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  • Das Wunder von Rom.

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    1 Comentâr → on Das Wunder von Rom.

    Es gibt Erfreuliches zu berichten: Laut Salto hat der Ministerrat jene Durchführungsbestimmung genehmigt, die Südtirol bei der Regelung von Handelstätigkeiten Spielraum gewährt, der unter Monti und dessen Liberalisierungsfeldzug nicht gegeben war. Zweifellos ein wichtiger autonomiepolitischer Schritt. Wenngleich der hds bemängelt, dass in der Durchführungsbestimmung nicht einmal die Zuständigkeit für die Regelung der Öffnungszeiten enthalten ist.

    Interessant ist, wie LH Arno Kompatscher und Senator Hans Berger den Erfolg verkaufen.

    Was viele für unmöglich hielten, ist heute gelungen.

    Mit diesen Worten hebt der LH die politische Leistung hervor. Heißt das etwa, dass da etwas gemacht wurde, das “unrealistisch” zu erreichen war? Hat man sich tatsächlich ohne viel Erfolgsaussicht auf etwas eingelassen und es dann tatsächlich bekommen? Bei vielen anderen Zielen wird der Landeshauptmann ja nicht müde zu betonen, dass deren Erreichung “unrealistisch” sei, ohne freilich die entsprechende Forderung je deponiert zu haben.

    Hans Berger andererseits realtiviert die Verhandlungsleistung der Südtiroler sogleich unfreiwillig.

    Renzi und Boschi haben Wort gehalten!

    Zum einen wird mit dieser Aussage die Normalität Selbstverständlichkeit zur Tugend erhoben. Zum anderen kann die “Heimholung des Handels” dann doch nicht so “unmöglich” und schwierig gewesen sein, wenn es diesbezüglich sogar schon ein Versprechen des Ministerpräsidenten gab. Es sei denn, solche Versprechen sind nichts wert. Warum man dann Abmachungen immer wieder darauf aufbaut (Schutzklausel, Mailänder Abkommen usw.) ist unverständlich.



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  • Un nuovo «diritto civile».

    Autor:a

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    4 Comentârs → on Un nuovo «diritto civile».

    Gli eventi di autodeterminazione collettiva, violenti o pacifici, si verificano da secoli; non di rado, come la rivoluzione francese o la dichiarazione d’indipendenza degli Stati Uniti, hanno comportato cambiamenti epocali. E quasi sempre, ovviamente, erano illegali se raffrontati alla legislazione previgente.

    Si dovette attendere a lungo un diritto di autodeterminazione codificato, fatto generalmente risalire al presidente americano Woodrow Wilson. Questi, dopo la prima guerra mondiale, volle riordinare l’Europa non solamente secondo logiche di potere, ma, per la prima volta, anche secondo princà­pi ispirati al diritto internazionale ed alla democrazia. Una pretesa solo parzialmente giunta a compimento, in quanto, ad esempio, gli appartenenti alle «nazioni» vinte (ivi inclusi i sudtirolesi) non vennero nemmeno presi in considerazione. L’autodeterminazione fu concessa solamente ai popoli che aspiravano a separarsi dalla Germania e dalla monarchia asburgica. Il concetto di «popolo», inoltre, all’epoca era profondamente influenzato dall’idea nazionale.

    Solo dopo il 1945 la pressione esercitata da alcuni territori occupati (si pensi alla resistenza civile di Mahatma Gandhi in India) e la nascita delle Nazioni Unite contribuirono a uno sviluppo e alla conretizzazione sostanziali del diritto di autodeterminazione. Su tale base, entro un lasso di tempo relativamente breve, poté svilupparsi un ampio processo di decolonizzazione, tramite il quale molti paesi si liberarono dal dominio e dallo sfruttamento europeo. I confini imposti in epoca coloniale tuttavia rimasero quasi sempre intatti.

    In seguito si tornò a un’interpretazione estremamente conservatrice del diritto all’autodeterminazione, evoluzione facilmente riconducibile al fatto che a plasmare ed imporre il diritto internazionale sono gli stati stessi. Ed è al loro «naturale istinto di autoconservazione» che va quindi imputato che l’autodeterminazione — in quanto ormai diritto «di emergenza» — veniva concessa solamente alle minoranze cui uno stato avesse negato sistematicamente i propri diritti fondamentali.

    Da qualche anno tuttavia si sta sgretolando anche il concetto di base secondo cui l’autodeterminazione sarebbe riservata solo a «popoli» o etnie chiaramente definiti. Nel corso della storia l’autodeterminazione individuale e quella collettiva rimasero quasi sempre su due piani separati. A volte perfino entrarono in conflitto fra di loro, in quanto quella collettiva poteva inficiare l’autodeterminazione individuale, laddove il bene del singolo veniva subordinato a quello della comunità .

    In seno alle nostre moderne democrazie liberali stiamo assistendo a una nuova trasformazione del concetto di autodeterminazione. Le massicce migrazioni a livello mondiale stanno evidenziando inconfutabilmente i limiti degli stati-nazione, sinora portatori del diritto di autodeterminazione collettiva. Al contempo la democrazia e lo stato di diritto fanno crescere il desiderio di autodeterminazione individuale (informazionale, sanitaria, sessuale, politica), sussidiarietà  e partecipazione.

    In tale contesto l’autodeterminazione collettiva non può più essere vista indipendentemente da (o addirittura in contrasto a) quella individuale. Come «diritto dei popoli» diventa sempre più obsoleta, mentre in Europa si rafforza la voglia di considerare la sovranità  collettiva come somma delle sovranità  individuali. Non sono più le caratteristiche (apparentemente) immutevoli o innate a concedere il diritto all’autogoverno; sempre di più invece le persone che convivono in un determinato territorio considerano un’ovvietà  democratica poter decidere, esercitando in contemporanea la loro autodeterminazione individuale, anche sull’organizzazione della loro comunità , la forma di governo ed il proprio sviluppo culturale. Ne consegue che sono disposte a riconoscere come limite alle loro decisioni solamente i diritti universali dell’uomo, ma non un principio anacronistico e fine a se stesso come l’integrità  territoriale degli stati (nazionali).

    I processi di indipendenza attualmente in corso sia in Scozia sia in Catalogna sono esempi lampanti di una nuova coscienza che si nutre del progetto di pacificazione europea. Fasce molto larghe di popolazione, sulla base della propria volontà  politica, chiedono di poter decidere liberamente sul futuro della propria collettività ; e porché i diritti fondamentali ed universali non sono né in pericolo né tantomeno sono legati all’appartenenza statuale, da un punto di vista democratico sarà  estremamente difficile ignorare l’eventuale volontà  maggioritaria o respingerla con motivazioni legalistiche.

    Talvolta si afferma che la formazione di nuovi stati sarebbe contraria al processo di unificazione europea. Ma mentre gli scozzesi e i catalani si riconoscono esplicitamente nell’Unione Europea, finora sono soprattutto le istituzioni di Bruxelles a dimostrarsi fredde nei confronti dei processi democratici di tali regioni. Se da un lato ciò è comprensibile, in quanto anche l’UE è ancora fortemente dipendente dagli stati nazionali, d’altro canto è anche un atteggiamento imprudente e poco coraggioso: proprio la decostruzione — anche «materiale» — degli stati nazionali rafforzerebbe l’Europa quale istanza superiore e armonizzante. O come scrisse Burkhard Müller su «Süddeutsche Zeitung» dell’8 novembre 2012:

    I nuovi stati regionali […] cadrebbero nel grembo di un’Europa dalle relazioni economiche strettamente interconnesse. […] Un tale sgretolamento di stati non andrebbe interpretato come un’espressione disintegrativa, ma al contrario come una conseguenza della maggiore integrazione.

    E questo a sua volta sarebbe un cambiamento epocale urgentemente necessario: la regionalizzazione dell’UE sancirebbe definitivamente il processo di unificazione, mentre al contempo la reinterpretazione dell’autodeterminazione collettiva da un «diritto dei popoli» verso un «diritto democratico di cittadini autodeterminati» di fatto metterebbe fine all’era degli stati nazionali, che tanta violenza hanno portato a questo continente nei secoli XIX e XX.

    Vedi anche: 01



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  • Peinlich und gut.

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    17 Comentârs → on Peinlich und gut.

    Der österreichische VfGH hat heute die Stichwahl zwischen Norbert Hofer und Alexander van der Bellen annulliert und eine Wiederholung angeordnet. Ein paar Beobachtungen dazu:

    • Die beanstandeten Unregelmäßigkeiten und Schlampereien (ein expliziter Wahlbetrug oder eine fehlerhafte Auszählung konnte nicht festgestellt werden) hatten das Potential, den Ausgang der Bundespräsidentschaftswahlen zu beeinflussen, da zum Beispiel Ergebnisse vor Schließung der letzten Wahllokale weitergeleitet wurden. Dies entspricht nicht dem Grundsatz der “freien Wahl”, da Menschen durch dieses Wissen theoretisch in ihrer Wahlentscheidung beinflusst hätten werden können. Auch wurde durch frühzeitiges und unsachgemäßes Öffnen von Briefwahlstimmen (falscher Ort, keine Beisitzer anwesend usw.) der Grundsatz der “geheimen Wahl” verletzt. Manipulationen könnten somit nicht ausgeschlossen werden. Dies sind die Hauptgründe, warum die Wahl wiederholt werden muss.
    • Zu wessen Gunsten bzw. Ungunsten etwaige Beeinflussungen oder Unregelmäßigkeiten gewirkt haben, lässt sich nicht feststellen.
    • Dem Einwand der FPÖ, dass die Briefwahl in dieser Form grundsätzlich verfassungswidrig sei, pflichtete der VfGH nicht bei.
    • Die Tatsache, dass die Wahl wiederholt werden muss, ist peinlich für die österreichische Demokratie. Laut Armin Wolf musste bislang weltweit nur 1990 auf den afrikanischen Komoren, 2004 in der Ukraine, 2005 in Abchasien und kommenden Oktober in Haiti in den letzten 30 Jahren eine Präsidentschaftswahl wiederholt werden.
    • Gleichzeitig ist der Spruch der Verfassungsrichter zu begrüßen, denn er ist auch in seiner rigiden Auslegung und drastischen Konsequenz ein Beweis für das Funktionieren des österreichischen Rechtsstaates. Es sind zwar Fehler passiert, diese wurden jedoch demokratisch einwandfrei ausgeräumt. Etwaige Zweifel zur Legitimität des Wahlganges, die nach einem gegenteiligen Urteil bestimmt geblieben wären, hätten das Amt selbst und die Amtszeit van der Bellens massiv beschädigt.
    • Der Spruch hat die FPÖ weitestgehend aus der Opferrolle herauskatapultiert. Zum einen betrifft das Fehlverhalten Personen aus dem Umkreis aller Parteien – also auch der FPÖ – und zum anderen musste auch H. C. Strache, der ansonsten sehr oft eine Verschwörung gegen seine Partei vermutet, eingestehen, dass der österreichische Rechtsstaat funktioniert.
    • Die Wahlleiter – als Verantwortliche – tragen mehr Schuld an den Unregelmäßigkeiten als die Beisitzer, die “nur” Kontrollorgan sind. Die hohe Politik, die in den sozialen Medien bereits wieder “ihr Fett abbekommt”, hat mit den Schlampereien nichts zu tun. Das Schlamassel haben Österreich “Normalsterbliche” eingebrockt. Die Kosten, die für die Neuaustragung anfallen, muss einem die Demokratie allerdings Wert sein.
    • Ungeachtet des Ausgangs des Verfahrens waren die vielfachen Anfeindungen gegenüber der FPÖ und ihre Lächerlichmachung wegen der Anfechtung Ausdruck eines eigenartigen Demokratieverständnisses. Die FPÖ hat einfach nur von ihrem demokratischen Recht Gebrauch gemacht, ein Rechtsmittel einzulegen. Das war völlig legitim und wie der heutige Richterspruch zeigt – zumindest was die Unregelmäßigkeiten betrifft – auch gut begründet.
    • Zuguterletzt wage ich zu behaupten, dass derlei formale Fehler wahrscheinlich bei jeder Wahl in den vergangenen Jahren in Österreich und auch anderswo passiert sind. Nur war das Ergebnis nie so knapp, alsdass Anfechtungen in Erwägung gezogen wurden und werden. Das war meiner Auffassung nach wohl der einzige Unterschied zwischen dieser Wahl und allen anderen.

    Siehe auch: 01 02



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  • »Schutzklausel« fußt vor allem auf: Vertrauen.

    Autor:a

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    2 Comentârs → on »Schutzklausel« fußt vor allem auf: Vertrauen.

    In der heutigen Südtirolbeilage des Corriere ist ein Artikel von Roberto Toniatti über die sogenannte »Schutzklausel« erschienen, die die Autonomiestatute vor einseitigen Änderungen durch den Staat schützen soll. Bekanntlich wird die von der Regierung Renzi verabschiedete Verfassungsreform nur nach einer — einvernehmlich zu erfolgenden — Anpassung der Statute auch auf die jeweiligen autonomen Gebiete zur Anwendung kommen.

    Toniatti, Professor an der juristischen Fakultät der Universität Trient, weist in seinem Beitrag jedoch darauf hin, dass der sogenannte »Bressa-Verhandlungstisch« bereits eine einschränkende Interpretation der Schutzklausel vorgenommen habe. Diese Interpretation sei im Endbericht des Verhandlungstisches enthalten, der als wissenschaftliche Publikation veröffentlicht und auch schon zahlreich zitiert worden sei: Demnach hätten die Sonderautonomien kein Veto-, sondern nur ein beschränktes Verhandlungsrecht. Kommt es zwischen Staat und autonomer Region/Provinz schlussendlich zu keiner Einigung, könne das Parlament (mit absoluter Mehrheit) trotzdem zur einseitigen Änderung des Statuts schreiten. Auch das Recht auf ein Referendum gebe es nicht.

    So gesehen, schreibt Toniatti, sei die Schutzklausel weniger an tatsächliche Rechte, als vielmehr an politisches Vertrauen geknüpft. Ein politisches Vertrauen — füge ich hinzu — mit dem wir schon in Vergangenheit schlechte Erfahrungen gemacht haben, man denke nur an das Mailänder Abkommen.

    Eine Gefahr sieht Toniatti darin, dass Südtirolkonvent und Trentiner Consulta vorauseilend auf einen dezidierten Ausbau der Autonomie verzichten, um das erforderliche Einvernehmen nicht zu gefährden.

    Siehe auch: 01 02 03 04 05 06



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  • Aostanische Vorzeigeautonomie?

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    5 Comentârs → on Aostanische Vorzeigeautonomie?

    In Beantwortung einiger Fragen zur Sprachsituation in Aoûta/Aosta habe ich heute vom dortigen Regionalrat ein ausführliches Dokument erhalten, in dem man mich auf zahlreiche Besonderheiten hinweist.

    Langues en Vallée d'Aoste.

    Bildausschnitt aus dem Originaldokument.

    Mir war schon bekannt, dass

    • es in Aosta, anders als in Südtirol, keinen Präfekten oder Regierungskommissär gibt und dessen Aufgaben stattdessen vom Regionspräsidenten wahrgenommen werden;
    • die Vallée in der Ortsnamengebung weiterreichende Rechte hat als Südtirol und somit auch die faschistischen Zwangsübersetzungen historisch gewachsener Toponyme längst abgeschafft werden konnten;
    • aufgelassene Staatsgüter, insbesondere nicht benötigte Militärareale, kostenlos an die Region Aosta übergehen, während Südtirol im Gegenzug Millionen in die Errichtung von Soldatenwohnungen stecken muss.

    Noch nicht bekannt war mir hingegen folgender Aspekt:

    Laut Autonomiestatut, so teilt man mir mit, seien die französische und die italienische Sprache gleichgestellt.

    Auch das Autonomiestatut der Region Trentino-Südtirol sieht vor, dass die deutsche und die italienische Sprache gleichberechtigt sind. Allerdings mit dieser schwerwiegenden Einschränkung (Art. 99 Autonomiestatut):

    In den Akten mit Gesetzeskraft und immer dann, wenn dieses Statut eine zweisprachige Fassung vorsieht, ist der italienische Wortlaut maßgebend.

    Sozusagen gilt die deutsche Sprache stets nur als inoffizielles »Anhängsel« des Italienischen, jedoch ohne juristischen Wert. Auch dann, wenn zum Beispiel ein Landesgesetz auf Deutsch ersonnen, diskutiert und verabschiedet wurde, ist nur die italienische Übersetzung maßgebend.

    Aus Aosta schreibt man mir hingegen:

    La […] loi régionale n° 25 du 23 juillet 2010 […] à  l’article 5, a établi que: «tous les actes sont publiés en italien et en français, dans le respect des dispositions de l’art. 38 du Statut spécial de la Vallée d’Aoste» et que «le texte officiel des actes publiés est celui qui a été rédigé dans la langue dans laquelle ces derniers ont été adoptés.»

    Pour ce qui est des lois et des règlements régionaux la version officielle est donc le texte dans la langue d’approbation de la part de l’Assemblée.

    Übersetzung (von ):

    Das Regionalgesetz Nr. 25 vom 23. Juli 2010 […] sieht in Artikel 5 vor, dass »in Übereinstimmung mit Art. 38 des Autonomiestatuts von Aosta alle Akte in italienischer und französischer Sprache veröffentlicht werden« und dass »der offizielle Text der veröffentlichten Akte derjenige ist, der in der Sprache verfasst wurde, in der letztere verabschiedet wurden.«

    Was also die Regionalgesetze und -reglemente betrifft, stellt jeweils der Text in der Sprache, in welcher er im Regionalrat verabschiedet wurde, die offizielle Fassung dar.

    In Aosta sind folglich Regionalgesetze, die in französischer Sprache ersonnen, diskutiert und verabschiedet wurden, gar ausschließlich in dieser Fassung rechtswirksam und maßgebend. Und: Das konnte aufgrund der Autonomie mit einem Regionalgesetz so geregelt werden.

    In dieser Hinsicht ist Deutsch in Südtirol (wie wir es immer wieder genannt haben) eine reine »Fassadensprache«, während das Französische in Aosta den Rang einer vollwertigen und tatsächlich gleichgestellten Sprache genießt. Was trägt — zum Beispiel — zur Notwendigkeit von tatsächlich zweisprachigen Richtern, Anwälten und Beamten effektiver bei, als das Vorhandensein von Gesetzestexten, die nur in der Minderheitensprache rechtsgültig sind?

    Siehe auch: 01 02 03



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  • Rigide Vorschriften.
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    1 Comentâr → on Rigide Vorschriften.
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    Die [italienischen] Vorschriften sind meiner Ansicht nach viel zu rigide. […] Der 24-Stunden-Dienst der Pädiatrie macht [in Südtirol] die großen Schwierigkeiten. In der Steiermark haben wir zehn Geburtenstationen, nur zwei haben einen 24-Stunden-Aktivdienst der Pädiatrie. Es wäre auch in Südtirol ausreichend, wenn diesen Dienst nur Bozen gewährt. Dort werden die Frühchen behandelt, die auch jetzt schon alle nach Bozen überstellt werden.

    Wie blickt das österreichische Sanitätswesen auf uns?

    Dort schüttelt man nur den Kopf.

    aus dem heute in der Tageszeitung (in Zusammenhang mit der geplanten Schließung der Sterzinger Geburtsstation) erschienenen Interview von Erna Egger mit dem Grazer Gynäkologen Albrecht Giuliani.

    Wenn ein und dieselbe EU-Richtlinie in Österreich weniger rigide ausgelegt und umgesetzt werden kann, als in Italien, heißt dies, dass das auch in Südtirol möglich wäre, wenn wir die Zuständigkeit zur Umsetzung selbst hätten. Leider sind wir aber offensichtlich auch in diesem Bereich nicht autonom — obschon wir zum Beispiel von ff-Journalist Georg Mair (via NZZ) erst neulich wieder erfahren durften, dass wir quasi schon alle nur erdenklichen Zuständigkeiten hätten:

    Noch mehr Unabhängigkeit dürfte Südtirol von Rom allerdings kaum bekommen. «Was wollen wir denn auch noch mehr?», fragt der Journalist Mair. «Wir haben bereits grosse finanzielle und gesetzgeberische Kompetenzen.»

    Siehe auch: 01 02 03 04 || 01 02 | 03



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  • No problem on that side.
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    1 Comentâr → on No problem on that side.
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    If they [Scotland] decide to be independent […] and if they want then to stay in the European Union, they can stay to the European Union. It’s their decision.

    BBC: Stay in without having to join a queue to get in?

    Yes, they are in for the moment, so there is no problem on that side.

    Guy Verhofstadt, former Prime Minister of Belgium, Leader of the Alliance of Liberals and Democrats for Europe (ALDE)

    See also: 01 02 03 04 || 01 02



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  • Schottland verhandelt über EU-Verbleib.

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    11 Comentârs → on Schottland verhandelt über EU-Verbleib.

    Die schottische Regierungschefin Nicola Sturgeon (SNP) ist heute in Brüssel, um mit institutionellen und politischen Vertretern über die Möglichkeit eines EU-Verbleibs von Schottland zu beraten. Nachdem sie bereits von Parlamentspräsident Martin Schulz (S&D) empfangen wurde, wird sie um 17.00 Uhr mit Kommissionspräsident Juncker (EVP) zusammentreffen. Gleichzeitig findet in Brüssel der erste EU-Gipfel ohne Beteiligung des Vereinigten Königreichs (UK) statt, bei dem sich die restlichen 27 Mitgliedsstaaten erstmals über den Brexit und die Konditionen des EU-Ausstiegs austauschen wollen.

    N. Sturgeon und M. Schulz. Foto veröffentlicht von N. Sturgeon.

    Nicola Sturgeon und Martin Schulz. Foto veröffentlicht von Nicola Sturgeon (Twitter).

    Gestern hatte Sturgeon vom schottischen Parlament den Auftrag erhalten, unabhängig von UK-Delegationen mit Brüssel zu verhandeln, um die Chancen eines Verbleibs auszuloten. Medienberichten zufolge sei es das erste Mal, dass Schottland eine eigenständige Außenpolitik betreibe, die zudem von jener UKs abweicht.

    Für den Auftrag an die Regierungschefin, entsprechende Gespräche mit der EU zu führen, stimmten im schottischen Parlament neben der SNP auch die Grünen, Scottish Labour und die Liberaldemokraten (LibDem). Nur die konservativen Tories verweigerten ihre Zustimmung. Deren Vorschlag, die schottische Regierung solle sich der gesamtstaatlichen Verhandlungsdelegation anschließen, wurde niedergestimmt.

    Während der Debatte hielt Patrick Harvie von den Grünen Wahlkampfmaterial von BetterTogether hoch, worin die SchottInnen vor einem EU-Ausschluss gewarnt wurden, falls sie sich für die staatliche Unabhängigkeit entscheiden würden. Wer 2014 gegen die Auflösung des Vereinigten Königreiches gestimmt habe, so Harvie, habe dies womöglich aufgrund falscher Behauptungen gemacht.

    Inzwischen wird in Gibraltar, wo sich fast 96% der Abstimmenden für einen Verbleib in der EU ausgesprochen hatten, überlegt, sich der schottischen Verhandlungsdelegation anzuschließen. Darüberhinaus wurde bereits die Forderung laut, Schottland auch dann zu folgen, falls es sich demnächst für die Eigenstaatlichkeit entscheiden sollte — und somit von einer gesamtbritischen zu einer schottischen Exklave zu werden.

    Siehe auch: 01 02 03 04 05



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