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  • Toponomastica «palermitana».

    L’intervento di Francesco Palermo, professore di diritto pubblico comparato, in seno alla commissione sulla toponomastica evidenzia bene le ragioni per cui aderisco alla richiesta di Paul Feyerabend (vengo accusato di citarlo troppo, forse anche a sproposito) di separare la scienza dalla politica: basta calibrare bene un discorso, scegliendo cosa dire e cosa sottacere, bastano alcune sfumature nella formulazione dei concetti per trasportare una visione politica, più che una pretesa «verità» oggettiva (spesso inesistente).

    A onor del vero bisogna riconoscere che la commissione speciale non delega nessuna decisione direttamente agli esperti, ma cerca di ricavare informazioni da punti di vista differenti, prima di fare uso di una competenza che lo statuto di autonomia conferisce al parlamento sudtirolese, ovvero la

    toponomastica, fermo restando l’obbligo della bilinguità nel territorio della provincia di Bolzano.

    Ascoltando la relazione di Francesco Palermo si evince però che anche questa competenza (come tutte le altre in quanto sottomesse all’«interesse nazionale») è limitata, e anzi, aggiungo, è difficile definirla una vera e propria competenza politica, visto che — sempre secondo Palermo — si ridurrebbe al mero incarico di ufficializzazione della cosiddetta «toponomastica tedesca» già esistente. Per giungere a questa conclusione il professore parte da sentenze emesse dalla corte costituzionale, in cui afferma che in Friuli Venezia Giulia non è ammissibile abolire toponimi «italiani», rendendo ufficiali solo quelli «friulani». Ma pare perlomeno curioso che Palermo trasporti direttamente una sentenza (anche se formulata in maniera generale) dalla realtà friulana a quella sudtirolese, visto che gli statuti sono diversi, contengono riferimenti e si basano su fondamenti giuridici differenti.

    Palermo mette le mani avanti, avvertendo di non scaricare sui giudici responsabilità di scelte politiche, ma sottacendo che in caso di dubbio — e qui di dubbi ce ne possono essere molti — è invece usuale impostare una soluzione politica, per poi consultare la corte costituzionale: non per delegarle compiti politici, ma per far verificare quali siano i limiti effettivi posti all’azione politica. Autoridursi le competenze prima di avere certezze giuridiche mi sembra invece poco saggio.

    A far pensare che l’abolizione dei toponimi cosiddetti «italiani» sia possibile è la vicina provincia autonoma di Trento (che condivide il nostro statuto, che si estende su tutta la regione*) dove da anni ne sono stati aboliti molti, soprattutto a vantaggio di quelli «ladini». Giova ricordare inoltre, come qui è stato affermato spesso, che un toponimo (come i nomi in generale) non ha propriamente una «lingua», ma se vogliamo possiamo parlare più correttamente di endonimi ed esonimi usati (prevalentemente) dai parlanti una o l’altra lingua. In riferimento ai toponimi, soprattutto a quelli più sconosciuti, pare quindi difficile applicare concetti prettamente linguistici, come quello (paurosamente centralista) citato da Palermo della «lingua ufficiale della repubblica». Non solo andrebbe verificato l’uso effettivo, ma va considerato che un toponimo come Rifair non è né più né meno «italiano» della corrispondente invenzione tolomeica, Rivaira.

    Fatte queste considerazioni, anche gli accenni di Palermo alle «diverse normative internazionali [che] tendono alla promozione del bilinguismo nella segnaletica, anche per dimostrare a livello simbolico la presenza sul territorio di più gruppi» diventano insiginificanti, almeno ai nostri fini. Infatti, il bilinguismo generale (funzionale) va senz’altro distinto dalla toponomastica, ed è fuori dubbio che la segnaletica da quel punto di vista rimarrebbe comunque bilingue. Per quanto riguarda la situazione concreta a livello internazionale, la toponomastica è solitamente bilingue laddove esista, sia storicamente fondata ed effettivamente usata. Come descritto, in Catalogna, in Galicia e sulle Isole Baleari, dove è esistita una toponomastica vagamente paragonabile a quella di Tolomei, è stata abolita in blocco. Nei Paesi Baschi (Euskadi) è stata drasticamente limitata, praticamente solo alle grandi città; ma a differenza delle realtà precedenti qui è storicamente fondata. In Francia sostanzialmente esistono «solo» o soprattutto traslitterazioni dalle lingue minoritarie (o meglio: adeguamenti ortografici), come Perpignan per Perpinyà, Strasbourg per Straßburg, Ajaccio per Aiacciu. La doppia versione ha quindi ragioni completamente diverse da quella in Sudtirolo, trattandosi dello stesso nome scritto in maniera diversa.

    Per quanto riguarda la normativa sudtirolese, Palermo rifiuta che l’uso effettivo di un toponimo venga verificato a livello comunale, ma su questo punto si guarda bene dal citare l’usus internazionale. Infatti, se guardassimo alla Finlandia (dove vige un sistema «percentuale»), alla Svizzera, alla Carinzia, ad alcune autonomie spagnole, vediamo che normalmente si prende a riferimento proprio l’ambito comunale — come per definire la denominazione ufficiale di uno stato non si parte dal livello internazionale (da come gli altri chiamano quello stato), ma dalla situazione nazionale.

    *) pur riconoscendo 1) che lo statuto parla di bilinguismo nella provincia di Bolzano, e che 2) forse le scelte a livello di toponomastica della provincia di Trento verrebbero censurate dalla consulta, se impugnate — ma anche questo rimane appunto da verificare.



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  • Corone all’alpino: avanti.

    I Freiheitlichen di Bruneck/Brunico avevano proposto di vietare la deposizione di corone davanti al monumento all’alpino della città — ma la loro mozione è stata respinta con i voti di tutti gli altri gruppi consiliari, inclusi Verdi, SVP e PD.

    Come recita Wikipedia

    Il monumento all’Alpino (in tedesco Alpini-Denkmal, conosciuto anche come Kapuziner-Wastl) è un monumento che commemora la vittoria degli Alpini della 5ª Divisione alpina “Pusteria” durante la Guerra d’Etiopia (1935-1936)

    dove questa divisione si macchiò di gravissimi crimini di guerra. Ancora oggi diversi partiti e associazioni di destra ed estrema destra, oltre all’Associazione Nazionale degli Alpini (ANA), organizzano manifestazioni e depongono corone in onore al monumento.

    Per questa ragione è deludente che la mozione non sia stata approvata, nemmeno in forma modificata, per depotenziarne il potenziale conflittuale e per affermare valori democratici e antifascisti. Il sindaco Tschurtschenthaler (SVP), nel giustificare il respingimento della mozione, ha parlato di «convivenza».

    Cëla enghe: 01 02 03 04



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  • Violenza culturale.
    Quotation

    Io con mio padre andavo sempre a Cologna. E per me Glaning resterà sempre Cologna, quel luogo fa parte della storia, della mia cultura. Toglierlo sarebbe fare una violenza culturale, la stessa che Tolomei impose ai sudtirolesi 70 anni fa.

    Le indicazioni solo in tedesco sono sempre al loro posto e noi continuiamo a ricevere lettere di persone che si chiedono come mai non trovano i cartelli in italiano. Da questo punto di vista non è cambiato nulla. Siamo all’assurdo, sulle cartine gli escursionisti trovano dei nomi che poi non ritrovano sui sentieri. I topononimi [sic] oggi non sono più un patrimonio locale ma europeo se non mondiali [sic]. Noi vorremo [sic] che i nomi riportati sulle mappe siano anche sul terreno.

    Vito Brigadoi, vicepresidente CAI Bolzano
    intervista sul Corriere dell’A. Adige 23.08.2011

    Die Rückgängigmachung eines Unrechts (die zwangsweise Übersetzung von Abertausenden von Ortsbezeichnungen) wird mit dem Unrecht selbst auf eine Stufe gesetzt. Dabei wird außer acht gelassen, dass die Entscheidung wissenschaftlichen Kriterien und internationalen Gepflogenheiten entspräche und vor allem: dass sie von demokratisch legitimierten Gremien beschlossen würde und lediglich die Amtlichkeit von Ortsbezeichungen beträfe, während die Tolomei-Namen auf faschistische Dekrete, auf die gewaltsame Unterdrückungspolitik durch ein totalitäres Regime zurückgehen.

    Wenn wir diesen Ansatz weiterdenken, dann kommen wir womöglich zum Schluss, dass wir die Hängung von Kriegsverbrechern bei den Nürnberger Prozessen mit den standrechtlichen Erschießungen von »Deserteuren« durch die Nazis auf eine Stufe stellen müssen. Mir läuft es kalt den Rücken runter.

    Ubi nomen, ibi patria, Brennerbasisdemokratie, 20.11.2010

    Cëla enghe: 01 02 03 || 01 02 03



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  • 7. September: Empörung.

    Im Hinblick auf den Internationalen Tag der »Empörten« wird am 7. September um 18.00 Uhr im Jugendzentrum Vintlerstraße der Landeshauptstadt ein vorbereitendes Treffen stattfinden. Dies teilt Max Benedikter von Südtirol InBewegung · Sudtirolo InMovimento mit.

    Die Teilnehmer werden einige Beschlüsse fassen, über die Orte, an denen die Volksversammlungen stattfinden sollen, über die Themen, die Diskussionsmodi und die Finanzierung.

    Alle Akteure der Zivilgesellschaft sind zur aktiven Teilnahme eingeladen, Parteien und ihre Symbole sind jedoch unerwünscht — es zählen die Voschläge und Meinungen der Bürger.

    Der erste, nicht bindende Themenvorschlag konzentriert sich auf zwei Blöcke:

    1. Vorgebliche Gründe für und mögliche Folgen der Privatisierung öffentlicher Dienste — Finanzkrise, Schuldenkrise, Achtung des Volksentscheids vom 12.-13. Juni, Bürgerwiderstand gegen Privatisierungen in Südtirol.
    2. Gesunde Demokratie — auf welchen Ebenen braucht es mehr Partizipation, Initiative für Direkte Demokratie am zweiten Jahrestag der Volksabstimmung, Antiberufspolitik, moralische Frage und Verhältnis zu Bürgerbewegungen.

    Die Brennerbasisdemokratie unterstützt den Geist und die Ziele der Veranstaltung.

    Die Indignats in Barcelona haben übrigens die Selbstbestimmung in ihren Katalog der Mindestforderungen aufgenommen und eine Kommission gegründet, um das Thema den Idealen der Empörten gemäß auszuarbeiten. Ein Vorbild für Südtirol, um die Überwindung der Nationalstaaten auch hierzulande auf neue, inklusivistische und basisdemokratische Beine zu stellen und die Thematik den Patrioten und den Ethnozentrikern zu entreißen?



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  • Eine naive Beobachtung.

    Zugegeben. Ich bin ein sehr naiver Zeitgenosse. Nur manchmal glaube ich, dass meine blauäugigen Schlüsse gar nicht einmal so naiv sind. Vor allem dann nicht, wenn die Kritiker meiner Naivität ihre Behauptungen nicht belegen können und lediglich kapitalistische »Glaubenssätze« von sich geben.

    »Privat ist immer günstiger als öffentlich« ist zum Beispiel so einer.

    Im Zuge der Diskussion um Sparmaßnahmen meinte der Bozner Vizebürgermeister Klaus Ladinser laut »Dolomiten« unlängst: »In Zeiten, in denen die öffentlichen Haushalte in massiven Schwierigkeiten stecken, muss man über Privatisierungen zumindest nachdenken dürfen« und hat dabei SEAB und SASA im Visier.

    Vorausgesetzt, dass ein Privater stets mit Gewinnabsicht agiert, wenn er einen Dienst anbietet, die öffentliche Hand jedoch ihren Schwerpunkt auf eine faire Tarifgestaltung und einen ausgeglichenen Jahresabschluss legen kann, ergeben sich für mich aus dieser Privatisierungsforderung zwei Schlüsse:

    • entweder der Private muss die Tarife erhöhen bzw. Dienste abbauen — sprich das Service verschlechtern — wenn er einen Gewinn erzielen möchte, was nicht im Sinne des Bürgers und auch nicht der Verwaltung sein kann oder
    • die Verwaltung gesteht somit offen ein, dass sie und ihre Beamten schlichtweg zu blöd sind, einen Dienst zu betreiben, wenn es ein Privater bei gleichbleibenden Tarifen und ohne Kürzungen von Diensten schafft, statt eines Verlustes einen Gewinn einzufahren.

    In der Folge stellt sich also die Frage, mit welcher Legitimation die öffentliche Hand überhaupt noch Dienste für den Bürger anbietet, wenn das doch so viel teurer ist.

    Wobei das finanzielle Argument gerade in den Fällen von SEAB und SASA nicht wirklich greift. Es gibt essentielle Bedürfnisse auf deren Befriedigung nach meinem Verständnis von Politik und Gemeinschaft jeder Bürger ein Recht hat. Der Anschluss eines einzelnen Bergbauernhofes an das öffentliche Trinkwassernetz ist niemals rentabel, ebenso wenig wie die Aufrechterhaltung einer Buslinie bis ins hinterste Tal. Derartige Kosten müssen sozialisiert werden. Was Privatisierung in dieser Hinsicht bewirkt, sieht man zum Beispiel bei der Post in Österreich.

    Cëla enghe: 01



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  • Plünderung des Landeshaushalts.

    Noch vor wenigen Tagen hatte der Landeshauptmann — während der traditionellen Sommerpressekonferenz — das Mailänder Abkommen in höchsten Tönen gelobt, weil es Südtirols Finanzen absichere. Jetzt musste der zuständige Landesrat Roberto Bizzo Medien gegenüber einräumen, dass dies wohl doch nicht mehr der Fall sein wird. Angesichts der Schuldenkrise hat der Staat ein Sparpaket geschnürt, das Südtirol überdurchschnittlich stark in die Pflicht nimmt und aus den bisherigen Gewissheiten Kleinholz macht. So soll allein unser Land im Laufe der kommenden drei Jahre die enorme Summe von einer Milliarde Euro zum staatlichen Sparziel beitragen. Voraussichtlich ist dies nur der Anfang, denn es wird davon ausgegangen, dass zur Abtragung der italienischen Staatsschuld (am BIP gemessen die dritthöchste der Welt) ein weit längerer Zeitraum erforderlich sein wird.

    Obschon die Bilanzen der autonomen Regionen und Provinzen nur rund 22% der Gesamtheit aller Regionalbilanzen darstellen, wird den Autonomien ein anteilsmäßig mehr als doppelt so hoher Beitrag abverlangt, als den anderen: Sie müssen nämlich 50% aller Einsparungen schultern. Das führt dazu, dass Südtirol allein — mit unter 1% der Staatsbevölkerung — rund 6% der gesamten regionalen Kürzungen tragen muss. Unberücksichtigt bleibt, dass die Autonomien nicht nur höhere Haushalte haben, um mehr Geld verteilen zu können, sondern weil sie damit Zuständigkeiten finanzieren müssen, die andernorts der Staat wahrnimmt.

    Damit nicht genug: Trotz Mailänder Abkommen, welches als erster Schritt in Richtung Finanzautonomie gefeiert worden war, können wir uns wohl auch von der Regel verabschieden, dass 90% der Steuereinnahmen im Lande bleiben. Stiegen die staatlichen Steuern, bedeutete dies bisher immer automatisch auch einen Geldsegen für den proportional daran beteiligten Landeshaushalt. Setzt sich die Zentralregierung durch, fließen ab nun jedoch alle Mehreinnahmen direkt in den Staatssäckel — und zwar zusätzlich zur genannten Milliarde.

    Dass wir ein weiteres Prinzip aus dem Mailänder Abkommen aufrecht erhalten können, nämlich, dass Kürzungen (etwa die eine Milliarde) nicht direkt, sondern indirekt durch »kostenlose« Übernahme neuer Zuständigkeiten (Polizei, Post, Gericht…) konkretisiert werden, glaubt im derzeitigen Kontext kaum noch jemand.

    Schafft es das Land nicht, sich gegen diesen »Sparsegen« aus Rom gerichtlich zur Wehr zu setzen, drohen nachhaltige Konsequenzen: Denn die Zentralregierung missbraucht Haushaltszwänge, um einen Kahlschlag der Autonomie herbeizuführen.



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  • Netiquette.

    Ab sofort verfügt Brennerbasisdemokratie über eigene Blogregeln, die eine gerne hitzige und kritische, gleichzeitg aber trotzdem angenehme, zivilisierte und demokratische Diskussion gewährleisten sollen. Sie sind von allen Kommentatoren zu beherzigen.

    Bis heute habe ich mich mit der Moderation an ungeschriebene Gesetze, die sogenannte »allgemeine Netiquette« gehalten. Aufgrund wiederholter Zwischenfälle halte ich es jedoch für sinnvoll, klare Regeln zu verschriftlichen, die eindeutig formulierte Ziele beinhalten und somit jedem — bereits vor Verfassen eines Kommentars — als Orientierung dienen können.

    Die -Netiquette kann jederzeit unter diesem Link — den ich auch in die -Seitenleiste einfügen werde — nachgelesen werden. Kritik, Gegen- und Ergänzungsvorschläge können direkt im Anschluss an diesen Artikel unterbreitet und öffentlich diskutiert werden.

    Beim Verfassen der Netiquette habe ich mich direkt an ähnlichen Regelwerken führender Medien orientiert. In der Moderation werde ich mich nach wie vor vom Grundsatz leiten lassen, nicht strenger durchzugreifen, als es mir persönlich zur Gewährleistung einer demokratischen Diskussion dringend erforderlich scheint.

    Nachtrag: Ausmoderierte Kommentare.


    Brennerbasisdemokratie si è dotata di un regolamento che possa garantire discussioni dure e critiche nei contenuti, ma al contempo piacevoli, civili e democratiche. Questo regolamento è indirizzato a tutti i commentatori.

    Sino a oggi nel moderare le discussioni non mi sono attenuto a norme scritte, bensì a quella che si chiama una «netiquette generale». Ora però alcune situazioni spiacevoli mi hanno spinto a impostare un regolamento scritto, che attraverso regole semplici e chiare possa essere da orientamento già  nel momento di redarre un commento.

    La netiquette di può venir visualizzata in qualsiasi momento usando questo link, che sarà  inserito anche nella barra laterale di . Critiche, proposte di modifica e/o integrative possono venire depositate direttamente in calce al presente articolo.

    Nel formulare la netiquette mi sono orientato secondo regolamenti simili di vari siti di qualità . Nella moderazione continuerò a seguire la regola di non intervenire più di quanto personalmente mi sembri necessario per garantire una discussione seria e democratica.

    Complemento: Commenti non pubblicati.


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