In un articolo intitolato I colonialisti cambiano i nomi: così la lingua diventa un’arma, apparso qualche mese fa (il 23 febbraio 2025) sul quotidiano Domani, Raffaele Simone commenta la decisione di Donald Trump di cambiare nome al Golfo del Messico e al Denali, non appena insediatosi.
Da secoli la mente del colonialista funziona così: non solo disegna a piacimento mappe e confini di territori e stati, sposta popolazioni o le deporta, ma intacca, altera e magari distrugge gli oggetti simbolici di un popolo o di una cultura, quelli che ne esprimono in modo sintetico l’identità e il carattere. Siccome queste operazioni non danno niente ai connazionali mentre tolgono qualcosa di vitale ai popoli soggetti, il loro valore è puramente negativo, serve solo a indicare potestà e imperio.
– Raffaele Simone
enfasi mia
Louis-Jean Calvet nel suo libro Linguistica e Colonialismo (Mazzotta, 1974) avrebbe battezzato «glottofagia» questa tecnica.
Tra gli altri esempi, Raffaele Simone fa notare anche che è «ancora operante la decisione fascista di italianizzare i nomi geografici del Sudtirolo diventato italiano» sulla base del lavoro svolto «dal dialettologo fascista Ettore Tolomei».
La stessa operazione, del resto, fu ripetuta a partire dal 1941 nell’area dei Balcani occupata dai fascisti.
– Raffaele Simone
Infine, cita anche l’intitolazione dell’aeroporto di Milano Malpensa al pregiudicato Silvio Berlusconi, le intitolazioni di vie a Giorgio Almirante (come a Viterbo), la dedica di un sacrario al generale Rodolfo Graziani o le strade che tutt’oggi (come l’Amba Alagi a Bozen/Bolzano) portano nomi che ricordano vittorie e massacri nelle colonie d’Africa.
L’obelisco del Foro Italico a Roma, dedicato a Mussolini e con tanto di scritta DUX, sopravvive indenne, così come il sacrario fascista ai caduti [il cosiddetto Monumento alla Vittoria] di Bolzano.
– Raffaele Simone
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