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  • Apologeta della Resistenza.

    Documenti dell’odio giudaico.
    «I ‘Protocolli’ dei Savi di Sion»

    Sono i «Protocolli dei Savi di Sion» un documento dell’internazionale ebraica contenente i piani attraverso a cui il popolo ebreo intende giungere al dominio del mondo. La logica costruzione del testo trae ragione e causa da un esame critico e profondo della realtà del mondo e della natura umana. Non vi sono perciò ragionamenti aprioristici ed astratti, ma solo studio, critica, deduzione e, come ultimo risultato, la proposizione. Il povero «gojm» o «gentile» così il testo chiama i non ebrei, leggendo quei «Protocolli» rimane al tempo stesso stupito ed atterrito. Anche se è in grado di sceverare da ciò che ha effettivo valore tutto quello che può essere enfasi ieratica o presunzione propria di chi si crede prediletto da Dio, il lettore ariano rimane impressionato dinanzi ad un opera così macchinosa e gigantesca, così ammalata di criminalità con tanta tenacia e spaventosa perseveranza condotta attraverso ai secoli da esseri che si sono sempre tenuti nell’ombra ed al riparo di propizi paraventi. Il testo, dopo aver enunciato il principio che diritto è uguale a forza, descrive i mezzi ed indica i risultati a cui il popolo ebreo è già arrivato e quali mete dovrà ancora raggiungere per possedere il monopolio della forza, cioè del diritto, cioè del dominio del mondo. In questo intento il popolo eletto, sparsosi per volontà di Dio in tutte le parti del mondo, ha lottato e lavorato per allontanare i «gentili» sempre più da una visione realistica della vita, per gettarli in braccia all’utopia, per indebolire la forza dei loro governi e per carpire nel frattempo le loro sostanze per mezzo della speculazione. Lungo tempo è durata la preparazione consistente nella formazione di un reticolo capillare, unito negli intenti e potente nella finanza; quindi ha avuto inizio l’opera di dissolvimento. I primi ostacoli da abbattere erano le due forze dell’aristocrazia e del clero. Gli ebrei preparano la rivoluzione francese; l’aristocrazia cade nelle loro mani per mezzo del denaro, il clero viene combattuto e discreditato per mezzo della critica e della stampa.
    Il malgoverno da essi prodotto stanca e disgusta il popolo.

    Gli ebrei lanciano allora il grido: «Libertà, eguaglianza, fratellanza».
    La massa illusa e piena di speranza abbatte le solide istituzioni e prepara il campo a quelle forme di governo liberali e democratiche in cui gli ebrei, padroni dell’oro, divengono i dominatori. Dice il testo: «Abbiamo trasformato i loro governi in arene dove si combattono le guerre di partito» e più oltre «l’abuso di potere da parte dei singoli farà crollare tutte le istituzioni». Un gran passo è già stato fatto, ma altre forze sono ancora da abbattere: la famiglia e la religione. Menti ebraiche preparano allora e confezionano per i veramente ingenui «gentili» un’altra più affascinante utopia: il collettivismo. Cervelli ebraici dirigono la rivoluzione bolscevica, banchieri ebraici la finanziano. Dice il testo: «Lasceremo che cavalchino il corsiero delle vane speranze di poter distruggere l’individualità umana». Quando non esisteranno più nerbi di forza che si possano opporre, quando i popoli saranno esasperati dal fallimento di queste teorie e delle forme di governo che ne sono la conseguenza, allora, con la forza del denaro, gli ebrei imporranno la loro autocrazia, solida, forte e decisa, unita nella persona del monarca del sangue di Davide, imperniata sulla divisione gerarchica delle caste. Non tutti i «gentili» – per sfortuna degli ebrei – sono stati però degli «ingenui» o «zucche vuote» come essi amano chiamarli. Anche essi, o almeno una parte di essi ha saputo guardare il viso non amabile forse, ma pur tuttavia immutabile, della realtà. Un colpo tremendo deve aver subito il cuore ebreo nel vedere sorgere un movimento, quale quello fascista che denunciava la inconsistenza pratica della parola libertà nel campo politico dove gli uomini sono in tal modo costrutti da trasformare la libertà loro accordata in anarchia. Una rabbia immensa deve aver riempito il cuore degli anziani di Sion, nel sentire dei non ebrei dire che il comunismo è un utopia irraggiungibile e che le sue applicazioni pratiche sono costruzioni meccaniche e crudeli dove milioni di schiavi lavorano per una minoranza di dirigenti (ebrei).

    L’odio di chi vede svelati i suoi piani è enorme, l’odio di chi vede rovinati i propri piani è tremendo.
    Questo odio degli ebrei contro il fascismo è la causa prima della guerra attuale. La vittoria degli avversari solo in apparenza, infatti, sarebbe una vittoria degli anglosassoni e della Russia; in realtà sarebbe una vittoria degli ebrei. A quale ariano, fascista o non fascista, può sorridere l’idea di dovere in un tempo non lontano essere lo schiavo degli ebrei? E’ certo una buona arma di propaganda presentare gli ebrei come un popolo di esseri ripugnanti o di avari strozzini, ma alle persone intelligenti è sufficiente presentarli come un popolo intelligente, astuto, tenace, deciso a giungere, con qualunque mezzo, al dominio del mondo. Sarà chiara a tutti, anche se ormai i non convinti sono pochi, la necessità ineluttabile di questa guerra, intesa come una ribellione dell’Europa ariana al tentativo ebraico di porla in stato di schiavitù.

    Giorgio Bocca

    Letteralmente pazzesco.



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  • Gedenken ans Pogrom.

    Auch im Bundesland Tirol wird heute der Reichskristallnacht von 1938 gedacht: Noch vor gerade einmal siebzig Jahren war es möglich, dass auch dort zahlreiche jüdische Mitbürger brutalst schikaniert, verfolgt, verhaftet und ermordet wurden.

    Tirol war — gemessen an seiner jüdischen Bevölkerung — sogar reichsweit einer der blutigsten Schauplätze jener Schreckensnacht.

    Zu diesem Anlass wird im Festsaal der Theologischen Fakultät in Innsbruck heute Abend eine Gedenkveranstaltung stattfinden, die ganz im Zeichen des Komitees für christlich-jüdische Zusammenarbeit steht, welches 1989 auf Anregung des damaligen Bischofs Reinhold Stecher als entscheidender Brückenschlag zwischen den Religionen gegründet wurde. Erwartet werden hochrangige Vertreter von Politik und Zivilgesellschaft, bis hin zu Bürgermeisterin und Landeshauptmann.

    An der Medizinfakultät wird außerdem ein Mahnmal enthüllt, das an die vom NS-Regime ausgegrenzten und vertriebenen Professoren, Studenten und Ärzte erinnern soll.


    Im südlichen Tirol wurde dagegen noch immer keine öffentliche und offizielle Geste der Versöhnung und der Entschuldigung getan. Zwar gab es hier keine Reichskristallnacht, da wir dazumal eben nicht Teil des Reiches waren. Die Judenverfolgung, die an jenem Datum symbolisch und faktisch losgetreten wurde, setzte jedoch spätestens zur Zeit der Operationszone Alpenvorland ein — mit tatkräftiger Unterstützung von Südtirolern.

    Cëla enghe: 01 | 02 03



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  • Yes, he could…

    Doch hätte er auch hier bei uns gekonnt? Wohl nicht. Die meisten Europäer haben sich Barack Obama gewünscht: Als Präsidenten der Vereinigten Staaten. Dagegen gelten in weiten Teilen unseres Kontinents noch immer Vorbehalte gegenüber Andersfarbigen. Und die Maxime: Einheimische zuerst!


    Feuilleton/ Grundrechte/ Politik/ · · · · · ·

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  • Berührungsangst.

    Als ich neulich festgestellt habe, dass ich nicht der einzige bin, der den Kommentar von Robert Menasse in sein Blog gestellt hat, hat mich dies zunächst gefreut. Andererseits hat es mich erstaunt: Vielfach wurde der Text von Leuten übernommen, denen Menasse schonungslos den Spiegel vorhält — anscheinend ohne, dass sie es selbst gemerkt hätten.

    Dazu noch einmal einen Auszug aus Menasses Kommentar:

    Ihr zweiter Fehler war, nicht den Unterschied zwischen Kritik und der Konsequenz, die man daraus zieht, zu begreifen. Vieles, das Haider brachial kritisierte, war tatsächlich kritikwürdig. Keiner kann politisch Erfolg haben, der nicht die Themen anspricht, die die Menschen bewegen, der nicht gegen eine Situation ankämpft oder anzukämpfen scheint, unter der viele leiden oder die ihnen zumindest auf die Nerven geht. Die Frage, die den Unterschied zwischen Parteien ausmacht, ist doch, welche Konsequenzen man aus der Kritik zieht, welche Lösungsvorschläge man hat.

    Haiders Talent bestand darin, vieles zu Recht in Frage zu stellen, und dann glaubwürdig zu sein, auch wenn er falsche Antworten gab. Aber es wurde für alle, die Haiders Gesinnung ablehnten, zur Selbstverständlichkeit, zum Automatismus, schon seine Kritik zu kritisieren und zurückzuweisen, so als erwiese sich Antifaschismus bereits darin, verbissen zu verteidigen, was ein Faschist kritisiert, statt selbst vernünftigere Lösungsvorschläge anzubieten. Jahrzehntelang hatte die linke Intelligenz zum Beispiel die österreichische Nebenregierung durch die Sozialpartner kritisiert, als jedoch Jörg Haider die Sozialpartnerschaft frontal angriff, begannen die Linksintellektuellen sie reflexhaft zu verteidigen.

    Das produzierte Schizophrenien, in denen sachliche Diskussionen nicht mehr möglich waren. Haider bekam Zulauf, weil er kritisierte, was viele kritisierten, seine Gegner verloren Zustimmung, weil sie zum Teil wider besseres Wissen eben dies verteidigten. Hätte Haider gesagt, dass zwei Mal zwei vier ist, die Antifaschisten hätten eine neue Mathematik begründet. Hätte er den Kampf gegen den Klimawandel zur Koalitionsbedingung erklärt, die Grünen hätten Braunkohlekraftwerke gefordert.

    Genau diesen Fehler haben in Südtirol — nicht erst seit gestern — die linken, die sozialdemokratischen, die ökosozialen Kräfte in großem Stil begangen. Im Grunde seit kurz nach dem Ende des zweiten Weltkriegs haben die Linken in Südtirol enorme Berührungsängste mit Themen, die anderswo ganz selbstverständlich zur linken Sphäre gehören. Das ist in erster Linie (aber nicht nur) die Selbstbestimmung. Mit diesem Thema lassen sich hierzulande die Linken von den Rechten vor sich hertreiben, obwohl es eine urlinke und urdemokratische Forderung ist, dass die Bevölkerung frei über ihren Status und den institutionellen Rahmen bestimmen soll. So üben sich Linke und Grüne und wie sie sonst noch alle heißen und hießen in Verrenkungen, um zu erklären, warum gerade sie für die Basisdemokratie, aber gegen die basisdemokratischste aller Abstimmungen sind, und warum gerade sie für die individuelle, aber im gleichen Atemzug gegen die kollektive Selbstbestimmung sind — wo doch das Kollektive zu den historischen Kerninteressen der Linken gehört.

    Wenn in Südtirol (einschließlich der Italiener) immer mehr Leute angeben, die Loslösung von Italien zu befürworten, und noch mehr Bürger sich zumindest für eine Abstimmung zu diesem Thema aussprechen, dann wird sich die kategorische und aprioristische Weigerungshaltung von Linken und Grünen auch immer mehr in den Wahlergebnissen niederschlagen. Die Herausforderung, die Fragen von den Antworten zu unterscheiden — und für die Frage von Eva Klotz (und immerhin einem großen Teil der Bevölkerung) drastisch bessere, überzeugendere Antworten anzubieten, als die Rechten — diese Herausforderung nehmen zum Beispiel die Grünen nicht an.

    Wie hingegen in der gestrigen »Elefantenrunde« im Rai Sender Bozen sehr deutlich zum Ausdruck gekommen ist, haben etwa die Grünen einen Profilverlust hinnehmen müssen, weil die rechten Parteien umgekehrt keine Angst haben, deren ureigenste Themen mitzubesetzen. Niemand muss heute grün wählen, um den Brennerbasistunnel, den Flugplatz oder neue Skipisten zu verhindern, wenn auch andere Parteien diese Themen im Angebot haben. Der Unterschied könnte in der Antwort liegen.

    Das Problem der »linken Hälfte« ist aber freilich nicht auf die Selbstbestimmung beschränkt. Die [öko]sozial[demokratisch]en Parteien schaffen es derzeit nicht einmal, ernsthaft und glaubwürdig für die Autonomie dieses Landes einzustehen. Man kann wohl von einer übertriebenen Gelassenheit vor dem ungebremsten Um- und Abbau wichtiger Säulen unserer Autonomie sprechen, die auf der anderen Seite nicht von einem entschiedenen Einsatz für die Selbstverwaltung kompensiert wird. Niemand verlangt, dass man blind an sämtlichen Mechanismen des Autonomiestatuts festhält, doch wenn etwas verändert werden soll, dann muss dies mit Umsicht geschehen, und das lassen diese Parteien leider vermissen. Der Wähler aber wünscht es.

    Die Antwort von Markus Lobis auf meine ernstgemeinte Analyse zur mehrsprachigen Schule etwa, in der er über feine Differenzierungen (nicht etwa pauschale Ablehnung) einfach hinwegsieht, um mit bequemer Voreingenommenheit von Rückzug in den Sprachromantizismus zu schwafeln, ist ein Paradebeispiel für diese Haltung. Darin liegt begründet, warum sich die große Bereitschaft der Südtiroler, mehrsprachige Schulen einzuführen (laut jüngster ff-Umfrage rund 80%) nicht in Wählerstimmen für die »Interethnischen« umsetzen lassen.

    Und dass die Linken und Grünen auch bei sozialen Themen nicht mehr die ersten Ansprechpartner sind, wird deutlich, wenn gerade in der Wirtschaftskrise Wähler in Massen von den Grünen und den Arbeitnehmern nach rechts abgewandert sind.

    Cëla enghe: 01 02



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  • Nach der Wahl.

    Eine tiefergreifende Analyse der Landtagswahl werde ich während der kommenden Tage vornehmen. Einige Bemerkungen vorneweg:

    1. Insgesamt sind die Wählerverschiebungen nicht ganz so deutlich ausgefallen, wie befürchtet.
    2. Die Analysen der Parteien fallen dementsprechend mild aus: Verlierer scheint es, jedenfalls unter den im Landtag vertretenen Parteien, keine zu geben.
    3. Keine Frage: Die Freiheitlichen sind die Gewinner dieser Wahl. Sie können an die Erfolge ihres österreichischen Pendants jedoch nicht ganz anknüpfen. Insgesamt keine Überraschung.
    4. Die Grünen-Bürgerlisten legen ein äußerst schwaches Ergebnis hin, nehmen dies bis dato jedoch nicht zur Kenntnis.
    5. Die italienische Rechte verzeichnet klare Verluste, sieht sich aber nach wie vor als natürlicher Koalitionspartner der SVP.
    6. Erfreuliche Zugewinne verzeichnet die Demokratische Partei.
    7. Die Italiener sind jedoch insgesamt verstärkt der Wahl ferngeblieben. Dies hat der SVP wohl mehr Vorteile gebracht, als ein vermuteter Stimmenzuwachs von italienischer Seite.
    8. Autonomiefeindliche Parteien haben in Südtirol kaum Chancen.
    9. Ein knappes Viertel der Wähler hat Parteien angekreuzt, die ausdrücklich die Loslösung von Italien anstreben.

    Gerade den letzten Punkt werde ich im Laufe der kommenden Tage näher beleuchten. Die Diskussion ist jedenfalls eröffnet.



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  • Erinnerung.

    Hervorhebungen und Arrangement: .


    Interna/ Politik/ · · · · · Vërc/ ·

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  • Confine: assente o sfocato?

    Da me interrogato sui risultati del sondaggio Apollis, e più in generale sull’indipendenza, il presidente del Consiglio provinciale Riccardo Dello Sbarba mi ha risposto, non senza una certa sufficienza, che lui pensa a come farli scomparire, i confini statali (e non a come spostarli). È certamente un’affermazione ad effetto, un bell’effetto, che idealmente mi vede d’accordo. Ma io mi chiedo: realisticamente, nei fatti, che cosa può significare l’abolizione dei confini? Ovviamente, mi piacerebbe una spiegazione di chi quest’abolizione la propone. Ma cosa può immaginare Dello Sbarba? Il superamento di tutti i confini all’interno dell’Unione Europea? Ma allora, come la si governa? Immagina, Dello Sbarba (e chi la pensa come lui), un grande, uniforme colosso europeo, organizzato in modo centrale, e che non distingua tra un lappone ed una siciliana? Mi sembra difficile, e comunque nemmeno tanto auspicabile. Es gibt nichts Ungerechteres, als Ungleiches gleich zu behandeln.

    La posizione di Dello Sbarba mi ricorda quella, francamente molto superficiale, espressa poco tempo fa dai Young Greens: «Noi siamo europei, non sudtirolesi.»

    Io, quando penso al ridisegno dei confini, mi riferisco a quello che abbiamo chiamato border blurring. A dei confini i più attenti possibili alle realtà sociali. Un Sudtirolo indipendente dagli stati nazionali (ma perché i confini degli stati nazionali non disturbano?), con un confine amministrativo nuovo e non ispirato alle logiche etniche o nazionali. Che ci permetta di trovare qui le soluzioni ai problemi che abbiamo qui, in una terra plurilingue, così difficilmente comprensibile e governabile da Roma o da Vienna. Un confine debole, permeabile alle idee e alle persone. Inoltre, un confine esterno dell’Unione che dia sicurezza a chi cerca rifugio, e che accolga chi si trova in difficoltà. E, soprattutto, una sovrapposizione di confini diversi, che non combacino mai, tra quelli statali, linguistici, culturali o di collaborazioni transfrontaliere sempre nuove. Un concetto elastico di confine, un suo sfocamento. Per raggiungere questo traguardo, non serve riposarsi sugli allori dell’autonomia, e nemmeno sperare nella scomparsa dei confini in generale, che sicuramente non potrà avvenire nei prossimi secoli. Invece, mi sembra molto più utile partecipare attivamente alla loro ridefinizione, un ruolo al quale il Sudtirolo può ambire. E l’emancipazione dagli stati nazionali non può che essere il primo passo.

    Lo sfocamento dei confini, a seconda delle necessità e della volontà delle persone, mi sembra una cosa intelligente e fattibile. Ma i confini elastici esistono (si adattano, ma non si aboliscono) e non debbono essere immutevoli.

    Nel Liechtenstein le ferrovie sono quelle austriache, ma si paga col Franco Svizzero. Ad Andorra, prima dell’Euro, si pagava con Pesetas e Franchi Francesi. A Campione, la posta è italiana, le targhe delle automobili ed i telefoni sono svizzeri.

    N.B.: Queste riflessioni non modificano la mia Wahlempfehlung per i Verdi, che a mio avviso, nonostante tutto, per ora offrono la prospettiva migliore per un Sudtirolo plurilingue ed indiviso. E dei giovani candidati davvero strepitosi.



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  • Na dann mal los!?

    Erst heute habe ich zufällig bemerkt, dass es eine von mir vorgeschlagene Frage in den Fragebogen des Wahlportals www.wahl2008.it geschafft hat — und folglich Spitzenkandidaten mehrerer Parteien vorgelegt wurde.

    Die Fragestellung: Befürwortet Ihre Partei die Schaffung einer eigenen Südtiroler Mannschaft zur Teilnahme an internationalen Bewerben?

    Erstaunlich: Sechs von neun teilnehmenden Parteien sprechen sich dafür aus. Noch viel erstaunlicher jedoch ist, dass allein jene vier Parteien, die eigene Sportmannschaften befürworten und schon jetzt im Landtag vertreten sind, zusammen 25 von 35 Abgeordneten stellen. Das ist mit 71.4% noch mehr als eine ohnehin schon komfortable Zweidrittelmehrheit. Trotzdem hat der Landtag in der auslaufenden Legislaturperiode keine Anstalten gemacht, diesem Ansinnen Nachdruck zu verleihen.

    Was ist denn aber bitte ein Wahlversprechen wert, das trotz einer überragenden Mehrheit im Landesparlament nicht längst in Angriff genommen wurde?


    Am Rande muss ich leider zudem vermerken, dass gerade die Grünen und die Bürgerlisten, für die ich eine Wahlempfehlung ausgesprochen habe, eine unabhängige Sportmannschaft ablehnen.

    Cëla enghe: 01 02 03 04



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