Nell’edizione odierna anche la Tiroler Tageszeitung (TT) riferisce dell’idea di Ingrid Beikircher, vicepresidente dell’AVS, di rinominare molti rifugi alpini in Sudtirolo. Me lo ha fatto notare un lettore di , Martin Piger. Accanto a un’intervista con Beikircher stessa, che difende la sua proposta, il quotidiano nordtirolese fa notare che in Austria non ci sono attualmente idee simili. Anche perché lì i rifugi non sono mai stati confiscati e rubati alle sezioni germaniche di cui portano il nome, che quindi tutt’ora continuano a gestirli.
Tuttavia, fa notare la TT, in passato alcuni rifugi hanno comunque ottenuto un nuovo nome, ultima la Heinrich-Hackel-Hütte nel vicino Salisburghese, che da quest’anno si chiama Sölden-Hütte, in quanto Heinrich Hackl negli anni ’20 del secolo scorso da funzionario dell’Alpenverein si sarebbe macchiato di affermazioni e atti antisemiti.
In Sudtirolo una rielaborazione storica manca completamente. Non solo fino ad oggi i rifugi alpini, oltre ai nomi storici, portano quelli imposti in epoca fascista, e già questo è grave. Ma non sono mai stati modificati nemmeno quelli più offensivi e problematici come quelli
- della Dreizinnenhütte, in italiano rifugio Antonio Locatelli, intitolato a un criminale di guerra;
- del rifugio Emilio Comici, di proprietà privata, intitolato a un alpinista ammiratore di Benito Mussolini e podestà fascista di Sëlva;
- della Zsigmondy-Hütte, in italiano rifugio Zsigmondy-Comici, anch’esso intitolato allo scalatore Emilio Comici;
- del bivacco Reginaldo Giuliani, inaugurato nel 1935 e dedicato a un predicatore militare convintamente fascista morto nella guerra d’aggressione in Etiopia.
Forse ve ne sono altri, ma questi sarebbero senz’altro i nomi da eliminare con maggiore urgenza. Mentre il rifugio Emilio Comici è privato e il Zsigmondy-Comici qualche anno fa è passato dal CAI alla provincia di Bolzano, la Dreizinnenhütte e il bivacco Reginaldo Giuliani sono tutt’oggi proprietà del Club Alpino Italiano.
Proprio ieri l’edizione sudtirolese del Corriere riferiva che secondo Carlo Alberto Zanella, presidente del CAI in Sudtirolo, i nomi dei rifugi del suo sodalizio vanno bene così come sono e di modificarli non se ne parla.
Cos’altro aspettarsi d’altronde da un’associazione che non solo non ritiene problematiche le invenzioni di Tolomei imposte dai fascisti, ma esige addirittura con grande veemenza che vengano mantenuti e utilizzati.
Chiedere una generica «regionalizzazione» delle denominazioni senza avere il coraggio di puntare il dito contro le ingiustizie che da decenni persistono è un esercizio superficiale che come società non ci porta da nessuna parte.
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