Con la mano sinistra si officia […] il ricordo, la memoria, la celebrazione delle vittime, mentre con la destra si prosegue il lavoro per consolidare quella tesi che nel passato ha dominato, oppresso, aggredito e schiacciato i corpi e le anime degli oppressi e dei subalterni.
Che spesso venga utilizzato proprio il ricordo straziante delle vittime per realizzare questa implicita finalità di dominio, fa parte dell’arte del ricordo imperiale e coloniale, inteso come strumento egemonico proprio di un dato sistema di potere che si auto alimenta appunto rappresentandosi non solo come giusto, equo e garante dei diritti di tutti nel presente, ma anche come angelo vendicatore delle sofferenze e delle angherie che nel passato hanno dovuto subire gli ultimi, i diseredati, i subalterni.
Dieci febbraio
[U]n’accurata selezione di alcuni specifici episodi violenti commessi dai partigiani jugoslavi verso alcune centinaia di italiani (in buona parte compromessi direttamente o indirettamente con l’occupazione fascista) serve non tanto a ricordare il dolore patito dalle vittime o a condannare in generale la guerra che porta con se sempre ingiustizia, orrore e disastri a tutte le parti coinvolte, quanto a rimuovere la sistematica e pluridecennale opera di pulizia etnica compiuta dall’Italia liberale prima e fascista [poi] nei territori del confine orientale (da Gorizia a Trieste, fino a Fiume e a Pola), i crimini di guerra compiuti dall’esercito italiano nel periodo dell’occupazione della Jugoslavia e a screditare l’unica resistenza europea capace di contrastare senza alcun aiuto esterno il nazifascismo.
da Il ricordismo come rimozione dei subalterni e delle loro ragioni, Cristiano Sabino, Filosofia de Logu
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