In der heutigen Südtirolbeilage des Corriere ist ein Artikel von Roberto Toniatti über die sogenannte »Schutzklausel« erschienen, die die Autonomiestatute vor einseitigen Änderungen durch den Staat schützen soll. Bekanntlich wird die von der Regierung Renzi verabschiedete Verfassungsreform nur nach einer — einvernehmlich zu erfolgenden — Anpassung der Statute auch auf die jeweiligen autonomen Gebiete zur Anwendung kommen.
Toniatti, Professor an der juristischen Fakultät der Universität Trient, weist in seinem Beitrag jedoch darauf hin, dass der sogenannte »Bressa-Verhandlungstisch« bereits eine einschränkende Interpretation der Schutzklausel vorgenommen habe. Diese Interpretation sei im Endbericht des Verhandlungstisches enthalten, der als wissenschaftliche Publikation veröffentlicht und auch schon zahlreich zitiert worden sei: Demnach hätten die Sonderautonomien kein Veto-, sondern nur ein beschränktes Verhandlungsrecht. Kommt es zwischen Staat und autonomer Region/Provinz schlussendlich zu keiner Einigung, könne das Parlament (mit absoluter Mehrheit) trotzdem zur einseitigen Änderung des Statuts schreiten. Auch das Recht auf ein Referendum gebe es nicht.
So gesehen, schreibt Toniatti, sei die Schutzklausel weniger an tatsächliche Rechte, als vielmehr an politisches Vertrauen geknüpft. Ein politisches Vertrauen — füge ich hinzu — mit dem wir schon in Vergangenheit schlechte Erfahrungen gemacht haben, man denke nur an das Mailänder Abkommen.
Eine Gefahr sieht Toniatti darin, dass Südtirolkonvent und Trentiner Consulta vorauseilend auf einen dezidierten Ausbau der Autonomie verzichten, um das erforderliche Einvernehmen nicht zu gefährden.
2 replies on “»Schutzklausel« fußt vor allem auf: Vertrauen.”
Non credo ci sia un vero pericolo che le richieste di maggiore autonomia della Convenzione vengano ridimensionate dalla paura che lo Stato non le accetti. Basta guardare il gioco a ribasso che già si è svolto in questi anni nel dibattito pubblico. SVP in testa.
PD e Verdi alla fine difendono l’autonomia un po’ come i neofascisti condannano le leggi razziali. Devono farlo per non immolarsi politicamente, ma in fondo, basta raschiare un po’ la vernice che la ruggine vien allo scoperto.
La cosa sarebbe molto semplice: se lo Stato non accetta le proposte, si discute pacificamente. Se non si arriva ad un accordo si può pensare ad un braccio di ferro prolungato o a qualche a qualche forma di protesta. E’ un po’ quel che succede quando ci son due parti in causa. Se i sindacati avessero sempre avuto paura che gli industriali non accettassero, si lavorerebbero 60 ore a settimana per 500 euro al mese. Alla fine, a ragion veduta, solo un padrone sciocco potrebbe ancora sognare condizioni del genere; e d’altra parte solo uno Stato miope potrebbe non vedere di buon occhio lo sviluppo di uno dei suoi territori.
L’aggiornamento qua posto è che la questione della clausola di salvaguardia non è questione di diritto scontato ma di fiducia politica. Nient’altro è l’argomento da te posto.