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  • Quale repubblica?

    Come ormai arcinoto, la neo sindaca di Merano ha rifiutato di farsi indossare la fascia tricolore.

    Da ciò è scaturito l’ennesimo «caso nazionale», alimentato soprattutto dalle destre — con la «sinistra» a rincorrerle (e sorpassarle) sul loro proprio terreno.

    Si dice che Katharina Zeller (SVP) abbia rifiutato e quindi vilipeso un «simbolo della repubblica». Non è però un simbolo neutro, specialmente per una minoranza nazionale. Cioè: non si tratta di una fascia di un colore qualsiasi, come potrebbe esistere ed effettivamente esiste in altri paesi1Post scriptum: anche in Italia esiste la fascia azzurra per i presidenti di Provincia, ma una fascia nei colori nazionali di una sola parte.

    Nel caso specifico, e le destre non ne fanno un mistero, la fascia non simboleggia tanto la repubblica, ma la nazione e la sua (presunta) indivisibilità. In senso lato la sottomissione degli uni ad opera degli altri.

    (E come potrebbe essere diversamente, visto che le destre, in larga misura, dei valori fondamentali della repubblica se ne fanno un baffo?)

    Esercizio

    Ammettiamo pure per un attimo che la fascia sia un simbolo per così dire «neutro», che rappresenti dunque solamente la repubblica in quanto tale e non al contempo la nazione. Ammettiamo quindi, senza però concedere, che in uno stato nazionale non sia di fatto impossibile astrarre, separandole nettamente, «repubblica» da «nazione».

    Ma di che cosa stiamo parlando? Di che repubblica?

    Perché nessuno ha il coraggio di dire che il re è nudo, che la repubblica da tempo è stata denudata dei suoi valori?

    Repubblica antifascista, si dice. Lo era probabilmente nella visione dei padri fondatori, delle madri fondatrici. Ma, alla prova dei fatti, se lo è mai stata, antifascista questa repubblica non lo è da decenni. Non c’è mai stata una rielaborazione storica degna di questo nome. La festa della liberazione è un rito cui una parte politica, quella maggioritaria da anni e ormai egemone culturalmente, partecipa con riluttanza quando lo fa.

    Nel tempo le sono state affiancate ricorrenze per nulla antifasciste come quella delle foibe o, più recentemente, degli Alpini eroi al fianco dei nazisti.

    Non esiste una legislazione antifascista degna di questo nome, di conseguenza movimenti e partiti neofascisti dilagano. Agiscono indisturbati, governano e hanno pervaso il dibattito politico come anche quello pubblico. Neofascisti e neonazisti operano senza dover temere lo stato — le istituzioni della repubblica — e anzi vi trovano sponde.

    Le sinistre al governo hanno fatto sgomberare CasaPound? È stata dissolta Forza Nuova dopo l’assalto alla sede della CGIL? Ha avuto conseguenze la marcetta su Bolzano di pochi anni fa?

    Il fatto che un sindaco, come quello neo eletto di Bolzano, sia sostenuto da fascisti dichiarati, non fa più nemmeno scalpore. Men che meno scatena reazioni indignate come quelle da cui è stata sommersa Katharina Zeller. Claudio Corrarati la fascia l’ha indossata, ed è ciò che conta  anche se i valori repubblicani li ha traditi.

    Non basta. La repubblica non garantisce nemmeno i diritti fondamentali. Fa peggio dell’Ungheria per quanto riguarda i diritti delle persone LGBTQIA e arriva dopo la Polonia nella libertà di stampa. Persegue le coppie dello stesso sesso e i loro figli. Non è stata capace di darsi, oltre a una legislazione antifascista, nemmeno una seria legge contro le discriminazioni. Non rispetta le sentenze della Corte europea dei diritti umani.

    La repubblica tutela le minoranze linguistiche, si dice. Ma — quando va bene — fa il minimo sindacale facendolo tardi e male. Oltre a quelle che possono contare sul sostegno di potenze tutrici estere sono ormai quasi tutte largamente assimilate o a rischio scomparse. L’Italia è sostanzialmente un paese monolingue. Da decenni governi di colore politico diverso si rifiutano di ratificare la pur blanda Carta delle lingue regionali o minoritarie. Anche in questo senso la visione dei padri fondatori e delle madri fondatrici è stata disattesa.

    Nello stesso Sudtirolo l’equiparazione delle lingue minoritarie a quella nazionale è negata sistematicamente, anche laddove sarebbe prevista. Le imposizioni, la sottomissione simbolica e fattuale sono costanti.

    Tanto per fare un esempio: le frecce tricolori fino a prova contraria non rientrano tra i simboli della repubblica. Eppure non c’è verso di invocare la sensibilità nei confronti di quella parte di popolazione di lingua tedesca e ladina che non vuole essere costretta a «respirare il sacro tricolore».

    Mi fermo qui.

    Questa repubblica insomma, come accennato, è stata denudata dei suoi valori fondamentali. Non è certo una repubblica della convivenza. Il paese che ha inventato il fascismo è nuovamente tra i precursori di uno sviluppo illiberale e autoritario in Europa e nel mondo.

    A questa repubblica — ma anche alla nazione — ci si chiede di aderire senza indugi, senza (possibilità di) dissentire?

    Indossare il tricolore può essere più di un rito nazionalista?

    Non ultimo: l’imposizione stessa non è un tradimento dei valori repubblicani?

    Cëla enghe: 01 02 03 || 01 02 03 04 05 06

    • 1
      Post scriptum: anche in Italia esiste la fascia azzurra per i presidenti di Provincia


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  • Die Unterwerfung.

    Landeshauptmann Arno Kompatscher (SVP) will Südtirol nach dem Eklat um Bürgermeisterin Katharina Zeller (SVP) wieder einmal »erklären«. Indes hat die ultranationalistische Hetzkampagne der letzten Tage ihre Wirkung nicht verfehlt: Der neue Brunecker Bürgermeister, Bruno Wolf (ebenfalls SVP), erschien zu seiner Eröffnungsrede im Gemeinderat prophylaktisch in italienische Nationalfarben gehüllt, um bei den Imperialisten bloß nicht anzuecken.

    Das Bild wurde uns zugespielt.

    Während bei der Amtsübergabe zwischen Roland Griessmair und Bruno Wolf noch keine Trikoloreschleife zu sehen war, ist sie zur Eröffnungsrede wie von Zauberhand erschienen. So hat die Kritik an einer offenen Weigerung (von Katharina Zeller) in wenigen Tagen zu einer proaktiven Unterordnung (bei Bruno Wolf) geführt. Die Wogen werden sich — wie der Landeshauptmann prognostiziert — vermutlich in kurzer Zeit glätten, die Wunden werden wohl bleiben.

    Und so wie Katharina Zeller im Anschluss an den Übergriff, deren Opfer sie geworden ist, in staatsweiten Medien Abbitte geleistet — und sich als »vollkommen italienisch« (pienamente italiana) sowie Italien als ihr Vaterland (la mia patria) bezeichnet — hat, trägt auch die Brunecker Unterwerfung dazu bei, dass sich die Nationalisten bestätigt fühlen. Wir brauchen dann auch nichts mehr zu »erklären«.

    So ist es damals beim Wanderschilderstreit auch gelaufen. Man wollte sich erklären — doch inzwischen sind die Südtiroler Berge und Wanderwege bis nahezu zur letzten Schutzhütte reitalianisiert und retolomeisiert, obwohl es dazu keine rechtliche Verpflichtung gibt.

    Cëla enghe: 01 02 03 04 || 01 02 03 | 04 | 05



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  • Trikolore und Auslöschung der Identität.
    Quotation

    Gestern durften wir hier bereits einen Text von Menschenrechtsanwalt Nicola Canestrini veröffentlichen, der damit auf den Trikolore-Eklat um Katharina Zeller (SVP) reagierte. Heute war Canestrini im Rai Morgengespräch, aus dem ich hier noch ein paar Auszüge zitieren will:

    Als Südtiroler trifft uns natürlich das Problem der Nationalflagge doppelt, weil wir wissen, was die Trikolore in Südtirol ver[sinn]bildlicht hat: Ein Bild der Unterdrückung, der Besetzung, der Auslöschung unserer Südtiroler Identität, nicht nur während des Faschismus, sondern auch in der Nachkriegszeit.

    – Nicola Canestrini

    Dass Frau Ministerpräsidentin oder Herr Ministerpräsident — sie will ja ihre Identität auch selbst definieren, so wie vielleicht auch die Südtiroler ihre nationale Identität selbst definieren möchten — dass Meloni die Nationalflagge und das Thema jetzt benutzt, wundert mich nicht.

    – Nicola Canestrini

    Ich identifiziere mich auch nicht mit der Trikolore in Südtirol, denn ich frage mich immer noch, warum Italien in Südtirol nicht Abhilfe geschafft hat dafür, dass zum Beispiel auf dem Siegesdenkmal immer noch steht, dass der Faschismus in Südtirol uns die Künste, die Sprache und die Kultur beigebracht hätte. Also zumindest für mich als gebürtiger Südtiroler ist es ein Problem, mich mit der Nationalflagge zu identifizieren, vor allem weil sie als Keule geschwenkt wird, weil sie dazu dient, nicht Brücken sondern Mauern zu bauen. Das ist genau das Problem: Die Fahne sollte Toleranz, sollte Inklusivität bedeuten, dann wäre das natürlich auch meine Fahne. Wenn die Fahne aber dazu benutzt wird, um abzugrenzen, um — sagen wir — jemandem etwas aufzuzwingen, was man nicht will, dann ist das auf jeden Fall nicht meine Fahne. Und ich sehe darin überhaupt nichts Problematisches und schon gar nicht rechtlich Relevantes.

    – Nicola Canestrini

    Transkription von mir

    Cëla enghe: 01 02 03 04 05 || 01 02 | 03



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  • Auf dem Rücken der Kinder?
    Bildungsdebatte mit schwachen Tricks und scheinheiligen Argumenten

    Während im Moment das lächerliche Gesülze um Katharina Zellers (SVP) Weigerung, sich von Dario Dal Medico (La Civica per Merano) die Trikolore-Schleife umhängen und sich national vereinnahmen zu lassen, die Medien und den öffentlichen Diskurs dominiert, gehen in einem der gesellschaftlich relevantesten Bereiche zumindest bei den Beteiligten bzw. Betroffenen die Wogen hoch.

    Südtirols Lehrerschaft (inkl. der Kindergartenpädagoginnen) liegt im Clinch mit der Landesregierung und droht mit Protestmaßnahmen im kommenden Schuljahr, sollten die Rahmenbedingungen nicht ver- und die Gehälter nicht aufgebessert werden. In mehreren Landesteilen haben sich Lehrergruppen formiert, die großen Zulauf haben, und die angekündigt haben, im Schuljahr 2025/26 “Dienst nach Vorschrift” zu machen. Kein Streik und keine Dienstverweigerung wohlgemerkt, sondern einfach nur das tun, wofür sie – mehr schlecht als recht – bezahlt werden. Lehrausgänge, Theaterbesuche, Sportwochen – generell Exkursionen und Projekte – sollen gestrichen bzw. nicht mehr begleitet werden. Schüler- und Elternschaft sind hin- und hergerissen zwischen Solidarität mit den Lehrpersonen und Sorge um das Bildungsangebot im kommenden Jahr.

    In der vorgestrigen Ausgabe der Dolomiten wird dazu Landesrätin Magdalena Amhof (SVP) folgendermaßen zitiert: “Ich finde es aber nicht richtig, die Lohndebatte auf dem Rücken der Eltern und Schüler auszutragen.” Christa Ladurner (Allianz für Familie) schlägt in die selbe Kerbe. Und auch von Bildungslandesrat Philipp Achammer (SVP) ist in verschiedenen Medienberichten Ähnliches zu vernehmen, wenngleich sie alle anerkennen, dass die Anliegen der Lehrerschaft durchaus berechtigt sind.

    Dass die Lehrerschaft mit ihrer Drohung irgendetwas auf dem Rücken von Eltern und Kindern austragen würde, ist Bullshit. Das Gegenteil ist der Fall. Nicht zuletzt deshalb, weil ein großer Teil der Lehrpersonen auch selbst Eltern sind und wohl kaum gegen die eigenen Interessen und die ihrer eigenen Kinder agieren. Der Lehrerschaft geht es um die Rettung des Bildungsstandorts Südtirol und folglich das Wohlergehen der Schülerinnen und Schüler. Es ist vielmehr die Politik, die seit Jahren, wenn nicht Jahrzehnten, mit der Zukunft der Kinder – und somit unser aller Zukunft – spielt.

    Hier ist das Warum:

    Bildung ist einer der zukunftsweisendsten, wenn nicht DER zukunftsweisendste Bereich überhaupt. Die Qualität der Bildung bestimmt wie kaum etwas anderes Erfolg und Misserfolg einer ganzen Gesellschaft mitunter über Generationen hinweg. Wir müssen danach trachten, dass die besten, engagiertesten und kreativsten Köpfe mit den Kindern und Jugendlichen arbeiten – vom Kindergarten bis zur Matura. Das Bildungssystem steht und fällt mit gut ausgebildeten, motivierten Pädagoginnen und einer finanziellen Ausstattung, die die notwendigen Rahmenbedingungen für modernen, funktionierenden Unterricht schafft. Beides ist in Südtirol massiv bedroht, wenn nicht umgehend gegengesteuert wird.

    Südtirols Lehrerinnen sind im Vergleich zu anderen öffentlich Bediensteten, im Vergleich zu anderen Akademikerinnen sowie im Vergleich zu Berufskolleginnen im benachbarten Bundesland Tirol oder im nahen Bayern – von der Schweiz ganz zu schweigen – extrem unterbezahlt. So ist das Einstiegsgehalt einer Lehrperson in Nordtirol (mit vergleichbaren Lebenshaltungskosten) in etwa so hoch, wie das einer Südtiroler Lehrperson mit 35 (!) Dienstjahren. Zum Ende eines Berufslebens verdient eine Lehrperson nördlich des Brenners beinahe das Doppelte wie die Kolleginnen in Südtirol. Und während man in Nord- und Osttirol als Lehrperson wie die meisten unselbstständig Beschäftigten 14 volle Monatsgehälter bekommt, bekommen Südtiroler Lehrerinnen nur 13 und obendrein über den Sommer ein reduziertes Gehalt. (Das Argument “Ja, aber Lehrer haben auch dauernd frei und arbeiten viel weniger als andere” jetzt hier zu entkräften würde den Rahmen sprengen. Nur soviel: Bullshit 01 02)

    Während Landesrätin Amhof beschwichtigt, dass es durchaus Inflationsanpassungen gegeben hätte und die Situation nicht so dramatisch sei – dabei aber laut der Initiativen „Bildung am Abgrund“ und „Qualität Bildung Südtirol“ mit unlauteren Zahlen agiere – stelle sich die Lage in der Realität folgendermaßen dar: Zwischen 1999 und 2025 gab es bei Gundschullehrerinnen 68,6 Prozent Lohnzuwachs, bei Mittel- und Oberschullehrerinnen gar nur 51,6 Prozent. Der Verbraucherpreisindex ist indes im gleichen Zeitraum um 82,8 Prozent gestiegen. Wir haben es also zusätzlich zu dem ohnehin schon niedrigen Lohnniveau mit einem massiven Kaufkraftverlust zu tun.

    Diese Situation führt dazu, dass die Unterrichtsqualität in Südtirol leidet. Zum einen, weil es für die Lehrpersonen demotivierend ist, unterbezahlt bei immer komplexeren Herausforderungen und gleichzeitig prekäreren Arbeitsbedingungen in der Klasse zu stehen und dafür auch noch angefeindet zu werden und zum anderen, weil der Lehrerberuf in Südtirol an sich an Attraktivität verliert. Eigenartig, wo die Lehrkräfte nach Ansicht vieler doch so paradiesische Arbeitszeiten haben. Südtiroler Lehramtsstudienabgängerinnen, die vielfach in Österreich oder Deutschland studiert haben, bleiben aufgrund der Gehaltssituation vermehrt dort. Andere geben auf und orientieren sich um. Und unterqualifizierte Supplentinnen/Quereinsteigerinnen, die mit dem Leitspruch “Iatz unterricht i halt a Zeitl bis i wos Bessers find, wo i meahr verdian” vor der Klasse stehen, heben das Unterrichtsniveau auch nicht wirklich. Von wegen “Für die Kinder nur das Beste”.

    Ein weiteres Unikum ist, dass sich Lehrpersonen ihre Arbeitsmaterialien größtenteils selber finanzieren müssen. Man stelle sich vor, wie ein Unternehmer zur neu eingestellten Bürofachkraft sagt: “Um für uns die Buchhaltung zu machen, bringen Sie bitte Ihren eigenen Laptop mit. Auch Stifte, Papier, Mappen und dergleichen müssen Sie sich natürlich selber besorgen. Und fixen Büroarbeitsplatz bekommen Sie freilich auch keinen. Sie können sich entweder täglich irgendwo einen Platz suchen oder Sie müssen halt nach Hause gehen und von dort aus die Arbeit erledigen. Ich hoffe, Sie haben in Ihrer Wohnung ein Büro. Cool wäre auch, wenn Sie hin und wieder externe Experten zu uns in die Firma bringen und Vorträge für unsere Kunden organisieren. Das Fläschchen Wein oder ein paar Häppchen, über die sich alle bei diesen Anlässen freuen, zahlen Sie aber aus eigener Tasche oder bringen Sie von zu Hause mit.” Absurd? Für Pädagoginnen ist das Realität.

    Womit wir bei einem weiteren Brocken wären, mit dem Lehrpersonen in Südtirol mittlerweile vielfach überfordert sind. Durch die in den vergangenen Jahrzehnten massiv gestiegene Heterogenität und Komplexität in den Klassen, funktionieren Betreuungsschlüssel nicht mehr. Wenn in vielen Klassen immer mehr nicht-muttersprachliche Schülerinnen und Schüler sitzen, von denen einige die Unterrichtssprache nicht einmal verstehen, braucht es mehr personelle und finanzielle Ressourcen, um einen erfolgreichen Unterricht für alle Beteiligten garantieren zu können.

    Das Personal in Südtirols Kindergärten und Schulen hat seit Jahren auf die oben beschriebenen Problematiken hingewiesen, ist aber immer wieder vertröstet worden. Zudem wurden Zusagen von Seiten der Politik schlicht nicht eingehalten. Dass es nicht schon längst gekracht hat, ist dem Idealismus ganz vieler Pädagoginnen zu verdanken, bei denen das Wohl der Kinder und Jugendlichen an erster Stelle steht – auch wenn sie selbst dabei – salopp gesagt – in Tilt gehen. Mittlerweile sind wir offenbar an einem Punkt, wo nur mehr verzweifelte Aufschreie und Radikalaktionen (Stichwort Goetheschule) die nötige Aufmerksamkeit finden. Nüchternes und sachliches Hinweisen auf das Problem, wie es jetzt über Jahre betrieben wurde, hat nicht funktioniert.

    Noch einmal: Die Lehrerschaft trägt keine Lohndebatte auf dem Rücken der Kinder aus. Sie wählt das kleinere Übel, wie auch Alexandra Kienzl in ihrem Salto-Kommentar andeutet, um eine Änderung zu erreichen. Dieses kleinere Übel ist, mit dem Verzicht auf Aktivitäten außerhalb der Schule, die noch dazu mit großer Verantwortung verbunden sind, die nicht honoriert wird, so viel Druck aufzubauen, dass die Dringlichkeit endlich verstanden wird. Das größere Übel wäre nämlich, voller Idealismus und Naivität so weiterzumachen wie bisher, um in ein paar Jahren vor einem Scherbenhaufen zu stehen. Dann sind es aber nicht mehr bloß ein paar Exkursionen, die ausfallen.

    Ich möchte hier keine Neiddebatte vom Zaun brechen. Es ist nämlich eher eine Frage von Prioritäten. “Unsere Kinder sind das Wertvollste, was wir haben” ist ein Satz, den man immer wieder hört und dem ein großer Teil der Eltern wohl zustimmen würde. Wie kommt es dann, dass wir jenen Menschen, denen wir unsere Kinder anvertrauen, viel weniger Geld zahlen als jenen, denen wir unser Geld anvertrauen? Und wieso sollen dann eher Spitzenbeamte Lohnerhöhungen im Ausmaß von Jahresgehältern von Lehrkräften erhalten, bevor die Vergütung Letzterer an die Inflation angepasst wird – von einer substanziellen Erhöhung der Bezüge ganz zu schweigen.

    Die Politik muss verstehen, dass wir langfristig Geld sparen, wenn wir in gute Bildung investieren. Ganz nach dem Motto: “If you think, education is expensive, try ignorance.” (Derek Bok)

    Disclaimer: Ich bin zwar an einer (Privat-)Schule beschäftigt, jedoch nicht als Lehrer, sondern als Bediensteter mit “normalen” Arbeits- und Urlaubszeiten, da nur ein kleiner Teil meiner Arbeit jene mit Schülerinnen und Schülern betrifft.

    Cëla enghe: 01 02



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  • Die Nazi-Buchvorstellung.
    Sellner in Bozen

    Auf Einladung des rechtsextremen Landtagsabgeordneten Jürgen Wirth Anderlan (JWA) soll am morgigen Freitag Martin Sellner nach Bozen kommen. Dort will der Wiener Neonazi — der gerade in der Nähe von Varese unbehelligt einen Gipfel abhalten und seine rassistischen Deportationsthesen verbreiten konnte — sein einschlägiges Buch vorstellen.

    Während die im Umfeld von JWA entstandene Wehrsportgruppe Junge Aktion beim internationalen Vernetzungstreffen in der Lombardei vertreten war, musste Wirth Anderlan angeblich aus gesundheitlichen Gründen zuhause bleiben.

    Sellner, dessen ethnischen Säuberungsphantasien auch in der STF verfangen haben, ist in mehreren europäischen Ländern und den USA mit Einreiseverboten belegt — nicht aber im rechtsrechts regierten Italien.

    In Südtirol muss ihm also wennschon die Zivilbevölkerung klar machen, dass er unerwünscht ist.

    Cëla enghe: 01 02 03 04



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  • Der Landeshauptmann will Südtirol erklären. Schon wieder.

    Folgendermaßen hat sich Landeshauptmann Arno Kompatscher (SVP) gegenüber der heutigen Tagesschau von Rai Südtirol zum »Trikoloreskandal« von Meran geäußert:

    Ich bin überzeugt, dass sich jetzt die Wogen rasch glätten werden, dieser Vorfall wird auch rasch vergessen werden. Es wird immer wieder Aufreger um das Thema geben, weil es auch nicht hinreichend bekannt ist, dass eben in Südtirol sprachliche Minderheiten leben, dass wir unsere eigene Kultur und Tradition haben — auch dementsprechend eine eigene Identität. Das lohnt sich, glaub ich, immer wieder darauf hinzuweisen, das zu erklären und auch zu versuchen, die Menschen davon zu überzeugen, dass Vielfalt ein Mehrwert ist, dass diese Idee einer einzigen Kultur, einer einzigen Sprache, einer einzigen Nation innerhalb eines Staates eigentlich in der Vergangenheit immer ins Unglück geführt hat.

    – Arno Kompatscher

    Transkription von mir

    Wovon redet er da eigentlich?

    Die Wogen werden sich glätten, gewiss, der Argwohn und die Einschüchterung bleiben aber.

    Wir können doch nicht dazu verdammt sein, einen ewigen Kampf gegen Windmühlen zu führen, wenn unsere Besonderheit erstens kaum jemand in Italien verstehen will und zweitens »diese Idee einer einzigen Kultur, einer einzigen Sprache, einer einzigen Nation« fest mit dem Nationalstaatsprinzip verknüpft ist.

    Das werden wir sicher nicht ändern. Gleichzeitig müssen wir uns aber immer wieder nationalistische Aggressionen wie die aktuelle gefallen lassen.

    In Italien wollen doch in der Regel noch nicht einmal die renommiertesten Kommentatorinnen und Journalisten wirklich irgendetwas über Südtirol, seine Identität oder Minderheiten im allgemeinen wissen, bevor sie ihre nationalistischen Attacken — mit Verlaub: — hinschmieren. Wie soll man da zur Durchschnittsbevölkerung vordringen?

    Darüber hinaus — und hauptsächlich! — hat die allergrößte Mehrheit der Italienerinnen in Südtirol, einschließlich der Medien, die sich in dieser Causa zu Wort gemeldet haben, nicht minder verständnislos reagiert als Italienerinnen von außerhalb.

    Es ändert also offenbar so gut wie gar nichts, mit der Realität in Südtirol vertraut zu sein.

    Nicht zuletzt ging der Übergriff doch von Herrn Dario Dal Medico aus, der Südtirol bestens kennt. Und mit die harscheste Kritik an Katharina Zeller kam ausgerechnet von Kompatschers Koalitionspartnerinnen im Land. Muss er ihnen auch erst erklären, dass es hier Minderheiten mit einer eigen Identität gibt?

    Wenn dann auch noch angeblich progressive Südtirolerinnen aktiv dazu beitragen, das Wissen über Südtirol in Italien durch gezielte Desinformation zu unterminieren und Hass anzufachen, ist wohl jegliche Hoffnung fehl am Platz, durch Überzeugungsarbeit irgendetwas verändern zu können.

    Die einzige Lösung ist die Überwindung des Nationalstaats per se.

    Cëla enghe: 01 02 || 01 02 03 04 05 06



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  • Italienische Grüne für Amtsenthebung von Katharina Zeller.

    Weil sich die neugewählte Bürgermeisterin einer Minderheitenpartei dem nationalistischen und machohaften Übergriff ihres rechten Vorgängers widersetzt hat, der ihr eine grünweißrote Schleife überstülpen wollte, sieht der Chef der rechtsextremen Fratelli d’Italia italienischen Grünen, Angelo Bonelli, den anachronistischen Tatbestand der Schmähung nationaler Symbole erfüllt.

    Den Innenminister der rechtsrechten Regierung von Giorgia Meloni (FdI), Matteo Piantedosi, forderte er daher gestern auf, die Täterin, Katharina Zeller (SVP), ihres Amtes zu entheben.

    Auch das ist Italien — das Land, das den Faschismus erfunden hat: Ein Nationalstaat, der seinen Nationalismus bis heute geradezu religiös überhöht.

    In wohl fast jedem Land der Erde würden sich Grüne uneingeschränkt mit dem Opfer einer derartigen Handgreiflichkeit solidarisieren. Die italienischen Grünen konnten hingegen noch nicht einmal ihre Klappe halten, sondern mussten die Rechten unbedingt rechts überholen.


    Hinweis: Die Südtiroler Grünen sind von den italienischen Grünen unabhängig und haben sich auf Katharina Zellers Seite gestellt.


    Nachtrag vom 22. Mai 2025: Bonelli hat sich inzwischen bei Frau Zeller entschuldigt, allerdings nur, weil sie klargestellt hat, dass sie nicht die Trikolore, sondern der übergriffige Akt von Dario Dal Medico gestört hat. Es bleibt also implizit dabei, dass er bei einer Ablehnung der Trikoloreschleife die Amtsenthebung gefordert hätte.

    Cëla enghe: 01 02 || 01



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  • Combattere contro la destra estrema con CasaPound.
    Quotation

    C’è il rischio che la sua si riveli la faccia presentabile del ritorno di un passato segnato dagli eredi del nazionalismo fascista?

    No. Io rappresento qualcosa di nuovo: lontano dalla destra estrema, contro cui combatto.

    Claudio Corrarati, neo sindaco di Bolzano, intervistato per l’edizione odierna di Repubblica da Giampaolo Visetti

    Faccia presentabile forse no, faccia di bronzo certamente sì.

    Cëla enghe: 01 || 01



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