Alla Treccani — che si occupa di lingua, cultura e sapere — hanno pensato bene di corredare della seguente citazione, connotata dal più becero suprematismo linguistico e culturale, la voce sulla sardofonia:
[A]lcune di quelle lingue, minoritarie in Italia, sono maggioritarie in altri Paesi (tedesco, sloveno, catalano) e quindi si possono considerare «seconde lingue» a tutti gli effetti: insomma, consolidandone la conoscenza si acquista una carta in più per la vita e il lavoro. Altre (friulano, sardo con le sue varietà) sono invece (ebbene sì!) lingue puramente locali, che non si usano da nessun’altra parte del mondo. Considerarne la pratica come un arricchimento è a dir poco un po’ esagerato: avere insieme «più sardofonia e più anglofonia» (come profetizza l’assessora regionale sarda all’Istruzione) non è un progresso, è solo patetico.
— Raffaele Simone, ‘Messaggero’ (1.10.2017)
Va da sé che questa «analisi», base culturale per qualsiasi politica di assimilazione, varrebbe anche per il ladino.
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