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  • Rom zittert.

    Autor:a

    ai

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    10 Comentârs → on Rom zittert.

    Die Parteileitung der SVP hat beschlossen, im römischen Parlament gegen das Stabilitätsgesetz zu stimmen, wenn es nicht der Autonomie Rechnung trägt. Zudem wurde bemängelt, dass die Regierung Letta im halben Jahr ihres Bestehens noch immer nicht die Mitglieder der Sechser- und Zwölferkommission ernannt hat, sowie dass wichtige Versprechungen des Bozner Memorandums (lat. »das zu Erinnernde«) bislang vergessen wurden.

    Die Drohgebärden der SVP sind in Rom etwa so relevant, wie die etwaige Ankündigung der BürgerUnion, im Regionalrat gegen ein Gesetz zu stimmen. Premier Letta regiert mit einer großen Koalition.

    Erwähnenswert ist allenfalls, dass sich nach der Landtagswahl der offizielle Sprachgebrauch der (relativen) Mehrheitspartei endlich geändert hat. Autonomiefreundlich, ein Glücksfall, ein Freund unseres Landes sollte Enrico Letta ja sein, einer, der die ersten Schritte in Richtung (sogenannte) »Vollautonomie« einleitet. Das Gegenteil ist der Fall — und jetzt hat auch die wahlkampfbedingte Schönfärberei vorläufig ein Ende.

    Einen wirksameren Hebel, als die Gegenstimme im Parlament hätte die SVP aber noch: Sie war dem PD bei der Parlamentswahl ein willkommener Mehrheitsbeschaffer, denn ohne ihren Beitrag hätte wohl Berlusconi den Mehrheitsbonus ergattert. Jetzt könnte man dem PD auf Landesebene aber die Regierungsbeteiligung verweigern, wenn Parteikollege Letta nicht bald einlenkt — Frena, Tommasini & Co. stellen sich doch stets als Brückenkopf zwischen Rom und Bozen dar.


    Wirtschaft+Finanzen/ · · · · · PD&Co/ SVP/ ·

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  • Vertus du dialogue.
    Quotation

    Au Conseil de l’Europe, où j’ai représenté la Suisse de 1998 à 2011 à l’Assemblée des députés, nous avons eu affaire à de nombreuses situations de tensions ethnico-religieuses, que ce soit en Espagne avec le Pays Basque et la Catalogne, la France avec la Corse ou encore la Belgique, la Roumanie et bien sûr les Balkans. J’ai eu l’occasion d’apprendre ainsi que là où des solutions sont imposées par le haut, ça ne fonctionne jamais. Dans le Jura, on a donné la parole à la base. C’est un atout formidable. En Suisse, notre approche participative, par le dialogue et les scrutins populaires, permet de dédramatiser de tels conflits.

    Ce modèle suisse de résolution des conflits est-il transposable à l’étranger, selon vous qui avez tant voyagé?
    Il n’est pas transposable de 1 est à 1, mais il peut donner des idées à d’autres pays sur les vertus du dialogue. Trop souvent, on tend à penser que la démocratie, c’est la règle de la décision de la majorité. En Suisse, nous répondons que ce n’est pas tout à fait cela. La majorité doit certes être respectée, mais il faut des mécanismes pour que la minorité puisse l’être aussi. […]

    Avant de bien connaître la situation, je me disais que l’on s’offrait peut-être là un «problème de luxe». Ce n’est pas une situation dramatique au sens de celles qu’on a connues dans les Balkans, par exemple. Cependant, si on l’avait ignoré, le problème jurassien aurait peut-être pu prendre d’autres proportions.

    Dick Marty, interview avec Le Journal du Jura, édition spéciale septembre 2013

    Soulignement par



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  • «Concordanza» sudtirolese.

    La democrazia sudtirolese non dispone di alcun modello rodato di coalizione, semplicemente perché dalla seconda guerra mondiale sino ad oggi un partito — l’SVP — ha sempre disposto della maggioranza assoluta dei seggi. Coalizione interna dunque, fra le varie anime del partito, più che coalizione esterna con altri attori politici. L’unica forma di collaborazione a livello esecutivo è stata quella, spesso più formale che sostanziale, con il partner di coalizione imposto dalla proporzionale etnica.

    Per il nascituro governo sotto la più che probabile conduzione di Arno Kompatscher potrebbe rendersi necessaria una nuova soluzione, nonostante il vecchio partner di coalizione (il PD) possa, in teoria, fornire all’SVP i numeri per governare. Una costellazione da molti ritenuta poco convincente: in primo luogo perché darebbe al PD un potere «di ricatto» sproporzionato rispetto al suo reale peso politico e di cui aveva già  annunciato di voler approfittare; ed in secondo luogo perché il governo sarebbe composto da due partiti che non sono stati premiati dall’elettorato.

    Alle differenti opzioni «maggioritarie» o «di concorrenza» (coalizioni fra SVP, PD, Verdi…), l’Iniziativa per più democrazia, conosciuta per il suo impegno a favore della democrazia diretta, contrappone la proposta di un governo allargato ed ispirato, è facilmente intuibile, alla cosiddetta «concordanza» svizzera 01 02. Questo modello, particolarmente adatto a tutelare le minoranze politiche (ma anche, ad esempio, quelle linguistiche), ambisce a un’elevata rappresentanza della diversità  parlamentare anche nel governo, prevenendo la marginalizzazione politica di fasce importanti dell’elettorato e introducendo una maggiore componente democratica a livello di esecutivo. Ne consegue un ampio spirito di collaborazione e corresponsabilizzazione improntato a una politica del compromesso e dell’equilibrio.

    Concretamente, l’Initiative propone di aprire il governo a tutti quei partiti che abbiano raggiunto più di un seggio nell’organo legislativo, ovvero a SVP, Freiheitliche, Vërć, Süd-Tiroler Freiheit e PD, per giungere a rappresentare oltre l’86% dell’elettorato sudtirolese nella composizione della Landesregierung.

    Se la coalizione è ampia a indebolirsi è l’opposizione, ed è per questo che di pari passo andrebbero rafforzati i suoi diritti a livello parlamentare, ma — cosa di gran lunga più importante — anche gli strumenti di controllo da parte del popolo sovrano. Soprattutto i partiti sinora all’opposizione (Freiheitliche, Süd-Tiroler Freiheit e Verdi) potrebbero rendersene garanti, condizionando la concordanza all’approvazione di un nuovo regolamento del consiglio e di una solida legge sulla democrazia diretta, tanto più che quella attuale sarà  oggetto di referendum entro breve.

    In Svizzera è l’elettore a intervenire, ricorrendo allo strumento referendario, quando la maggioranza di governo si allontana dalla volontà  popolare.



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  • EU-Kleinstaat.
    Quotation

    Wenn ich sehe, welche Rolle das kleine Luxemburg, das ein bisschen mehr Einwohner als [der Kanton] Tessin hat… welche Rolle hat Luxemburg bis heute in Europa! Welche Rolle ein Juncker, der Premierminister von Luxemburg, in Europa gespielt hat — warum sollte das die Schweiz nicht schaffen?

    — Dick Marty im »Sternstunde Kultur« Spezial

    Luxemburg hat ungefähr gleich viele Einwohnerinnen wie Südtirol, wenngleich aufgrund seiner Geschichte einen ausgeprägteren Erfahrungsschatz an Eigenverantwortlichkeit.

    Cëla enghe: 01 02



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  • Zickzack-Zeller.

    Achtung: Dieser kurze Beitrag könnte Schwindelanfälle verursachen, so konsequent fährt SVP-Senator Zeller einen Zickzackkurs. Es geht um die Bewertung der Zentralregierung, die mal als besonders autonomiefreundlich, mal als das genaue Gegenteil davon dargestellt wird.

    Ohne Anspruch auf Vollständigkeit:

    • Nach der Ernennung Lettas zum Premierminister pilgerte die SVP nach Rom, um sich ein Bekenntnis zum Wahlabkommen abzuholen. Fazit: Letta sei ein Glücksfall.
    • Als im Rahmen der geplanten Abschaffung von Provinzen mit Normalstatut gefordert wurde, dies zu nutzen, um Südtirol in eine eigene Region umzuwandeln, warnte Karl Zeller in den Dolomiten: Rom sei derzeit alles andere als autonomiefreundlich gesinnt.
    • Im Vorfeld der Landtagswahl, als es darum ging, die sogenannte »Vollautonomie« als gangbaren Weg darzustellen, schien wieder eitel Sonnenschein eingekehrt.
    • Jetzt, nach geschlagener Wahl, sagt Zeller im TAZ-Interview:

      Im Stabilitätsgesetz wurde wieder nicht auf unsere Besonderheit Rücksicht genommen.

      Die Sechser- und Zwölferkommission seien seit Lettas Amtsantritt noch immer nicht besetzt worden. Es gebe zwar einen Super-Regionenminister*, doch im Moment gehe nichts weiter.

    Während die Interpretation variieren mag, ist die Realität nur eine: Weitergegangen ist seit Lettas Amtsantritt so gut wie gar nichts, angefochten wurde vieles.

    *) der sich für Trikoloren auf Südtirols Schutzhütten einsetzt



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  • Il realismo «diverso» di Louvin.

    Questa sera sarà a Bolzano su invito di POLITiS e Südtiroler Bildungszentrum per parlare di possibilità di ampliamento dell’autonomia, con particolare riferimento all’esperienza valdostana: Robert Louvin, professore di diritto costituzionale comparato, è stato Presidente della Vallée dal 2002 al 2003.

    Dall’intervista pubblicata ieri dall’edizione sudtirolese del Corriere, vale la pena citare due passaggi:

    • Le modifiche allo Statuto proposte dalla Regione, studiate da due commissioni consiliari (la prima fra il 1988 e il 1990, la seconda fra il 1998 e il 2003) non hanno mai avuto seguito.

      Le modifiche allo Statuto hanno avuto successo solo se avviate in sede parlamentare [a Roma, n.].

      Lo stato centrale, dunque, non è mai stato propenso a promuovere o a prendere in seria considerazione la propositività territoriale.

    • Inoltre, sempre secondo Louvin, lo Stato punterebbe a una «normalizzazione» delle autonomie speciali,

      che potrebbe livellare le conquiste raggiunte.

      Quindi sembrerebbe confermarsi una tendenza diametralmente opposta a quella della cosiddetta «autonomia integrale».

    Cëla enghe: 01



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  • Schweizer Lektion.

    Über die Möglichkeit einer neuen Kantonsgründung in der Schweiz hatten wir bereits berichtet: Der Kanton Jura und die Gebiete des Südjuras (zum Kanton Bern gehörig) könnten zu einem neuen Kanton zusammengeschlossen werden, falls es die Einwohner beider Teile mehrheitlich wünschen.

    Dazu hat das Schweizer Fernsehen ein »Sternstunde Kultur« Spezial ausgestrahlt, in dessen Rahmen die Jurassier Carine Zuber und Bernard Comment sowie der Tessiner Dick Marty diskutierten. Letzterer ist ehemaliger Staatsanwalt und hatte als Abgeordneter des Europarats u.a. zur illegalen Tätigkeit der CIA in Europa ermittelt. Derzeit steht er der Interjurassischen Versammlung vor, die sich mit der Jurafrage befasst.

    In der anstehenden Volksabstimmung werden die Jurassier beider Kantone noch nicht über die Kantonsgründung befinden, sondern über den Beginn eines Prozesses, an dessen Ende konkrete Gründungspläne vorliegen könnten. Dann wird in einer zweiten Abstimmung entschieden, ob der Kanton tatsächlich entstehen soll.

    Am 24. November wird nicht entschieden über die Bildung eines neuen Kantons, aber es wird Entschieden über einen Prozess, um zu studieren, ob es möglich, ob es gut, ob es günstig wäre, einen neuen Kanton zu bilden. Aber man kann nachher immer noch ’Nein’ sagen. Wenn beide Regionen ’Ja’ sagen, würde man zuerst einen Vertrag zwischen den zwei Kantonen machen. Dann würde man zusammen eine Versammlung wählen, und diese Versammlung hätte die Aufgabe, eine neue Verfassung zu bilden. Am Ende sollten noch beide Teile diese Verfassung annehmen […].

    — Dick Marty

    Ein derartig mehrstufiges Verfahren könnte auch für Südtirol interessant sein: Die Bevölkerung würde dann mit einer Abstimmung einen konstituierenden Prozess anstoßen, dessen konkrete Umsetzung aber immer noch aufgehalten werden kann, falls am Ende kein überzeugendes Ergebnis vorliegt. Der Notwendigkeit, vor der tatsächlichen Sezession über eine ausformulierte Verfassung zu verfügen, könnte mit einem nach Schritten ausgelegten Plan auf äußerst transparente und demokratische Weise Genüge getan werden.

    Wie Dick Marty in der Diskussion verlautbarte, wird die Interjurassische Versammlung auch im Ausland mit großem Interesse verfolgt.

    Einige weitere Auszüge aus dem Gespräch:

    Ich glaube dieser rein demokratische Prozess […] hat dazu geführt, dass bei uns diese territorialen Probleme immer […] ’soft’ angepackt wurden. Es ist interessant, dass es in den 70er Jahren, gerade wenn der Kanton Jura gebildet worden war, in Europa überall Probleme gab: In Irland, in Spanien, in Belgien, in Frankreich, in Italien mit Südtirol, geschweige denn, was in Osteuropa geschah. Aber in der Schweiz, dank dieser — ja, ein bisschen schwerfälligen — [demokratischen Vorgangsweise], wo jeder Bürger seine Meinung sagen kann […], ich glaube bei uns kann man diese Probleme ohne Gewalt — oder mit ganz wenig Gewalt — anpacken.

    — Dick Marty

    Aber jetzt mal Hand auf’s Herz: Ich meine, Sie, Herr Marty, Sie haben Ermittlungen geführt zu CIA-Gefängnissen, Sie haben sich beschäftigt mit Menschenrechtsverletzungen im Kosovokrieg — mutet das für Sie hier nicht ein bisschen fast schon belanglos an?

    Dick Marty: Ja… man könnte fast sagen, das war mindestens meine Meinung ganz am Anfang, als ich unerwartet angefragt wurde, diese Versammlung zu präsidieren — ich habe gesagt: “Aber das sind Luxusprobleme”. Und in der Tat, wenn man in Tschetschenien, in Kivu im Kongo oder im Kosovo wie ich in den letzten Jahre gewesen ist… das sind Luxusprobleme. Aber was wäre die jurassische Frage, wenn wir nicht diese Tradition und diese Instrumente der Demokratie hätten? Wahrscheinlich wäre das bei uns auch ganz schlimm gewesen oder es hätte ganz schlimm [werden] können.

    Ich fühle mich als Jurassier, weil ich in meiner Kindheit erlebt habe, dass eine Gemeinschaft mit ihrem Engagement eine Situation verändern kann. Das ist eine prägende Erfahrung, eine Art historischer Optimismus: Ich wuchs nicht in einem Umfeld auf, in dem die Leute nichts verändern konnten und deshalb fatalistisch wurden. Nein, ich erlebte einen historischen Optimismus, ich spürte, dass man mit einer Auseinandersetzung eine Situation verändern kann. Ich sage nicht, es sei der beste Kampf gewesen, aber eine Gemeinschaft hat damit ihr Schicksal verändert.

    — Bernard Comment

    Wenn wir vielleicht den Blick ein bisschen ausweiten, von der Schweiz auf Europa blicken: Sie alle haben dieses europäische Moment auch schon eingebracht. Sie haben gesagt, Herr Marty, Sie seien eigentlich auch Europäer. Was kann man denn lernen von dieser Jurafrage für den großen europäischen Kontext?

    Dick Marty: Das ist interessant: Es sind viele ausländische Delegationen in den Jura gekommen in diesen letzten Monaten, um zu schauen… “was passiert hier, wie werdet ihr dieses Problem anpacken”? Es sind Leute aus dem Libanon gekommen, vom Balkan, aus Osteuropa, die waren unglaublich interessiert. Unsere Hauptantwort ist: Respekt und Dialog. Man muss zuhören können und man muss mit Lösungen kommen und man muss einen Dialog aufbauen. Man muss versuchen, die Vorurteile loszuwerden.

    Ich glaube, dass der Mensch tendenziell ein Gewohnheitstäter ist, das heißt, er hat instinktiv Angst vor Veränderungen — und 1848 gab es eine glückliche Konstellation, eine Kraft, die fähig war, eine Vision [umzusetzen]. Die waren eigentlich revolutionär, die Freisinnigen.
    Ich glaube heute ist es schwierig, und deswegen haben wir auch so viele Probleme mit Europa: Weil wir Angst haben, die heutigen Vorteile zu verlieren. Aber Europa ist heute ein bisschen wie eine große Schweiz: Hamburg ist nicht wie München, München ist nicht wie Barcelona und Barcelona ist nicht wie Madrid. Es sind ganz verschiedene Stimmungen, ganz verschiedene Gewohnheiten, aber all diese Städte gehören zu Europa. […] Und ich glaube die Stärke von Europa wird diese Verschiedenheit sein.

    — Dick Marty

    Unterstreichungen von mir.



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