Autorinnen und Gastbeiträge →

  • Ohne Grenze? Keine Autonomie.

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    17 Comentârs → on Ohne Grenze? Keine Autonomie.

    Die patriotenfeindlichen Autonomiepatrioten halten den patriotischen und den unpatriotischen Unabhängigkeitsbefürwortern gern Vorträge zum Thema Grenze. Grenzen gebe es in Europa keine mehr, das wissen wir bereits, obwohl wir es weder spüren noch sehen. Am stärksten sind die Flüchtlinge damit konfrontiert, die an der nicht existenten Brennergrenze zurückgewiesen werden. Man könne in Europa keine neuen Staaten errichten, denn damit würden auch neue Grenzen entstehen — alte Grenzen sind besser als neue Grenzen, und: obwohl es keine Grenzen mehr gibt (aber nach wie vor Staaten) würde die Gründung neuer Staaten neue Grenzen entstehen lassen, sagen die unpatriotischen Autonomiepatrioten. Auch das war bekannt. Manche von ihnen versteigen sich zur Aussage, wenn es Grenzen gebe — was aber wohl nicht gesichert ist — dann müsse man sie abschaffen, voll und ganz. Das Gegenargument, dass wir dann Europa (Europa? die ganze Welt!) von einem Ort aus zentralistisch verwalten müssten, verfängt offenbar nicht. Das sind die Autonomiepatrioten — doch: Halt! Autonomie? Wer oder was ist wovon autonom? Können sie uns dies erklären, uns, den blauäugigen und unpatriotischen Unabhängigkeitsbefürwortern? Wie kann man ohne Grenzen, Verwaltungsgrenzen zumal, autonom sein? Wo fängt das autonome Gebiet an und wo hört es auf? Nein, Grenzen gibt es wirklich keine, Grenzen des Selbstbetrugs — denn ohne Grenze keine Autonomie.



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  • Respirazione solid·aria.

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    9 Comentârs → on Respirazione solid·aria.

    Respirare le emissioni dell’inceneritore può essere una forma di solidarietà?

    Come ormai noto il governo Renzi, facendo leva sul concetto ipercentralista di interesse nazionale, vorrebbe costringere il Sudtirolo a bruciare qualcosa come 20.000 tonnellate annue di rifiuti provenienti da regioni italiane. Ancora una volta dunque ciò che rimane dell’autonomia — ormai ridotta all’osso — verrà prevedibilmente messo a dura prova. Scrive il quotidiano A. Adige che secondo il cosiddetto decreto Sblocca Italia

    gli impianti individuati dal ministero costituiscono infrastrutture e insediamenti strategici di preminente interesse nazionale che attuano un sistema integrato e moderno di gestione dei rifiuti urbani [e] garantiscono l’autosufficienza nazionale […]

    All’autosufficienza nazionale si potrà pur subordinare la qualità della vita in una regione periferica, approccio non dissimile — attenzione — a quello di Bolzano nei confronti degli ospedali di vicinato.

    Per contro la legislazione sudtirolese, onde salvaguardare la salute pubblica, vieta espressamente di importare immondizia da altri territori. Se davvero città e regioni incapaci di una corretta gestione dei propri rifiuti verranno premiate garantendo loro il diritto di spedirli altrove di certo non si potrà parlare di solidarietà. Piuttosto si abbia il coraggio di ammettere che si tratta, effettivamente, di deresponsabilizzazione, imposizione, sopraffazione — oltre che di un’irresponsabilità imperdonabile, considerato che il nostro è un territorio martoriato da uno dei valichi alpini più trafficati e inquinati. Insomma, definire solidarietà la coazione a respirare le accresciute emissioni dell’inceneritore null’altro sarebbe che la famosa beffa a coronamento del danno.

    Intanto però il sindaco di Bolzano, Luigi Spagnolli (PD), ha annunciato di volere opporsi «con le unghie e con i denti» all’imposizione del suo collega di partito:

    Se bisogna intervenire in aiuto di territori in emergenza da un punto di vista ambientale, ebbene tali aiuti devono essere fatti sulla base di scelte operate da noi e non a fronte di decisioni prese dal ministero.

    — Luigi Spagnolli

    Un concetto molto simile peraltro a quello sostenuto da , in quanto non crediamo che «affondare» assieme all’Italia (ossia la famigerata unità nazionale) possa essere considerata una forma particolarmente intelligente e sensata di dare aiuto.

    Vedremo se almeno questa volta l’autonomia reggerà.

    Vedi anche: 01 02



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  • Südtirol-Fahrplan dreisprachig.

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    1 Comentâr → on Südtirol-Fahrplan dreisprachig.

    Eine deutliche Aufwertung des Ladinischen hat es im kürzlich veröffentlichten, neuen Südtirol-Fahrplan des Verkehrsverbunds gegeben. Das Team im Mobilitätsressort hat eine großartige Arbeit geleistet und der kleinsten Landessprache, was Sichtbarkeit und Würde anbelangt, zu einem weiteren konkreten Fortschritt verholfen. Schon seit einigen Jahren sind die Fahrscheinautomaten des Landes viersprachig (Deutsch, Italienisch, Ladinisch, Englisch) bedienbar und die Fahrplanbroschüren für die ladinischen Ortschaften auch auf Ladinisch verfügbar.

    Erstmals jedoch ist diesmal auch der Informationsteil des Landesfahrplans fast durchgehend dreisprachig. Dem Verkehrsverbund und dem Auskunftdienst wurde außerdem ein Erscheinungsbild verliehen, das die drei offiziellen Landessprachen gleichermaßen und gleichwertig berücksichtigt.

    Bilder zum Vergrößern anklicken.

    Gleichzeitig hat man sich am Netzplan gar zum mutigen und wegweisenden Schritt durchgerungen, großteils auf die »deutschen« und »italienischen« Ortsbezeichnungen in den ladinischen Tälern zu verzichten. Nur jenseits der derzeitigen Landesgrenze stehen neben den »ladinischen« auch »italienische« Ortsnamen (Cortina/Anpezo, Arabba/Rèba, Canazei/Cianacei). Eine so beherzte (asymmetrische) Förderung des Ladinischen auf Landesebene ist bislang wohl einzigartig.

    Dass die Ortsnamen im Netzplan (»Ladinisch«) nicht mit jenen in den Einzelfahrplänen (»Deutsch«/»Italienisch«) übereinstimmen, könnte den einen oder anderen Ortsunkundigen noch verwirren, wenngleich hier die Nummerierung der ÖV-Verbindungen Abhilfe schafft. In einer künftigen Fassung kann hier aber ebenso nachgebessert werden, wie darin, dass

    • die Auskunft-App SüdtirolToGo (anders als die Wetter-App des Landes) noch nicht auf Ladinisch existiert;
    • das Auskunftsportal SüdtirolMobil keine ladinischen Ortsbezeichnungen kennt oder
    • die Fahrplanaushänge an den Haltestellen in den ladinischen Ortschaften nur Deutsch/Italienisch sind.

    Dem Mobilitätsressort gilt jedenfalls große Anerkennung für diesen neuen Fahrplan und die darin an den Tag gelegte Sensibilität für die Mehrsprachigkeit.

    Siehe auch: 01



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  • Perché la Catalogna non può votare?

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    3 Comentârs → on Perché la Catalogna non può votare?

    Qualche giorno fa il presidente catalano Artur Mas aveva scritto un fondo per il quotidiano francese «Le Figaro». Lunedì (24.11.) invece è apparso un suo commento anche sul quotidiano portoghese «Público» che qui riproponiamo:

    Perché la Catalogna non può votare?

    In una democrazia il diritto al voto è uno dei diritti più preziosi. Tutti gli altri diritti sono, più o meno, una conseguenza dell’opportunità  data ai cittadini di esprimere la loro opinione su questioni importanti attraverso il loro voto.

    In Catalogna una maggioranza schiacciante dei cittadini vuole votare per decidere il futuro politico di questo territorio per quanto riguarda l’appartenenza alla Spagna o la fondazione di uno stato indipendente. Per questa ragione il 9 novembre 2.305.290 persone hanno votato in un processo partecipativo unico ed esemplare. Unico perché ha avuto luogo nonostante l’opposizione chiara del governo spagnolo. Unico anche perché realizzato comtemporaneamente a un ciberattacco professionale con intenzioni politiche chiare, che ha messo a repentaglio anche i servizi fondamentali prestati ai cittadini dal governo catalano. E unico perché il governo spagnolo ha tentato, con tutti i mezzi a disposizione, di dissuadere i cittadini dal votare con le minacce legali.

    La votazione è stata esemplare in quanto oltre 2,3 millioni di persone non si sono fatte intimorire e, nonostante le minacce, si sono recate alle urne in consistenza simile all’affluenza delle ultime elezioni europee, organizzate senza alcun ostacolo e col pieno appoggio ufficiale. Giovani e anziani, persone nate qui e altrove, tutti i maggiori di 16 anni e residenti in Catalogna erano invitati a esprimere la loro opinione. Attraverso il voto, come si fa in tutto il mondo. Esemplare inoltre perché le persone sono andate a votare col sorriso in faccia e l’emozione negli occhi, fossero gli anziani di 90 anni che hanno vissuto la guerra civile spagnola o i giovani che a malapena ricordano che è esistito Franco. Esemplare infine, perché si è trattato di una mobilizzazione popolare pacifica, come poche se ne incontrano in giro per il mondo. Nella sua dichiarazione finale una delegazione di osservatori internazionali afferma che «il voto è stato condotto bene in circostanze difficili».

    La domanda che tutti quanti ci poniamo ora è perché noi catalani non possiamo votare in un referendum legale, come la Scozia e il Québec. Siamo cittadini di seconda categoria? Nel rispetto dei valori democratici che condividiamo col resto d’Europa dico che abbiamo raggiunto il punto in cui esigiamo di porre questa domanda oltre le nostre frontiere e di andare al di là  del punto in cui questa «è una questione interna alla Spagna». Perché non possiamo votare? Non chiediamo che si appoggi il «sì» o il «no», ma solo che il nostro diritto al voto sia riconosciuto.

    Il presidente Rajoy e il governo spagnolo ripetono ininterrottamente lo stesso concetto; che è illegale perché la Costituzione spagnola lo vieta. Non è vero. La Costituzione può vietare la secessione, ma non proibisce che si conosca l’opinione dei cittadini su una questione talmente importante. Inoltre la Costituzione è solo una legge, molto importante, ma comunque una legge. E per funzionare bene le leggi devono servire i cittadini — e non il contrario.

    In Catalogna saremmo molto contenti di vedere il governo spagnolo imbastire una campagna come il «Better Together» del Regno Unito nel corso del referendum scozzese, con la quale tenti di persuaderci a rimanere parte dello stato spagnolo. Invece abbiamo un governo che disprezza e minaccia la Catalogna e che definisce una delle maggiori mobilitazioni pubbliche in Europa «una farsa inutile» e «antidemocratica». Com’è ovvio questo non fa altro che aumentare il numero degli indipendentisti.

    La Catalogna è un paese antico, ostinato e resistente che ha lottato per mantenere la sua lingua, cultura e identità , oltre al suo desiderio di autogoverno nel quadro di una Unione Europea più integrata. Ora siamo decisi a indire una votazione definitiva sul nostro futuro, che non può essere una consultazione non vincolante, ma dev’essere un referendum come in Scozia o in Québec. Non vogliamo ferire nessuno, men che meno i nostri vicini spagnoli. Ma la Catalogna merita una risposta e che questa risposta abbia la forma di una scheda in un’urna.

    Traduzione:



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  • Mehrsprachige Normalität.

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    14 Comentârs → on Mehrsprachige Normalität.

    Ich war kürzlich wieder in der Schweiz und habe bei dieser Gelegenheit in Zürich an einer beliebigen, kleinen Tankstelle einige Fotos für geschossen. Es handelt sich um ein äußerst banales Beispiel, doch die Auswirkungen dessen, was wir einen »mehrsprachigen Quellcode« nennen, zeigen sich gerade in ihrer Banalität und Alltäglichkeit am deutlichsten.

    Dass die Schweiz ein von Grund auf mehrsprachiger und vielfältiger Staat ist, wirkt sich — wie die Bilder zeigen — auch auf einsprachige Städte und Gebiete wie Zürich wohltuend pluralisierend aus. Alle Schweizerinnen, ob sie nun in mehrsprachigen Kantonen leben oder nicht, kommen jeden Tag mit den anderen Landessprachen in Kontakt, was

    • unmittelbar eine positive Kontamination darstellt und
    • mittelbar Verständnis, Bewusstsein und Freiraum für andere Sprachen und Kulturen schafft.

    Bilder zum Vergrößern anklicken.

    In den angrenzenden Ländern geschieht das genaue Gegenteil. Staaten wie Deutschland, Frankreich, Italien und Österreich definieren sich »national«: Eine Sprache (und Kultur) wird zur Norm erhoben, etwaige andere Sprachen nur noch als Normabweichung wahrgenommen und (mal besser, mal schlechter) als solche behandelt. Während das Schweizer Selbstverständnis (wie soeben dargelegt) selbst auf monolinguale Regionen pluralisierend wirkt, ruft die »nationalstaatliche Logik« der umliegenden Staaten — auch in mehrsprachigen Landesteilen (wie Südtirol) — eine nach unten nivellierende Homogenisierung und Uniformierung hervor. Ebenfalls banale Beispiele wie Tankstellen, Produktetiketten, Packungsbeilagen, öffentliche Dienste und vieles mehr führen uns das hierzulande täglich vor.

    Auch und vor allem um einen institutionellen Rahmen zu schaffen, der unsere mehrsprachige Realität unterstützt und fördert — anstatt sie zu behindern — setzen wir von uns für die Unabhängigkeit vom Nationalstaat ein.

    Siehe auch: 01 02 03 04 05



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  • Artur Mas angeklagt.

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    0 Comentârs → on Artur Mas angeklagt.

    Tagelang hatte die Oberstaatsanwaltschaft in Barcelona beharrlich abgelehnt, auf Wink aus Madrid Anklage gegen den katalanischen Präsidenten Artur Mas zu erheben. Der Aussetzungsbeschluss des Verfassungsgerichts gegen die Abstimmung vom 9. November (9N) biete dafür keine ausreichende Grundlage.

    Nun erfüllte sich der Madrider Generalstaatsanwalt Eduardo Torres-Dulce seinen Wunsch selbst, indem er höchstpersönlich die Einleitung eines Verfahrens gegen Artur Mas, seine Stellvertreterin Joana Ortega und die katalanische Bildungsministerin Irene Rigau vor dem katalanischen Oberlandesgericht (Tribunal Superior de Justà­cia de Catalunya) beantragte. Er wirft den drei Regierungsvertretern im Zusammenhang mit dem 9N Amtsmissbrauch, Amtsanmaßung und Rechtsbeugung vor.

    Joana Ortega wurde angeklagt, weil sie im Rahmen ihres Zuständigkeitsbereichs, der Justiz, dafür gesorgt hatte, dass Urnen und Stimmzettel von Häftlingen hergestellt wurden, wie dies auch bei amtlichen Abstimmungen üblich ist. Bildungsministerin Rigau wird von Torres-Dulces vorgeworfen, dass zahlreiche Schulbauten als Stimmlokale zur Verfügung gestanden hatten.

    Unmittelbar nachdem bekannt wurde, dass die Generalstaatsanwaltschaft trotz massiver Einwände der katalanischen Oberstaatsanwaltschaft Anklage erhoben hatte, wandte sich Francesc Homs, Sprecher der katalanischen Regierung an die Medien. Während der Pressekonferenz machte er deutlich, dass man nicht vom eingeschlagenen Weg weichen werde. »Wir wollen nicht mehr Teil eines Staates sein, in dem die Ausübung des Rechts auf freie Meinungsäußerung zu einer Anklage führen kann«, so Homs. Gleichzeitig teilte er mit, die katalanische Regierung habe bereits ihre gerichtliche Verteidigungslinie vorbereitet.

    Uneingeschränkte Solidarität und ein offensives Unterstützungsangebot erhielt Präsident Artur Mas von seinem Amtsvorgänger, dem Sozialisten José Montilla. Gegenüber Catalunya Radio sagte er, er könne sich nicht vorstellen, dass eine derart abstruse Anklage tatsächlich zur Einleitung eines Verfahrens führen werde. Falls doch, bot er Mas an, als Zeuge der Verteidigung aufzutreten.

    Das katalanische Parlament verabschiedete eine Resolution, mittels derer es die politische und juristische Verantwortung für den 9N übernimmt, während eine Plattform Vordrucke verteilt, mit denen sich möglichst viele Bürgerinnen und Bürger für die Teilnahme an der Abstimmung selbst anzeigen und somit das Gerichtsverfahren ad absurdum führen sollen.

    Siehe auch: 01 02 03 04 05 06



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  • Der autonome Feiertag.

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    8 Comentârs → on Der autonome Feiertag.

    Dieser Tage wird über einen neuen Südtiroler Landesfeiertag diskutiert — der sogenannte Josefitag soll möglicherweise wieder eingeführt werden. Es sei vorausgeschickt, dass mich die Debatte wenig interessiert, ich die Teilnahme des Bischofs an einer Sitzung der Landesregierung für ein unangenehmes Signal halte und der Meinung bin, dass neue gesetzliche Feiertage eher weltlichen als religiösen Anlässen gewidmet sein sollten. Doch das ist meine persönliche Meinung und um die soll es an dieser Stelle nicht gehen.

    Nehmen wir an, eine Mehrheit der Südtirolerinnen bzw. des Südtiroler Landtages wünscht es, einen neuen Feiertag einzuführen. Geht nicht. Denn hierfür ist die Große Autonomie (GrAu) nicht zuständig, sondern der Staat. Auch der Pfingstmontag, der nun zugunsten des Josefitags als »Feiertag« fallen soll, ist im Grunde kein solcher. Den Pfingstmontag hat das Land nur durch einen Trick bzw. Umweg zu einem feiertagsähnlichen Anlass gemacht, indem es den Landesbediensteten frei gibt. Punkt. Kein Privater ist in irgendeiner Form an diesen Feiertag gebunden — im Unterschied zu den staatlichen Feiertagen.

    Nun, Südtirol soll ja besonders autonom sein. Ein Vergleich zeigt jedoch, dass die GrAu auch in diesem Fall nicht mit anderen Ländern mithalten kann:

    • In Deutschland werden sämtliche Feiertage grundsätzlich von den Ländern festgelegt. Einzige Ausnahme ist der Tag der Deutschen Einheit, der durch einen Staatsvertrag eingeführt wurde.
    • In Österreich können gesetzliche Feiertage sowohl durch Bundes-, als auch durch Landesrecht festgelegt werden.
    • In der Schweiz ist nur der Staatsfeiertag am 1. August durch Bundesrecht einheitlich festgelegt. Alle anderen Feiertage sind ausschließliche Sache der Kantone und der Gemeinden.
    • In Spanien können Staat und Regionen gesetzliche Feiertage festlegen. Auch Gemeinden dürfen (beschränkt auf zwei Tage pro Jahr) Feiertage festlegen, die volle amtliche Gültigkeit haben.

    Wir müssen also zwar auch weiterhin fleißig den Tag der italienischen Streitkräfte begehen, einen Tag der Autonomie wird es aber wohl — als echten Feiertag — nicht so bald geben. Aus zwei Gründen: Es gibt nix zu feiern.

    Siehe auch: 01 02 03 04



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  • Geldautonomie vs. Gurgisers Subsidiarität.
    Quotation

    [Bezüglich Lkw-Mauterhöhung] gibt es hierzulande aber immer den Verweis auf Rom….
    …ach, die sollen endlich selber was machen. Glauben Sie, wir fragen dauernd in Wien nach? Für das eigene Land sind zuallererst eine Landesregierung, ein Landeshauptmann und der Landtag verantwortlich. Doch offenbar fährt man bei Ihnen nur nach Rom, um Geld und Posten zu beschaffen. Ihr ehemaliger Landeshauptmann Durnwalder hat mir das sogar einmal ins Gesicht gesagt: für die Maut fahre ich keinen Meter. Für’s Geld war er sich aber nie zu schade. Nur: mit Geld kann man die Gesundheit nicht kaufen.

    Der Vorsitzende des Transitforums Austria-Tirol, Fritz Gurgiser, mahnt im Salto-Interview Eigenverantwortlichkeit ein und kritisiert die Geldzentriertheit des Südtiroler Autonomieverständnisses.

    Siehe auch: 01



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