Su pressante e insistente richiesta del diretto interessato, un giurista, mi sono appena visto obbligato a ritirare, cancellandolo, un articolo nel quale lo accusavo di diffondere inesattezze.
Purtroppo in un caso simile ero già stato querelato da una personalità sudtirolese, e in tale situazione mi sono dovuto rendere conto, sulla mia pelle, di alcune particolarità — che io non esiterei a definire assurdità — della legislazione italiana concernente la libertà di opinione, di espressione e di stampa:
- Chi viene accusato di diffamazione (non so se diffamazione sia il termine giuridico corretto, ma non importa) in Italia non ha la facoltà di dimostrare la veridicità delle proprie affermazioni innanzi al giudice. Altrimenti detto: se io critico qualcuno in pubblico, ciò che dico su tale persona può anche corrispondere al vero, ma la veridicità o meno delle mie affermazioni non cambia di una virgola l’eventuale diffamazione.
- Se la diffamazione o lo screditamento avviene a mezzo stampa o con qualsiasi altro mezzo accessibile al pubblico, le pene e le multe sono aumentate.
- La legge protegge maggiormente le persone appartenenti alla vita pubblica, ovvero che detengono un incarico pubblico. Anche in questo caso le pene e le multe sono maggiori. Per logica dovrebbe essere il contrario, giacché un politico o il membro di un organo pubblico dovrebbero essere sottoposti a controllo e a critica.
- Il gestore di un blog, per quanto riguarda le sue responsabilità penali e civili, è equiparato al direttore di una testata giornalistica. Non c’è differenza tra me e il direttore del Corriere della Sera, per dire.
Queste peculiarità, che a mio avviso minano fortemente la libertà di espressione, non sono solo altamente problematiche a mio insignificante giudizio, ma sono state variamente criticate a livello internazionale.
Dal mio punto di vista posso solo evidenziare come la particolare legislazione italiana mi sia già costata parecchio in termini di tempo, di nervi e di soldi (tra spese legali e risarcimento), e questo nonostante la questione si fosse risolta con un accordo in via extragiudiziaria.
Infine, e questo mi preoccupa davvero, ogni critica espressa sul blog — che essa sia sostenuta o meno dai fatti — potrebbe in teoria sfociare in una querela. Se, nonostante i contenuti di questo sito non certo improntati al servilismo e all’autocensura, questo non avviene con molta più regolarità, devo ringraziare quelle persone (esponenti politici imprimis) che tengono alto il diritto alla critica, la dialettica e la libertà di espressione nonostante la legislazione italiana.
Non avendo a disposizione grosse somme o il sostegno gratuito di qualche giurista, nel dubbio mi vedo costretto ad agire come nel presente caso, autolimitando i miei diritti a prescindere da ciò che veramente penso.
Sì, questo è uno di quegli ambiti in cui credo che la nostra appartenenza all’Italia rappresenti un vero limite alla libertà.
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