Finalmente! Anche nella comunità italofona del Sudtirolo, per quanto riguarda la toponomastica, si stanno facendo strada posizioni di buonsenso, pur con sfumature diverse, ma tutte quante volte a smentire — una volta per tutte — l’irrinunciabilità del prontuario protofascista del Tolomei. Queste posizioni, a dire il vero, ci sono sempre state, ma per troppo tempo hanno lasciato il dibattito pubblic(at)o in mano ai più estremi difensori dell’eredità di uno «scienziato pazzo».
Ancora lunedì di questa settimana il consigliere provinciale Alessandro Urzì (AAnC), durante la trasmissione Runder Tisch di Rai Südtirol, faceva notare come tutti i toponimi fossero stati prima o poi inventati — con lo scopo evidente di negare, ancora una volta, qualsiasi differenza tra la stratificazione storica e l’opera di snazionalizzazione fascista.
In contrasto, fa piacere notare come ultimamente si siano moltiplicate le esternazioni favorevoli almeno a un ridimensionamento (più o meno drastico) di un «patrimonio» ormai indifendibile: Alle voci fuori dal coro (un coro fino a poco tempo fa parecchio assordante) di personaggi tanto diversi fra di loro come Nicolò Rasmo, Gianni Lanzinger, Sandro BX o la traduttrice Giovanna Rinaldi si stanno così aggiungendo il presidente della consulta giovanile di Merano, Daniele di Lucrezia, Alberto Stenico (che pochi giorni fa si è ironicamente definito un «disfattista toponomastico») o il pd Massimo Mollica che in un commento scrive:
Fate come volete, comunque io Amaten mi rifiuto di chiamarlo Ameto.
Ed è di oggi la notizia del tutto significativa di un’incoraggiante presa di posizione di Carlo Bertorelle, Enzo Nicolodi e lo stesso Alberto Stenico, rappresentanti del mondo associativo di lingua italiana in Sudtirolo.
Non che dubitassi dell’esistenza di questo buonsenso, ma era ed è fondamentale che esca allo scoperto e si contrapponga all’intransigenza dei retrogradi. È un bene che finalmente stia accadendo.
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