspricht?
Gegen:
Meine Meinung ist besser da “Wissenschaftlicher”
Ja, vor allem wenn du nur den ersten Teilsatz zitierst. Der ganze Satz ist schon ein bisschen differenzierter.
Ich warne nur davor, »Wissenschaft« zu verabsolutieren. Das heißt jedoch nicht, dass ich jeden Blödsinn behaupten kann… (nicht einmal Paul Feyerabends — auf den ich mich ja beziehe — bewusst verkürztes »anything goes« hat diese Bedeutung).
Es sollte schon klar sein, dass der prozentuelle Zuwachs in “Tal-Gemeinden” nicht zwangsläufig im widerspruch dazu steht, dass italiener in Städte abwandern, sondern nur als Indiz gewertet werden.
Ebenso könnte ich argumentieren, dass der Zuwachs von 0,80% in Bozen, oder 0,3% in Bruneck, 1% in Meran, 0,2% Brixen in absoluten Zahlen ausgedrückt höher ist als all deine genannten Gemeinden zusammen.
Das ist aber noch lange kein Argument für, oder gegen eine Abwanderung. Das untersuxht die Statistik nämlich gar nicht.
Wenn die Anteile an ItalienerInnen in den meisten Landgemeinden zunehmen, kann es dafür m.E. zwei Erklärungen geben:
Ganz egal welche dieser beiden Optionen zutrifft, kann man nicht davon sprechen, dass speziell die ItalienerInnen (»zugunsten« der anderen) aus den Tälern verschwänden. Und das völlig losgelöst vom Zuwachs in den Städten.
Nur mal so als Gedankenspiel.
Wenn eine angenommene Abwanderung von Bozen in die “Vallate” so groß wäre, dass die absolute Mehrheit der Italiener in der Landeshaupstadt gefährdet wäre, dann wäre es mit Sicherheit auch wieder nicht recht und das Heulen der Experten laut.