Settimana scorsa, sulla base dei dati ufficiali della Protezione civile, avevo verificato se fosse vero che il Sudtirolo stesse effettuando più tamponi di altri territori e quindi potrebbe venire penalizzato nel calcolo dell’incidenza.
Il risultato era che sì, se paragonato alle regioni d’Italia, il Sudtirolo sta effettivamente testando a un ritmo decisamente sostenuto: tra venerdì 22 e venerdì 29 gennaio qui si erano analizzati 9,06 tamponi ogni 100 abitanti, mentre Veneto e Umbria (al secondo posto) ne effettuavano 4,99 ogni 100 — il 44,9% in meno.
Per capire se l’istantanea di settimana scorsa fosse rappresentativa di una strategia prolungata o se invece fosse riferita a una situazione passeggera ho voluto ripetere l’operazione:
Test PCR e antigenici rapidi; tasso ogni 100 abitanti; dati: Protezione civile; popolazione: ECDC.
Risultato: osservando i test realizzati tra mercoledì scorso (27 gennaio) e ieri (3 febbraio) si ha, addirittura, un’ulteriore accelerazione nei tamponi effettuati in Sudtirolo (9,24 ogni 100 abitanti) e un contemporaneo leggero rallentamento dell’Umbria al secondo posto (4,96 ogni 100) con un divario che cresce oltre il 46,3%.
Insomma, il Sudtirolo da settimane sta testando a un ritmo quasi doppio rispetto alla prima regione italiana che lo insegue. Ma ce ne sono altre che vanno ancora molto più lentamente. E allora pare ovvio che osservare la sola incidenza infettiva, senza tenere in debito conto il numero di tamponi effettuati, può generare risultati fuorvianti.
Attenzione: con ciò non intendo insinuare che la situazione in Sudtirolo non sia grave e che non ci sia bisogno di ulteriori misure di contenimento, ma solamente avvertire di un possibile problema legato al confronto dei dati epidemiologici tra territori diversi.
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