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Matrice di guerra con continuità storica.
Invasione russa in Ucraina

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La guerra di aggressione russa in corso contro l’Ucraina era inimmaginabile fino al 24 febbrario 2022, ma ci sono evidenti continuità nelle guerre condotte dalla Russia contro popoli vicini.

L’insurrezione polacca del 1831: una guerra di militari contro militari

Dopo il Congresso di Vienna del 1815, la Polonia era rimasta parte dell’impero zarista ma era diventata anche un campo sperimentale di riforme liberali. A differenza della Russia centrale, i polacchi avevano una propria costituzione, un proprio parlamento e persino un proprio esercito. Ma ben presto il regno più liberale della Polonia entrò in feroce conflitto con l’impero zarista governato in modo autocratico. Il 25 gennaio 1831, con un atto senza precedenti, i deputati polacchi dichiararono lo zar russo deposto come sovrano della Polonia. Come risposta la Russia dichiarò guerra ai polacchi. 130.000 soldati russi avanzarono sulla Polonia, il cui esercito contava solo 30.000 soldati. L’esercito russo assediò Varsavia per mesi, la richiesta di aiuto del parlamento polacco rivolto ai governi europei rimase inascoltata, e la solidarietà dell’Europa fu mostrata solo nei convogli di medici da Parigi a Varsavia. Nella guerra della Russia contro la Polonia del 1831, il nemico era l’esercito polacco, la popolazione civile polacca a differenza di oggi fu ampiamente risparmiata, e la legge di guerra dell’epoca fu rispettata. Ma alla fine l’impero zarista comunque impose la sua legge.

Caucaso 1830-1860: una guerra a lungo termine

Allo stesso tempo della guerra in Polonia, l’impero zarista era in guerra anche nel sud-est, cioè nel Caucaso. Tra il 1830 e il 1860, la Russia condusse una guerra contro le milizie musulmane ribelli per oltre 30 anni, che degenerò in una guerra contro l’intera popolazione civile della regione del Caucaso. Prima, i ceceni e i daghestani avevano già combattuto l’esercito russo per 20 anni per scrollarsi di dosso il dominio degli zar. I russi nel 1845 avevano concentrato più di un quarto del loro intero esercito, allora il più grande del mondo, ai piedi del Caucaso. 200.000 soldati russi scesero in campo contro circa 40.000 miliziani caucasici. Ma anche questo evidente squilibrio militare non consentì ai russi di sfondare nelle montagne del Caucaso.

Solo l’attacco mirato ai mezzi di sussistenza della popolazione caucasica portò ad una svolta. Un nuovo governatore russo fece abbattere sempre più foreste su vaste aree del Caucaso, il che spinse i ceceni sempre più in alto nelle montagne. La foresta era il mezzo di sussistenza centrale dei popoli di montagna del Caucaso, e la loro economia crollò passo per passo. Ma la resa dei popoli di montagna nel 1859 non segnò la fine della guerra della Russia nel Caucaso. Rivolte permanenti continuarono a scuotere la regione del Caucaso per decenni fino alla prima guerra mondiale. Un secolo più tardi, dopo la caduta dell’Unione Sovietica, nel 1994 i ceceni hanno ripreso questa lotta per l’autodeterminazione. Ma dopo due guerre, nel 2009 i ceceni furono nuovamente sconfitti. Nella seconda guerra di Cecenia, scatenata da Putin appena eletto presidente, ancora più spietata e lunga, la capitale Grozny venne rasa al suolo e almeno 80.000 vittime rimasero sul campo.

La violenza contro l’Ucraina all’interno dell’URSS: una guerra contro la popolazione civile

Oltre all’asimmetria degli avversari e all’attacco pianificato alla popolazione civile attaccando i mezzi di sussistenza, nel Caucaso del XIX secolo è mersa un’altra caratteristica delle guerre della Russia ai suoi margini: transizioni fluide tra guerra e pace, come abbiamo osservato anche nel Donbass dal 2014. Come successore dell’impero zarista, l’Unione Sovietica intraprese azioni militari, soprattutto nel sud del suo territorio, perché Stalin temeva una secessione degli ucraini. I comunisti nazionali e i contadini ucraini nel 1932 si erano sollevati contro la collettivizzazione forzata voluta dal regime comunista a Mosca e sembravano minacciare il controllo russo sulla Repubblica Sovietica Ucraina. I contadini e gli ucraini dovevano essere puniti per questo. I villaggi e i contadini, come incarnazione di entrambi, diventarono l’obiettivo centrale da schiacciare. Questa volta lo strumento di guerra centrale fu la fame. Tutti i villaggi dovevano consegnare un dazio sul grano che li lasciava privi di alimentazione. Tutto il commercio di cibo con la popolazione rurale ucraina venne bloccato. Mentre centinaia di migliaia di contadini fuggivano in Bielorussia, le truppe sovietiche sigillarono militarmente l’Ucraina per impedire le fughe e per evitare che le informazioni sulla carestia e la morte di massa raggiungessero il mondo esterno. Alla fine del 1933 circa cinque o sei milioni di ucraini erano morti di fame. Questa catastrofe da parte degli ucraini fu poi chiamata Holodomor, che significa «guerra della carestia».

Vittime del Holodomor a Charkiw 1933 (Autore: golodomorkharkiv.jpg. Fonte: eu.gariwo.net/education/insights)

Il termine «Holodomor» ufficialmente autorizzato solo nel 1987

Anche se i diplomatici e i giornalisti stranieri erano a conoscenza dei fatti all’epoca, la fame sistematica usata dal regime di Stalin come arma contro gli ucraini è rimasta sconosciuta in Occidente fino al 1990. Come ha fatto la leadership sovietica a far passare la bugia che non c’era stata nessuna guerra della fame? Proprio come oggi in Russia è vietato usare la parola «guerra» per l’invasione russa dell’Ucraina, il termine «Holodomor» fu vietato dalle autorità sovietiche all’epoca. Chiunque usasse la parola rischiava cinque anni di prigione.

Perché è rimasto talmente sconosciuto questo grande crimine del regime di Stalin? Solo nel 1987 fu permesso di usare la parola «Holodomor» pubblicamente nell’Ucraina ancora sovietica. In secondo luogo, le autorità sovietiche distrussero i libri comunali dei defunti del 1932/33, passo importante per nascondere i fatti. Successivamente, il governo di Mosca vietò a tutti i giornalisti e osservatori stranieri di entrare in Ucraina. Dopo tutto, l’inedia deliberata della sua stessa popolazione all’inizio del XX secolo era ancora al di là dell’esperienza occidentale. Inoltre, l’Ucraina era considerata non solo da Stalin, ma anche dall’Occidente, non una nazione indipendente, ma semplicemente una parte integrante della Russia. Nella guerra della fame contro i villaggi ucraini, la matrice di fondo delle guerre russe alla periferia del regno è emersa più chiaramente. La guerra contro le società alle sue periferie è sempre stata anche una guerra contro le popolazioni civili. Tuttavia, bisogna anche ricordare che la Russia dai tempi di Napoleone è stata attaccata più volte dalle grandi potenze europee e nella seconda guerra mondiale ha pagato il più grande tributo di sangue di soldati e civili (17-25 milioni di persone).

Dal 1991 l’Ucraina non è più una periferia dipendente dal potere centrale

Avversari ineguali, asimmetria del potere militare, transizioni fluide tra guerra e pace, negazione della legittimità del diritto internazionale alla parte più debole, divieto di nominare i fatti e di riferire all’interno come all’esterno, e soprattutto: fare della popolazione civile il bersaglio della guerra. Questa matrice di guerra dell’impero russo ai suoi margini caratterizza anche l’attuale guerra in Ucraina. Ma a differenza dei secoli XIX e XX, l’Ucraina oggi non è più una periferia dipendente di un potere centrale onnipotente. Anche se l’asimmetria militare degli avversari rimane grande, il potere comunicativo dell’interpretazione oggi è chiaramente dell’avversario più debole, la cui legittimità nel diritto internazionale è riconosciuta a livello mondiale. Ma soprattutto, la guerra contro l’Ucraina è diventata in pochi giorni il simbolo di una guerra contro la libertà e la democrazia che il governo russo sta conducendo anche in patria, e quindi una guerra contro tutti noi. E a differenza della guerra di carestia degli anni 1932-1934, e a differenza dall’interesse molto limitato nei confronti della guerra russa nel Donbass che dura dal 2014, stavolta non possiamo più essere indifferenti.

La guerra d’Ucraina nella tradizione imperialista degli zar, di Stalin e dello stesso Putin

Uno sguardo al passato, tuttavia, mostra che non abbiamo affatto a che fare con un nuovo tipo di guerra da parte del presidente russo, come attualmente si afferma spesso. La guerra iniziata il 24 febbraio 2022 si inserisce in una continuità di guerre che l’impero zarista e l’Unione Sovietica hanno condotto per due secoli contro le società alla periferia del proprio impero o delle regioni vicine ogni volta che sembravano minacciare il potere del centro autocratico. Come si può notare ora, la guerra nel Donbass dal 2014 è stata solo la prova per l’attacco generale che si sta svolgendo oggi. Non è solo la guerra di Putin. È la guerra di un sistema autocratico contro i vicini e i loro civili che rifiutano quel sistema. È la guerra di un regime che usa la sua interpretazione della storia della Russia come ex grande potenza e la sua visione del futuro di una Grande Russia risorgente, «Russki Mir», come legittimazione della sua nuova pretesa imperiale. La pretesa di dominio della Russia di Putin. Finché Putin sarà in grado di occupare permanentemente dei territori ai margini del suo «impero», di annettersi illegalmente dei territori, di intervenire militarmente e impunemente a favore di vassalli (Assad nella guerra civile siriana, Kazakistan), continuerà in questo stile. Questo può cambiare con la guerra di aggressione in Ucraina, perché l’Occidente sta ora imponendo sanzioni più efficaci. Tuttavia, ci si chiede perché la Russia sia stata autorizzata a bombardare i civili siriani per 10 anni (e direttamente con cacciabombardieri russi pilotati da piloti russi), perché ha potuto armare le fazioni estremiste del Donbass e alimentare una guerra a bassa intensità all’interno dell’Ucraina per otto anni, e perché le sanzioni economiche di oggi non vennero imposte da subito dopo l’annessione della Crimea nel 2014.

Una vendetta dell’autocrazia russa

«Operazione militare speciale» è stata definita dal Cremlino la guerra di aggressione contro lo stato sovrano dell’Ucraina scatenato il 24 febbraio. In una prospettiva storica questa guerra contro gli ucraini – sì, le scene orribili da Charkiw, Mariupol e Irpin confermano che si tratta di una guerra contro tutta la popolazione civile – si presenta come un’operazione di punizione collettiva di un’intera comunità nazionale, «rea» di non essersi inserita come suddito nel sistema di potere di Putin. Dato che nessun politico russo si farà illusioni che la popolazione ucraina dopo tanta violenza subita nella storia potrà avere un rapporto «normale» con l’autocrazia russa, la guerra di aggressione si spiega con la pura volontà di punizione e vendetta. In altri termini: ci troviamo di fronte ad un atto nato dalla costruzione ideologica dell’attuale leadership russa di una rinata «Russki Mir», progetto fallimentare che affascina nessun altro che Lukashenko, e dato che l’impero russo non riesce più a soggiogare i popoli vicini come i polacchi negli anni 1830, i popoli caucasici nel 1860, popoli siberiani nel corso dell’Ottocento e gli ucraini nel secolo XX, li punisce come «traditori» con violenza autodistruttiva che a medio termine si rivolgerà contro la Russia stessa, impoverendola a causa dell’isolamento creato dai suoi governanti. La mancata ri-elaborazione della propria storia all’interno della società russa – soprattutto quella del Holodomor nel caso dell’Ucraina – produce nuovi crimini nel presente. Tragico.


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