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  • L’avvocato del diavolo.

    Entriamo nel tema: supponendo che dovesse fare l’avvocato del diavolo dell’unionismo, quali argomenti in suo favore userebbe?

    Quando mi chiama avvocato del diavolo, sta dicendo che gli unionisti sono diavoli?

    Piuttosto dico che se l’indipendenza passasse per un processo di beatificazione sarebbe necessario un avvocato del diavolo che citasse argomenti contrari, pur essendo favorevole all’indipendentismo. La domanda è quali argomenti userebbe Lei se le toccasse questo ruolo

    Vediamo. La mia posizione rispetto a questo tema e su qualsiasi regione del mondo che volesse diventare indipendente è che il popolo deve decidere. Ciò che come liberale mi preoccupa è che sul pianeta terra, nel 21° secolo, si possa arrivare all’indipendenza tramite una guerra e dopo 15 giorni disporre di un seggio all’ONU. Ma modificare i confini con il voto, non si può. Dalla Spagna ora si sta attaccando la Catalogna in maniera brutale. Ci chiamano nazisti e ci insultano perché vogliamo votare. La schizofrenia è tale che ci dicono “la Costituzione, il grande libro della democrazia, vi proibisce di votare”. Vediamo, aspetta… il grande libro della democrazia proibisce di votare? Però che gran libro è questo? Quindi, se io fossi il diavolo o il suo avvocato, direi: “che votino”. Se vince il no, è no. Questo è l’argomento. E se vince il sì, è sì. E anche questo è l’argomento. A partire da qui sono favorevole a discutere i pro e i contro. Soprattutto dal punto di vista economico, che è il mio. Per questo, quando leggo articoli che parlano delle sette piaghe bibliche che ci colpiranno se diventiamo indipendenti, mi irrito. Perché bisogna votare. E votare liberamente, con informazioni corrette e non con tentativi assurdi di manipolare l’opinione o con le minacce. Dev’essere una decisione libera, null’altro.

    Cosa facciamo se quelli che stanno dall’altra parte [il resto della Spagna, n.], anch’essi democraticamente, dicono che non vogliono modificare i confini?

    Si tratta di decidere quel che vuoi essere tu. E questo automaticamente definisce il confine. E chi deve decidere che cosa vuole sei tu. Non tu e il tuo vicino. Se votassimo sia noi che il vicino, finiremmo tutti per essere cinesi, perché, visto che sono la maggioranza, vincerebbero qualsiasi votazione nella quale si chiedesse se vogliono annettersi i vicini. Se gli spagnoli vogliono essere spagnoli, che siano spagnoli. Se i cinesi votano che gli spagnoli debbono essere cinesi, la Spagna non diventa una provincia cinese. Quando una donna vuole divorziare da suo marito e andarsene da casa, lo decide lei e «vota» solamente lei; non «votano» né lui né tutta la famiglia di lui. Allo stesso modo il futuro dei catalani lo devono decidere i catalani e solo i catalani. Gli extremeñi possono decidere sul futuro dell’Extremadura, ma non su quello della Catalogna. Se catalani e spagnoli decidono che vogliono far parte dello stesso stato, non c’è confine. Ma se decidono cose differenti, il confine c’è. Questa è la democrazia.

    Ma una decisione di questo tipo riguarda tutti gli spagnoli.

    Se i confini si definiscono a maggioranza, allora finiremo tutti per essere cinesi. Se gli spagnoli son disposti a parlare il mandarino fra 15 giorni, allora votiamo tutti.

    Xavier Sala i Martin (Cabrera de Mar, 1963) è economista, dottorato presso l’Università  di Harvard, cattedratico presso la Columbia University, autore di vari libri sulla crescita economica e il liberalismo. Già  tesoriere e presidente della Commissione Economica dell’FC Barcelona, è fondatore della ‘Fundació Umbele: un futuro per l’Africa’, collabora con il quotidiano ‘La Vanguardia’ e la televisione pubblica TV3. Vive a New York.

    Traduzione:



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  • La sinistra: il sardo discrimina gli italiani.

    L’esistenza di una lingua e cultura propria è una delle ragioni principali per cui la Sardigna gode dello status di Regione Autonoma. Tuttavia, per molti anni le istituzioni si sono sistematicamente «dimenticate» e disinteressate del sardu, accettandone la totale emarginazione — e tornando a occuparsene solo negli ultimi anni, in maniera ancora del tutto insufficiente. La lingua, riconosciuta anche dalla legge 482/99 sulla tutela delle minoranze linguistiche, ma degradata a «dialetto» dalla Cassazione, avrebbe potuto approffittare in maniera decisiva della Carta europea sulle lingue regionali o minoritarie, che però in Italia è in attesa di ratifica da oltre 20 anni.

    Negli ultimi giorni alcuni consiglieri comunali di Casteddu/Cagliari avevano proposto di far fare un ulteriore piccolo passo alla limba sarda, chiedendone l’inserimento fra le materie per l’accesso a posizioni nell’amministrazione comunale — trovandosi però di fronte l’opposizione non solo delle destre, ma anche della sinistra. Mentre Anselmo Piras del PDL negava perfino l’esistenza del sardu (in quanto frammentato in dialetti!), i due consiglieri Davide Carta (PD) e Sergio Mascia (SEL) avvertono il rischio di ‘discriminazione degli italofoni’. E ci vuole veramente del coraggio a insinuare che la lingua discriminata in Sardigna possa essere l’italiano; ma si sa, anche il minimo scalfimento della lingua unica dello stato viene percepito come un atto di lesa maestà.

    Ordunque, gli stessi partiti che in Sudtirolo un giorno sì e l’altro pure si riempiono la bocca di plurilinguismo, scuola trilingue e «aperture mentali» (perché gioverebbero a una maggiore diffusione della lingua nazionale!), altrove — nelle regioni in cui le lingue minoritarie non godono delle medesime tutele — non solo non fanno nulla per raggiungere obbiettivi simili, ma in più di un’occasione vi si oppongono con motivazioni che hanno dell’incredibile. Non a caso, d’altronde, anche qui in Sudtirolo non s’è mai visto, da parte delle sinistre nazionali, alcun impegno in favore della parificazione del tedesco o del ladino.

    Quindi, il denominatore comune fra la politica a livello statale e locale (sarda, friulana o sudtirolese che sia) della sinistra nazionale non è la tanto sbandierata «diversità», bensì l’impegno a favore dell’italianità.



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  • Nazionalismo di sinistra.

    È risaputo che la sinistra italiana, diversamente da quella di altri paesi europei, non si discosta molto dalla destra in quanto a nazionalismo. In Sudtirolo ne abbiamo un esempio lampante con Guido Margheri (SEL), che riesce a mettersi sempre in prima fila quando si tratta di far politica etnica sotto il mantello del plurilinguismo, dell’apertura mentale, del multiculturalismo.

    • Nel 2009 era stato lui a presentare un esposto alla magistratura per la questione della segnaletica di montagna. Incalzato sul monolinguismo di poste, ferrovie o polizia — mai oggetto del suo interessamento, né prima né dopo  — la sua reazione fu evasiva e di insofferenza.
    • Per quanto riguarda l’adunata degli Alpini (corpo dell’esercito italiano) a Bolzano, non solo non s’è udita alcuna nota critica da parte di Margheri. La sinistra pacifista dovrebbe avere qualche difficoltà con una manifestazione di questo tipo. Invece, commentando su Facebook un articolo dedicato a una loro supposta «vittoria per tre a zero», scrisse perfino:

      …un buon pezzo…il campionato però è ancora da completare e vincere…

    • In occasione della manifestazione indipendentista di Merano, non sostenuta da , emise un comunicato stampa nel quale, insinuando contraddizioni inesistenti, affermò che

      O si è per lo Statuto, la convivenza, l’autonomia, la Costituzione, l’Europa dei popoli o si sta con chi ha manifestato a Merano. Tertium non datur.

    Oggi sul quotidiano A. Adige è apparso un fondo di Margheri, nel quale chiede la cancellazione di norme fondamentali per la tutela delle minoranze nei confronti dello stato nazionale, senza alcuna proposta alternativa: superamento dell’articolo 19 dello statuto (educazione in lingua materna), eliminazione dei quattro anni di residenza, cancellazione della proporzionale, alla pari del «suo» deputato Florian Kronbichler. Posizioni indistinguibili da quelle di Urzì e Biancofiore. Come Kronbichler, inoltre, si compiace del mancato ritiro, da parte del governo centrale, dell’impugnazione nei confronti della legge sulla toponomastica, approvata dall’SVP e dal PD con l’astensione dei «cugini» verdi di SEL. Perché il mantenimento di quasi tutta la toponomastica di origine fascista non è sufficiente; come all’epoca della segnaletica di montagna, probabilmente, Margheri s’impegnerà per il mantenimento del prontuario tutto. Fino all’ultimo ruscello.



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  • Mehr Überwachung, noch mehr Staat.

    Überwachung.

    Mit 472 Beamten je 100.000 Einwohnerinnen lag die Polizeidichte in Italien um die Jahrtausendwende sage und schreibe 40% über dem EU-Durchschnitt (337)*. Wie regelmäßig verlautbart wird, liegt dieser Wert in Südtirol noch einmal höher, weshalb in Vergangenheit auch schon mehrmals die Forderung laut wurde, die Polizeipräsenz zu reduzieren.
    Wie das folgende, dem zweiten Sicherheitsbericht des deutschen Bundeskriminalamts (BKA) von 2006 entnommene Schaubild zeigt, korreliert das Sicherheitsgefühl der Bevölkerung ohnehin kaum mit der Polizeidichte.

    Polizeidichte/Kriminalitätseinschätzung.

    In Italien ist die Polizeidichte im Vergleich der untersuchten Länder am höchsten; trotzdem zeigt der Wert für die Kriminalitätseinschätzung, dass sich die Bevölkerung relativ unsicher fühlt. In den skandinavischen Ländern geht eine vergleichsweise niedrige Polizeidichte mit einem hohen Sicherheitsgefühl einher, Deutschland und Österreich erreichen mit einer durchschnittlichen Polizeidichte exzellente Werte, während in Spanien mit einer hohen Polizeipräsenz auch ein sehr hohes Sicherheitsgefühl erreicht wird.

    Der italienische Staat scheint in dieser Beziehung eines der ineffizientesten ‘Systeme’ zu sein. Ob dies auf schlechte Ausbildung und Ausrüstung der Polizeikräfte, auf ihren falschen Einsatz (etwa: Büro statt Straße), auf laxe Gesetze, die keine effiziente Arbeit gestatten oder auf andere Faktoren zurückzuführen ist — darüber kann an dieser Stelle nur spekuliert werden. Indes scheint klar, dass, wollte man das Sicherheitsgefühl der Bürger erhöhen, nicht noch mehr Beamte nötig sind, sondern andere Stellschrauben zu betätigen wären.

    Einer Pressemitteilung der Südtiroler Volkspartei vom April 2013 über ein Treffen zwischen Polizeipräsident La Vigna und Senator Karl Berger (SVP) ist denn auch folgender Satz zu entnehmen:

    Die Präsenz der Ordnungshüter zu erhöhen – so Berger – sei […] nicht der richtige Weg, da Südtirol ohnehin schon eine höhere Polizeipräsenz als andere Regionen Italiens habe.

    Doch jetzt soll alles anders kommen: Weil im Juni die Kinder einer prominenten Bozner Familie Opfer einer Schlägerei wurden, machte der mediale Druck die Abhaltung eines Sicherheitsgipfels nötig. Neben einer Intensivierung der Präventionsarbeit wurden dort vor allem noch mehr private Überwachung durch Installation von Kameras sowie die Aufstockung der Polizei um 40 Beamte während der Sommermonate beschlossen. Angesichts der oben beschriebenen Relationen und der Tatsache, dass die Polizeidichte hierzulande schon mehr als 40% über jener im benachbarten Österreich liegt, kann man das getrost als puren Populismus bzw. Aktionismus bezeichnen. Der Staat dürfte sich hingegen freuen, dass ihn das Land jetzt sogar auffordert, seine Präsenz in Südtirol noch einmal zu erhöhen — statt umgekehrt, wie bisher.

    Cëla enghe: 01 02 03 04 || 01 02 03

    *) Zweiter Sicherheitsbericht des Bundeskriminalamts, 2006.



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  • Pinzgers Unabhängigkeit.
    Quotation

    Im TAZ-Interview äußerte sich HGV-Präsident Manfred Pinzger unter anderem wie folgt zur Unabhängigkeit:

    Der größte Unterschied [zwischen Italien und Österreich] ist natürlich die Planungs- und Rechtssicherheit, die man in einem zivilisierten Staat [!] hat – und das sind Grundvoraussetzungen für ein Unternehmen, die man in unserem Staat leider nicht hat. Bei uns gelten Notstandsdekrete mit sofortiger Wirkung. Sonst gibt es Strafen, die beinahe nicht zu bewältigen sind. Hinterm Brenner ist hingegen eine langfristige Planung möglich. Wir Südtiroler wissen nicht: Wird die Mehrwertsteuer erhöht oder nicht, wie geht es mit der IMU weiter, gibt es eine Reduzierung für Betriebsimmobilien, und so weiter. Es fehlt einfach eine mittel- und langfristige Planung.

    Denken wir nur an die Finanzkontrollen: Dabei geht es bei uns wie in einem Militärstaat zu: Mit Maschinengewehren stehen die Finanzer vor der Tür und nehmen die Wohnung auseinander.

    Wir als HGV werden bei diesem Referendum sicher nicht mit der Fahne vorausmarschieren. Wir haben in Südtirol viele italienische Gäste, auf die wir angewiesen sind. Es gibt allerdings das große Problem der Rechts- und Planungsunsicherheit. Es macht uns fertig, wenn man heute noch nicht weiß, was morgen kommt und dass man dermaßen zur Kasse gebeten wird. Wir sehen auch nicht ein, dass unsere Betriebe als Luxuswohnungen und nicht als Betriebsimmobilien eingestuft werden. Derzeit ist es einfach ein Kampf.

    Natürlich. Südtirol ist auf jeden Fall selbstständig überlebensfähig.

    Interessant: Pinzger saß bis Anfang 2013 für die SVP im italienischen Senat, dieselbe Partei, die den Südtirolerinnen fortwährend eintrichtert, die Grenze habe keine Auswirkungen mehr und die Unabhängigkeit sei auch deshalb nicht möglich, weil Südtirol binnen kürzester Zeit verarmen würde.

    Cëla enghe: 01 02 03 04 || 01



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  • Tribus über Kronbichler.
    Quotation

    Zur Debatte stand ein Beschlussantrag der rechten “Fratelli d’Italia”[,] mit dem vermieden werden sollte, dass die Regierung den beim Verfassungsgericht behängenden Rekurs zurückziehe. Darauf reagierten die SVP und der PD mit einem Antrag, der sich für einen Verhandlungstisch stark machte. Der Antrag wurde unverständlicherweise auch vom Abgeordneten Kronbichler unterzeichnet, der dann in seiner ersten großen Rede zu Südtirol genau die Position des parlamentarischen Arms der Südtiroler Faschisten, Postfaschisten und Neofaschisten einnahm: der Rekurs soll nicht zurückgezogen werden, das SVP-PD-Gesetz soll zurückgewiesen werden, die Toponomastik soll so bleiben wie sie ist.

    Arnold Tribus, Herausgeber der TAZ, ehemals grün-alternativer Landtagsabgeordneter (1985-1993) und Arbeitgeber von Florian Kronbichler (bis 2013); Auszug aus dem heutigen TAZ-Leitartikel.

    Cëla enghe: 01 02 03 04 05 || 01 02



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  • Realitätsverweigerung ist Chefsache.

    Landeshauptmann Luis Durnwalder (SVP) war heute in Wien, um Bundespräsident Heinz Fischer über die Situation in unserem Lande zu informieren. Wie wahrheitsgetreu er dem Staatschef wohl Bericht erstattete, lässt sich aufgrund eines Interviews erahnen, das der LH bei dieser Gelegenheit der österreichischen Presseagentur APA gewährte.

    • Wie berichtete, wurde das Wahlabkommen zwischen SVP und PD binnen kürzester Zeit gleich dreimal von Rom gebrochen, und zwar noch bevor ein einziger Punkt daraus umgesetzt ist: Zuerst focht die Regierung Letta einen wichtigen Passus der Südtiroler Handelsordnung vor dem Verfassungsgericht an, dann bestätigte sie die Schließung der Bezirksgerichte und weigerte sich schließlich, Montis Rekurs gegen das im Landtag (von SVP und PD bei Enthaltung der Grünen) verabschiedete Toponomastikgesetz zurückzuziehen.
      Nicht nur, dass Durnwalder diesen Umstand im Gespräch mit der APA nicht kritisierte; er bescheinigte der neuen Regierung in Rom sogar noch den »guten Willen«, die angespannten Beziehungen zu Bozen zu verbessern.

      Wir sind im engen Kontakt mit Rom und ich habe den Eindruck, dass die heutige Regierung bestrebt ist, das Abkommen einzuhalten.

      Woraus genau der LH diesen Eindruck gewinnt, bleibt angesichts der genannten Tatsachen offen.

    • Gleichzeitig betonte der LH in Wien einmal mehr, dass Südtirol bereit sei, seinen Anteil an der Sanierung des italienischen Haushalts zu leisten. Im Interesse des Landes hätte Durnwalder dies an die Erfüllung der anderen Punkte des Abkommens knüpfen sollen; stattdessen droht dies nun eine der wenigen (wenn nicht die einzige) Vereinbarung zu werden, die nicht gebrochen wird.
    • In Bezug auf die Unabhängigkeitsbestrebungen im Lande sagte Durnwalder hingegen den auch syntaktisch interessanten Satz:

      Wer glaubt im 21. Jahrhundert, dass man Grenzen verschieben kann und einen eigenen Staat machen oder zurück nach Österreich, das ist nicht drinnen.

      Wie er zur Auffassung gelangt sein mag, dass unser Jahrhundert das wohl einzige seit Menschengedenken sein wird, während dem sich Grenzen nicht mehr ändern lassen, ist schleierhaft. Aus welchem Grund sollte sich ein menschgemachtes administratives Konstrukt gerade in einer globalisierten, zusammenwachsenden Welt in ein ’gottgegebenes’, unveränderliches Dogma verwandeln?
      Die Bürger Schottlands, die nachweislich ebenfalls im 21. Jahrhundert leben, dürfen jedenfalls schon 2014 völlig frei und ohne Denkverbote entscheiden, ob sie das Vereinigte Königreich verlassen möchten oder nicht.



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  • Herumgeführt. An der Nase.

    Erlass einer Durchführungsbestimmung zur Toponomastik auf der Grundlage der Prinzipien, die im Landesgesetz Nr. 15/2012 festgelegt wurden, womit die durch die Regierung Monti beschlossene Anfechtung des Landesgesetzes hinfällig wird.

    Diesen Punkt (Nr. 5) des Wahlabkommens zwischen SVP, PATT und PD hatten wir kritisiert, weil damit die Zuständigkeit für die Ortsnamensgebung — die laut Autonomiestatut dem Landtag zusteht — ‘freiwillig’ an Rom abgegeben worden wäre. Doch wie wir jetzt wissen, wird es selbst zu dieser kritikwürdigen Minimallösung nicht kommen: Montis Anfechtung wird nicht »hinfällig«, sondern von der derzeitigen Regierung aufrecht erhalten, wie Regionenminister Graziano Delrio in Rom versicherte. Damit wird das Abkommen schon zum dritten Mal (01 02) gebrochen, noch bevor ein einziger Punkt umgesetzt wurde.

    Aber der Reihe nach: Am 15. September letzten Jahres verabschiedete die SVP gemeinsam mit dem Koalitionspartner (PD), bei Enthaltung der Grünen, ein äußerst schwaches, schlampig formuliertes und flickschusterhaftes Gesetz (das oben erwähnte LG 15/2012), das aber — bei gleichzeitiger Beibehaltung fast aller Erfindungen von Ettore Tolomei — immerhin die Grundlage für die amtliche Wiedereinführung der historischen Ortsnamen bilden sollte. Hans Heiss (Grüne) hielt damals lobend fest, die SVP sei sich bewusst geworden, dass man die faschistischen Ortsnamen nicht mehr abschaffen könne.

    Trotzdem pilgerten der erklärte Faschist Donato Seppi (Unitalia), Postfaschist Alessandro Urzì (damals FLI, heute AAnC) und Maurizio Vezzali (PDL) nach Rom, um die Regierung Monti zu einer Anfechtung des Gesetzes vor dem Verfassungsgericht zu bewegen. Dass ihnen dieser Wunsch erfüllt wurde, belegt, dass die Autonomiefeindlichkeit der Technokraten nicht nur mit den Einsparungen in Verbindung stand.

    Dafür, dass er einen demokratischen Beschluss des Landtags auf diese Weise hintertrieb, wurde Vezzali von der SVP später mit dem Posten des Landtagspräsidenten ‘belohnt’.

    Im Vorfeld der vorgezogenen Parlamentswahl (Anfang 2013) schloss dann die SVP mit PATT und PD das Wahlabkommen, dessen fünfter Punkt eingangs zitiert wurde. SVP-Obmann Richard Theiner bezeichnete das »Dokument« als »ein großer Schritt in Richtung Vollautonomie«, während es Karl Zeller zu einer »Versicherung für die Zukunft« erklärte. In der folgenden Wahl trug die Volkspartei (die sich als Retterin der gefährdeten Autonomie inszenierte) entscheidend dazu bei, dass das Bündnis um Pier Luigi Bersani den Mehrheitsbonus im Abgeordnetenhaus errang.

    PD-Spitzenkandidat Bersani schaffte zwar nicht sein Ziel, Ministerpräsident einer reinen Mittelinksregierung zu werden. Sein ‘Nachfolger’ Enrico Letta (ebenfalls PD) versicherte der SVP aber trotzdem, das Abkommen einhalten zu wollen — womit er seinem Kabinett die Zustimmung der Sammelpartei sicherte; Lettas Ernennung zum Ministerpräsidenten wurde von der SVP gar als »Glücksfall für uns« gefeiert.

    Trotz alledem kündigte Regionenminister Delrio heute (in Beantwortung einer Anfrage der postfaschistischen Fratelli d’Italia) an, die von der SVP unterstützte Regierung werde die Anfechtung vor dem Verfassungsgericht keineswegs zurückziehen. Gleichzeitig wurde ein Antrag von SVP, PD und SEL angenommen, mit dem ein ‘Verhandlungstisch’ zur Toponomastik zwischen Staat und Land eingesetzt wird: Ein Zuständigkeitsbereich, der (erstens) laut Autonomiestatut eindeutig dem Land Südtirol vorbehalten ist und (zweitens) laut Wahlabkommen im Sinne des Landesgesetzes zu regeln wäre, ‘darf’ jetzt also auf Antrag der SVP (!) schon wieder mit dem Staat verhandelt werden. Andersherum gibt es in Bereichen, die in die Zuständigkeit des Staates fallen, freilich keine Verhandlungen; vielmehr werden uns unerwünschte Regelungen (wie etwa die vollständige Liberalisierung des Handels) regelmäßig aufoktroyiert.

    Das also soll der große Schritt in Richtung Vollautonomie sein! Wann endlich bereiten die Südtiroler Wählerinnen diesem unwürdigen Spektakel ein Ende?



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